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"Non hai fatto mai promesse
ma le hai mantenute tutte."

Erano trascorse tre ore da quando Claudio era arrivato a casa di Mario. Aveva atteso trepidante, e ad ogni rumore aveva sobbalzato. Gli sembrava di sentire i passi nel palazzo, il rumore della chiave che entrava nella serratura e la sbloccava.

Dopo un'oretta dal suo arrivo Yuri, che si era rivestito ed aveva fatto colazione, era uscito a fare un giro, e aveva proposto a Claudio di accompagnarlo, ma lui aveva rifiutato. Non era di certo dell'umore per andare in giro per Roma, e sperava anzi che Mario tornasse il prima possibile per poter riprendere a respirare. Quella situazione di incertezza non gli faceva bene.

Annoiato dall'attesa che sembrava prolungarsi si diresse in camera di Mario e s'intrufolò tra le sue cose. Si rese conto che le pareti erano spoglie, che in quei tre mesi Mario non avesse pensato a portarvi dentro qualcosa di sé, come se si trattasse di un appoggio temporaneo. Mario non sentiva Roma come casa propria, né quella stanza come una sistemazione definitiva. Claudio ne era perfettamente consapevole, eppure si stupì di trovare quell'impersonalità.

Attraversò l'ambiente non troppo familiare con falcate decise, e raggiunse l'armadio. Istintivamente lo aprì. I vestiti di Mario erano, al solito, ordinati su delle grucce per colore. Era una mania che aveva ereditato da quando lavorava come commesso in un negozio d'abbigliamento a Verona. Toccò con la mano la stoffa degli indumenti e s'inebriò dell'odore di Mario. I suoi vestiti rimanevano sempre impregnati del profumo della sua pelle.

In basso, in fondo all'armadio, Claudio trovò una scatola di scarpe. Sapeva che Mario, però, riponesse tutte le calzature in una scarpiera, che infatti notò alla destra dell'armadio, e che odiasse conservare le scarpe insieme ai vestiti. Incuriosito, quindi, da quella presenza insolita, allungò le mani e la tirò fuori. Senza pensarci ulteriormente l'aprì, e fu investito da una sensazione inaspettata: il passato che ti aggredisce.

La prima cosa che gli saltò all'occhio fu l'agenda scolastica di Mario del terzo anno di liceo. Sorrise al solo pensiero delle loro avventure tra i banchi di scuola. Nonostante fossero passati moltissimi anni ricordava perfettamente quell'agenda, come se fosse appartenuta a lui. Intorno, poi c'erano una miriade di biglietti di treni, di concerti, sottobicchieri di cartone, penne mangiucchiate, la pagina di un libro strappata e sottolineata in alcuni punti. Non gli ci volle molto per rendersi conto che si trattasse di una scatola dei ricordi. Si chiese per quale motivo Mario avesse scelto di portarla con sé a Roma. Scelta singolare, se si considerava che fosse arrivato da poco. Stava per prendere l'agenda quando sentì finalmente il rumore della porta d'ingresso che si chiudeva. Sobbalzò, come se fosse stato preso con le mani nel sacco, e ripose in fretta e furia la scatola dove l'aveva trovata.

Con il cuore che batteva all'impazzata si precipitò fuori dalla stanza, e proprio nel corridoio appena fuori la porta si scontrò con la figura di Mario.

Il cuore non la smetteva di pompare sangue nel suo corpo ad un ritmo che gli sembrava completamente impazzito. Non riusciva neppure a partorire un pensiero coerente. Fu invaso dal profumo di Mario, e proprio in quell'istante il suo cervello si scollegò completamente.

"Claudio?"

L'espressione di stupore dipinta sul volto di Mario era impagabile. Claudio indietreggiò leggermente per la vicinanza inaspettata. "Hey!" Era imbarazzato. Non sapeva come fosse possibile, ma era imbarazzato al cospetto di Mario. Tempo prima non avrebbe mai ritenuto possibile una cosa del genere.

"Che... che ci fai qui?", chiese l'altro, confuso.

Senza dare il tempo al proprio cervello di partorire un pensiero, Claudio si avvicinò a Mario, improvvisamente sopraffatto dall'impulso di stringerlo, di sentirlo, di baciarlo. Lo spinte contro la parete adiacente alla porta schiacciandolo con il proprio corpo, e tuffò il suo volto nel suo collo.

L'altra parte di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora