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A Claudio era sempre piaciuta la domenica, anche se da adulto era diventata per lui un giorno lavorativo come gli altri.

Era distrutto, tornato appena da Milano dopo il corso che stava seguendo nel week-end. Aveva fatto conoscenza con tantissime persone in quelle ultime settimane. Volti che andavano e venivano. Si sbiadivano, ricomparivano. Ma nessun volto che in qualche modo restasse nella sua vita e nella sua memoria. D'altra parte Claudio non ne era stupito. Aveva la testa altrove, e preoccupazioni ben più importanti a cui badare in quel periodo. Era sempre stato una persona molto cordiale, con cui era facile stringere un rapporto di amicizia o anche solo una conoscenza, ma in quel momento era sfuggente, scostante, non aveva voglia di conoscere persone. Andava a Milano per il corso, appena possibile tornava giù.

Così aveva fatto anche quella domenica, come di consuetudine.

Il viaggio lo aiutava a riflettere su ciò che gli stava accadendo e, pian piano, Claudio cominciava a prendere consapevolezza di qualcosa che ormai gridava in lui per uscire. Sapeva di dover fare qualcosa, di dover rimettere insieme i pezzi della sua vita, e doveva partire dalla cosa più dolorosa: Alessia.

Per quanto fosse ancorato a lei, era chiaro che non avessero più nulla in comune: non più i battiti, non più la carne, non più i respiri. Si erano amati in un modo razionale e consapevole. Claudio aveva voluto amarla, e lo aveva fatto per tanto tempo.

Con dolore aveva compreso che quel tempo fosse finito.

Il suono del campanello lo ridestò dai propri pensieri. Si alzò dal divano su cui riposava e si trascinò alla porta. Guardò attraverso l'occhiello e non fu sorpreso di vedere Alessia. L'aspettava, quasi come le avesse lasciato l'indizio di un richiamo. Si fece coraggio ed aprì la porta. La ragazza aveva gli occhi gelidi ed un'espressione seriosa.

"Ho trovato il cancello del palazzo aperto."

Claudio non le rispose. Chiuse semplicemente la porta e la seguì avanzando nel soggiorno.

"Immagino tu sappia perché sono qui.", continuò lei. Finalmente, si rese conto, era tornata la sua Alessia. L'Alessia a cui aveva voluto così bene, quella che non si lasciava mai sopraffare dalla vita e dai dolori. Quella forte, che aveva attraversato un momento terribile come l'incidente.

Claudio osservò la costellazione dei gemelli, il tatuaggio che spiccava in bella vista al lato del suo avambraccio. Il tatuaggio che lei e Mario avevano fatto dopo l'incidente, e che copriva l'enorme cicatrice che occupava quasi tutto il suo braccio. Alessia era una guerriera, lo era sempre stata. Vederla persa in quel lassismo lo stava uccidendo.

"Sì, dobbiamo parlare.", confermò Claudio.

"Penso che sia arrivato il momento." Alessia si accomodò sul divano nel soggiorno e si voltò verso di lui, come se si aspettasse che Claudio facesse la stessa cosa.

La seguì, sedendole accanto.

"Claudio", cominciò lei con voce tremante, cercando di dare espressione ai propri pensieri "non..."

Tentennò, come se non riuscisse a proseguire. Claudio le mise una mano sulla gamba e provò ad accarezzarla. Lei si ritrasse bruscamente. Pensò che fosse un atteggiamento strano, del tutto diverso rispetto a quello assunto qualche giorno prima alla festa all'Urban.

"Non mi ami più, vero?", si decise a chiedere. Gli occhi tradivano un'emozione che lei non riusciva a trattenere, e che Claudio stentava a definire. Dolore? O forse rassegnazione?

Avrebbe voluto abbracciarla. Stringerla forte e prometterle che tutto si sarebbe risolto. E probabilmente in un altro momento sarebbe stato così. Un momento di minor lucidità, di maggior paura.

L'altra parte di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora