capitolo 7

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Justin aveva lasciato la stanza prima dell’alba, lasciando da sola Kayla sotto le coperte, il vuoto accanto a lei era simbolo che lui se ne era già andato.

Facendo scorrere una mano nei suoi capelli disordinati, Justin lasciò fuoriuscire un sospiro straziante. I suoi nervi erano calmi -per quel momento-e lui si sentiva a suo agio.

Aprì la porta della sua stanza con la chiave, vide Kelsey dormire sul pavimento e ritornò alla realtà.

Per quanto fastidiosa e noiosa poteva essere, Justin non riuscì a non sentirsi un completo stronzo. Lei lo aveva ascoltato e si era addormentata … sul pavimento.
Pensò a quanto deve essere stato scomodo mentre respirò profondamente e incamminandosi verso di lei. Guardandola dall’alto, si morse l’interno della guancia. Era bellissima --non glielo si poteva negare-- ma c’era qualcosa in lei che faceva venire voglia a Justin di urlare. 

Forse era perché l’aveva colto con le mani nel sacco nel momento meno adatto o per quello che era successo poche prima ore prima nel piano di sotto con Bruce, lui sapeva che la ragazza era nei guai.

Chinandosi Justin prese il suo corpo nelle sue braccia, cullandola come un bambino prima di alzarsi e posarla sul suo letto intatto.
Afferrando la coperta più vicino a lui, la stesse su tutto il suo corpo, ricoprendola così dalla collo ai piedi.

Guardandola per un’ultima volta, Justin si girò e uscì dalla stanza andando al piano di sotto.
Bruce sedeva su una sedia, un sorriso comparve quasi immediatamente sulle labbra di Justin.

“Yo Bruce,” Justin urlò spaventando Bruce, il quale impiegò pochi secondi prima di capire che era solo Justin.
“Che c’è?” Bruce sputò le parole con nervosismo. Non era una persona a cui dare il buon giorno.
Il quale dava un motivo in più a Justin per sfogare la sua rabbia.

Senza pensarci un secondo, Justin si caricò contro Bruce. Afferrandolo dal colletto della maglia e obbligandolo ad alzarsi, lo scaraventò contro la parete.

Justin non esitò a portare il suo pugno indietro per poi lasciarlo urtare la sua mascella, ricevendo uno sguardo e un gemito da parte di Bruce. Portando il suo pugno indietro un’altra volta, lo tirò dritto nello stomaco sfiorando una costola. “La prossima volta che ti azzardi a mettermi le mani addosso,” Justin osservò disgustato. “E a minacciarmi di uccidermi,” Si avvicinò al suo volto, i loro nasi erano divisi da pochi centimetri. “Non avrai neanche la possibilità di dire una parola che io avrò già le mie mani sulla tua faccia.” La sua voce uscì in un sussurro, l’odio accompagnò le parole che pronunciò.
Lo spinse contro la parete un’ultima volta prima di uscire dalla stanza, lasciando un Bruce dolorante.

Se c’era qualcosa che Justin odiava, era quando le persone provavano a sorpassarlo proprio come Bruce aveva provato qualche ora prima.

Sistemandosi la maglietta Justin ritornò nella sua stanza. Togliendosi i suoi vestiti di dosso --Kelsey ancora dormiva-- entrò in bagno. Aprì l’acqua della doccia e lasciò che le gocce di acqua calda scivolare sulla sua pelle.
L’acqua gli solleticò il collo portando Justin ad una completa serenità . Amava stare ore sotto la doccia di mattina perché gli dava la possibilità di fuggire dalla realtà; per questo quando finì di sciacquarsi i capelli, sì sentì come se fosse ritornato nello stesso solito incubo.

Asciugandosi i capelli alla perfezione, Justin avvolse un asciugamano intorno ai suoi fianchi prima di uscire dal bagno ed entrare nella sua camera da letto dove Kelsey era distesa già sveglia.

Justin sorrise. “Buongiorno raggio di sole.” Provocò sussurrando con una voce roca, la quale fece rizzare i peli del braccio di Kelsey.

Kelsey’s POV.


“C-Ciao.” Deglutii rumorosamente, cercando di non fare cascare il mio sguardo sui suoi addominali i quali (per quanto potevo vedere senza guardare) brillavano per l’acqua che ancora scorreva sulla sua pelle di porcellana.

‘Questo non dovrebbe essere legale. Non c’è modo che qualcuno possa essere così fottutamente sexy.’ Pensai.

Ma poi mi ricordai della festa, dell’omicidio, dell’essere portata qui e dell’essere stato detto di dormire sul pavimento e, immediatamente, la confusione si impossessò di me.

“Hai riposato bene?” Chiese dandomi le spalle mentre cercava qualcosa nel suo armadio, immagino qualunque cosa da indossare.
“Lo descriverei eccezionale, grazie per esserti interessato. Il pavimento di legno era fantastico.” Finsi un sorriso il quale lo fece solo sorridere ancora di più.
Oh, come avrei voluto togliere quel sorriso da quella faccia con uno schiaffo.
“Beh, bene a sapersi. Sono sicuro che il mio pavimento ha amato avere il tuo culo sexy disteso sopra di lui.” Mi fece un occhiolino causandomi un’eruzione di farfalle nello stomaco.

Mi stavo iniziando a sentire come se stessi per andare fuori di testa. C’era qualcosa di strano dentro di me. Non da menzionare il fatto che lui era lunatico ogni giorno di più.

Aprii la mia bocca per dire qualcosa prima di richiuderla una volta realizzato che non avevo idea di cosa dire. Sospirando, alzai gli occhi al cielo per poi incrociare le braccia contro il mio petto, scrollando le spalle.

“Che succede? Il gatto ti ha mangiato la lingua?”
“Taci. Sei un lunatico del cazzo.” Sputai le parole con arroganza senza pensarci.
Lui si ghiacciò. “Cosa hai detto?”

Mi fermai per un momento, i miei occhi si allargarono mentre fissavano i suoi occhi pieni di rabbia. Alzai un sopracciglio, “Cosa? Sei diventato sordo?”

Sbattendo l’anta del suo armadio, Justin si incamminò verso il letto. “Ascoltami stronzetta,” – “Non parlarmi in quel modo dopo che mi sono comportato abbastanza gentilmente da metterti nel mio letto. Se non l’hai realizzato ancora, non ti sei svegliata sul pavimento quindi, dovresti ringraziarmi … Non insultarmi.” Osservò.

Mi morsi il labbro. Abbassando lo sguardo realizzai che ero nel letto, nel suo letto. Aggrottai la fronte.
“Come è successo?”

Justin mi derise con una risatina. “Idiota,” Sussurrò scuotendo la testa. “Lo spirito Santo ti ha portato lì.” Il sarcasmo cadeva da ogni parola. “Secondo te, Sherlock? Sono stato io.” Disse nervoso come se fosse la cosa più normale al mondo.

Feci una pausa per qualce secondo immagazzinando tutte le nuove informazioni. Il bastardo aveva veramente fatto almeno un gesto carino e mi stavo iniziando a sentire in colpa. “Mi dispiace.”
“Cosa?”
“Ho detto che mi dispiace.” Sospirai.
“Ah,” Annuì con la testa. “Allora avevo capito bene.” E con questa sua risposta, non mi sentivo più tanto in colpa.

Mi trattenni dall’alzare gli occhi al cielo e gli puntai su di lui realizzando che si era già vestito. “Come hai fatto a vestirti così velocemente?” Chiesi sorpresa.
“Mentre tu eri impegnata a insultarmi, sono riuscito a vestirmi.”
Annuii. Quello che non capivo era come non mi fossi accorta che si stava vestendo. Grugnii frustrata.
“Smettila di grugnire. Non è attraente.” Justin si girò dalla parte dello specchio aggiustandosi i capelli alla perfezione.
Alzai un sopracciglio. “Scusami, ma chi ti credi di essere?”
“Credo che il mio nome sia Justin Bieber, furba.” Mi guardò dallo lo specchio prima di farmi l’occhiolino.

Non riuscii a controllarmi e alzai gli occhi al cielo. Questo ragazzo mi stava facendo morire—non importa se mi avrebbe fatto morire letteralmente, a questo punto non sapevo nemmeno cosa sarebbe successo fra un secondo.

“Quando tornerò a casa?” Sospirai. Strofinai le dita di una mano contro le altre desiderando di andarmene da questo inferno e tornare a casa prima che i miei genitori potessero realizzare che non ero a casa.

Justin ci pensò per quale secondo. Dopo quello che sembravano ore, ma in realtà era solo un minuto, Justin si girò e mi fissò negli occhi. “Oggi.”
La mia faccia si illuminò improvvisamente. “Davvero?” Sorrisi con un sorriso vero, di quelli che non mostravo da quando ero stata rapita--se così possiamo definirlo.
Alzò le spalle. “Sì, non ho nessuna ragione per trattenerti qui e ad essere onesto sei come un dito nel culo.”

Un sospiro di sollievo uscì dalle mie labbra. Anche se sarei dovuta essere offesa per come mi aveva definito, non vedevo l’ora di ritornare a casa.

“Ma,” Iniziò e immediatamente le mie sopracciglia si accigliarono. “Se tu provi ad aprire bocca raccontando cosa è successo ieri alla festa,” Si avvicinò al mio volto, “Ti ucciderò.” Sussurrò contro le mie labbra prima di fare nuovamente un passo indietro.

Il mio stomaco si attorcigliò in se stesso.
Tutto quello che riuscivo a fare era annuire in segno di risposta.

“Andiamo.” Si incamminò verso la porta.
“Dove stiamo andando?” Aggrottai la fronte.
“Non volevi andare a casa?”
Immediatamente mi alzai dal letto, raggiungendolo in un batter d’occhio. “Diavolo, sì!” Risposi.

Sorrise.


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Il viaggio in macchina non era imbarazzante come pensavo. Anche se guidava in silenzio, nell’aria non c’era imbarazzo. Era … Normale. Come se io fossi nella macchina di un mio amico. 
Scavò dentro le tasche della sua giacca, tirando fuori un pacchetto di sigarette, ne estrasse una prima di ributtare il pacchetto all’interno della tasca e accenderla.

“Puoi lasciarmi qui.” Indicai una fermata di un autobus.
“Sicura?” Chiese, il fumo fuoriuscì dalle sue labbra nel momento in cui parlò.
Annuii. “Certo, la mia casa è dietro l’angolo.”

Justin continuò a guidare, girando l’angolo.
“Dove stai andando? Ti ho detto di fermarti alla fermata del bus.” Mi girai guardandolo con uno sguardo di esasperazione.
Rimase in silenzio facendo uscire il fumo dalla sua bocca, anelli di fumo. “Qual è il punto dove posso lasciarti davanti a casa?”
Sospirai ritornando a fissare la strada davanti a me, “Fai come ti pare.”

Quando si avvicinò a casa gli dissi di fermarmi e, con mia sorpresa, lo fece. Onestamente pensavo che non mi avrebbe ascoltando (di nuovo) e che avrebbe continuato a guidare.
Mi girai a guardarlo, “Uhm, grazie.”

Annuì facendo uscire un altro anello di fumo dalle sue labbra.
Spinsi le mie labbra all’interno della bocca. Libertà! Nel momento in cui stavo per aprire la portiera, la voce di Justin mi fermò. Strizzai gli occhi per un secondo per poi riaprirli.

“Posso avere il tuo numero?”

I miei occhi si spalancarono. Lentamente mi girai verso di lui chiedendomi se stesse scherzando o se era serio. “Vuoi il mio numero?” Ripetei stupidamente.
Annuì mentre i suoi occhi si abbassarono sulla strada di fronte a lui.
Inizialmente esitai ma poi lentamente annuii. “Certo.”
Tirando fuori dalla tasca dei jeans il suo blackberry, Justin me lo tese per farmi inserire il numero. Digitai i numeri del mio telefono e glielo porsi nuovamente.

“Ciao.” Dissi prima di aprire la portiera, uscire e chiuderla dietro di me. Sventolai lentamente la mano in aria per poi guardare la macchina mettersi in moto e partire.

Prendendo le chiavi da sotto il tappetino di casa, le inserii nella serratura, facendo girare la chiava una volta, aprii lentamente la porta.
Mettendo le chiavi nel posto in cui le avevo trovate, chiusi la porta alle mie spalle. Camminando in punta di piedi, feci attenzione a non svegliare i miei genitori.

“Dove sei stata signorina?”
Il m io cuore smise di battere, il mio stomaco precipitò a terra. Girandomi, vidi i miei genitori seduti sul divano con i loro pigiami addosso.

Troppo tardi.

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