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Quelle due parole rimbombarono tra il corpo di Claudio e quello di Mario, rimbalzando da parte a parte, come fossero una preziosa e inimmaginata confessione. E lo erano. Lo erano per Claudio, che per la prima volta nella propria esistenza era riuscito a fare chiarezza dentro di sé, a dare un senso a tutto quello che aveva sempre provato per quello che credeva il suo migliore amico.

E tutto assumeva connotati diversi, dal momento in cui tutto era cambiato.

Claudio sorrise a quella consapevolezza. Finalmente poteva dirsi libero dalla sua tortura personale. Libero dal terrore di non essere all'altezza di ciò che avrebbe voluto essere. Libero di vivere come più gli sarebbe piaciuto.

Soprattutto, poi, libero di amare Mario.

Lo vide agitarsi a quella confessione, come se neanche lui se l'aspettasse, nonostante la domanda fosse partita da lui. Conosceva quegli occhi e il loro turbamento. Conosceva tutto del corpo di Mario. Vederlo titubante, perso, gli diede la spinta che cercava per esprimere il proprio pensiero.

"Che hai?"

"Non pensavo che me l'avresti mai detto."

***

Seduti al tavolo di una trattoria, di quelle che Claudio preferiva e in cui si sentiva maggiormente a suo agio, osservava Mario scartare con solerzia i funghi dal piatto, e consumare il pasto lentamente.

Lui, che aveva già finito da un bel po', non faceva altro che fissare Mario che, imbarazzato, guardava in basso, nel piatto. Come se le parole pronunciate poco prima sul proprio sentimento avessero decisamente cambiato le dinamiche e spinto Mario ad agire in tutte le circostanze con un imbarazzo che non gli apparteneva.

E tra loro non c'era mai stato imbarazzo. Era tutto così nuovo, così strano.

"Non hai fame?", gli chiese, osservando il proprio piatto completamente vuoto.

"No, non molta."

"Come mai?"

Mario alzò gli occhi dal piatto per guardare Claudio.

"Perché non ho mai fame, lo sai."

Claudio rise appena. "Sì, ma le tagliatelle ti piacciono."

"Mi è passato tutto l'appetito. Lo sai il perché."

Chissà per quale ragione era strano per loro parlare di quello che succedeva dentro, degli ingranaggi che si muovevano, degli spazi che si riempivano e di quelli che si svuotavano.

"A causa mia?"

"Per merito tuo.", si affrettò a puntualizzare.

Come repentinamente scottato da una consapevolezza improvvisa Mario guardò l'orologio e poi scattò in piedi come una molla. "Vado... vado un attimo in bagno."

"Mario, non pagare il conto. Ieri hai pagato tu, oggi pago io."

"Sì, certo...", gli rispose distrattamente, mentre Claudio si chiedeva il motivo di tutta quella fretta.

Avrebbe dovuto dirgli che era il suo compleanno, e che se n'era dimenticato? Ormai era quasi mezzanotte, non se ne sarebbe più ricordato. Eppure Claudio non riusciva affatto ad essere arrabbiato con Mario. La tenerezza nei suoi occhi, l'amore che traspariva da ogni anfratto della sua pelle, da ogni movimento del suo corpo, l'avrebbero ripagato di ogni compleanno dimenticato.

Mentre rifletteva su quello che avrebbe dovuto fare si accorse che Mario stava tornando con un sorriso smagliante sul volto, seguito da un cameriere che portava con sé una torta di compleanno arricchita da alcune candeline.

L'altra parte di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora