capitolo 9

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Finalmente, dopo minuti che sembravano interminabili ore, la macchina si fermò una volta entrata nel parcheggio. 

Guardando fuori notati le parole luminose “Perry’s Palace” illuminare le pareti dell’edificio anche se i raggi del sole contornavano ancora tutto il cielo. 

Sganciandomi la cintura mi girai verso Justin. Aggrottai la fronte in uno stato di confusione. 

Saremmo scesi dalla macchina o … ?

Sentendo i miei occhi su di lui, si girò per guardarmi. “Che vuoi?” Sbottò. E pensare che avevo iniziato a cambiare idea sul fatto che fosse lunatico … 

Controllai la voglia di alzare gli occhi al cielo. “Andiamo o no?” Borbottai. Se avessi potuto tirargli un pugno senza pagare le conseguenze, l’avrei fatto. 

“Sì,” Disse estraendo le chiavi dal nottolino* prima mettersele in tasca. La sigaretta che stava fumando era ancora in bilico fra le sue labbra. 



Sospirando aprii la portiera, scendendo la chiusi un po’ troppo forte. 

“Attenta,” Brontolò. “La macchina costa più di tutte le tue cose messe insieme.” 

Alzai un sopracciglio. “Bene a sapersi,” Borbottai sarcasticamente con le mani nelle tasche della felpa. 

Mi guardò con la coda dell’occhio. “Comportamento,” Mi avvertì scuotendo un dito verso la mia direzione. 

In quel momento, alzai gli occhi al cielo. “Come vuoi.” Distolsi poi lo sguardo. 

Prese la sigaretta per poi buttarla a terra e calpestarla con la suola della sua scarpa. Inchinando la testa verso il piccolo ristorante, iniziò a incamminarsi aspettandosi che io lo seguissi. 

E così feci, con mio sgomento. 



Una volta che eravamo dentro, iniziò a camminare fino a che il suo corpo si scontrò con un altro -- il quale mi fece sbattere contro la schiena di Justin. Grugnii strofinandomi la fronte. 

“Ma che c --” Iniziai a imprecare per poi fermarmi sentendo la tensione che era calata su di noi una volta che vidi il ragazzo che stava di fronte.

Era alto, qualche centimetro più di Justin, se non la stessa altezza. Aveva capelli castano scuro abbassati e con un taglio sbarazzino, occhi di un verde elettrificante. Di quelli che ti possono ipnotizzarti con un solo sguardo. Era muscolo e un culo per cui vorresti morire. 

Imbarazzante da dire ma era quasi meglio del mio. 



Così ingiusto. 



Serrai le labbra da un lato fissando entrambi i ragazzi e immediatamente sentii la tensione che c’era. 

“Danger,” Il ragazzo bolliva di rabbia con un sorrisetto sulla faccia. “Che piacere vederti qui, eh?” 

“Non ora.” Justin disse con i denti stretti, la sua voce divenne bassa e letale e giuro che in quel momento mi sono vista la morta passarmi davanti. 

I peli sulle mie braccia si rizzarono di colpo. 

“Quando sarà il momento giusto, amico? Quando avrai i tuoi amici gorilla che ti parano il culo?” Raddrizzò la sua postura, il suo corpo premette sempre di più contro quello di Justin per intimidirlo. 

Ci sarebbe riuscito se Justin non avesse fatto un passo ancora più vicino chiudendo il vuoto rimasto fra di loro, i suoi occhi diventarono cupi e le vene sul suo collo iniziarono a fuori uscire. 

Justin finse una risata. “Entrambi sappiamo che potrei farti a brandelli con le mie mani.” Fece calare la sua voce in un sussurro. 

Qualche minaccia di morte venne detta prima che il ragazzo se ne andò e Justin afferrò il mio gomito portandomi verso il tavolo per due.

Spingendo via la sua stretta, mi sedetti di fronte a lui. Una volta che si sedette, notai la tensione sulla sua mascella e nel momento in cui posò i pugni sopra il tavolo, le sue bianche nocche.

“Chi era quello lì?” Sussurrai dal momento che non volevo innervosirlo ancora di più. L’ultima cosa che volevo era faro farlo arrabbiare più di quanto non lo era già. 

“Qualcuno con cui lavoravo.” Borbottò in replica, non aggiungendo nessuna informazione. 

Mi morsi il labbro cercando di evitare di continuare il discorso. 

Alzai lo sguardo giusto in tempo per vedere una lavoratrice, la quale sembrava prendere gli ordini, camminare verso di noi. “Benvenuti, posso portarvi qualcosa?” Disse guardandoci con occhi grandi e un grande sorriso sulle sue labbra.

Ricambiai il sorriso. Non avevo ancora guardato al menu ma già sapevo cosa volevo. “Io vorrei Chicken Fringers con patatine fritte, grazie.” Potevo sentire il mio stomaco brontolare dalla fame che avevo. 

Justin rise, quasi soffocando con la sua stessa saliva. 

Gli lanciai uno sguardo veloce. 

Justin si calmò e riportò l’attenzione sulla cameriera. “Io vorrei un cheeseburger accompagnato con curly fries.” Fece il suo miglior sorriso, quasi malizioso.

Arrossendo, la ragazza prese le ordinazioni e se ne andò.

Alzai gli occhi al cielo. “Puttaniere.” Borbottai.

“Come, scusa?” Justin allungò il collo verso di me portandosi una mano vicino all’orecchio.

Inarcai un sopracciglio. “Ho detto che sei un puttaniere.” Risposi fingendo un sorriso. “Mi hai sentito adesso?” 

Ridacchiò. “Come mai sarei un puttaniere?”

“Perché non devi flirtare con una ragazza mentre sei davanti alla ragazza con cui stai avendo un appuntamento! Quello rovina tu--”

“Woah, woah, woah piccola.” Justin mise le sue mani di fronte facendomi zittire. 

Lo guardi chiedendo spiegazioni.

“Chi ha detto che questo era un appuntamento?” Mi guardò con un sorriso malizioso sulle sue labbra.

Le mie guance arrossirono immediatamente. “Beh, tu, io, ma--” Grugnii. “Non importa.”

Quasi rise silenziosamente scuotendo la testa.

Era possibile odiare qualcuno nella frazione di un secondo?

No?

Beh, immagino che questo era un record perché sentivo il bisogno di colpire la sua faccia con i miei pugni.



Sedemmo in silenzio per tutto il resto del tempo fino a che la cameriera ritornò al nostro tavolo con le nostre ordinazioni. Una volta che posò i piatti e i bicchieri sul tavolo, se ne andò di nuovo.

Ecco, brava idiota, vattene. Sussurrai mentalmente.

Afferrando una patatina, me la lanciai in bocca per poi afferrarne un’altra, e un’altra e un’altra ancora fino a quando non le finii. 

Justin scosse la testa, lo stesso sorrisino sulle labbra.

Sospirai riposando la patatina che avevo appena preso. “Cosa c’è di così divertente adesso?”

Rise al fatto che mi stavo innervosendo facendomi innervosire ancora di più. 

“Sei così fastidioso.” Incrociai le braccia al petto. 

“Scusami è solo che … Non ci credo che tu abbia davvero ordinato patatine e chicken fingers!” Rise. “Mangiavo quelle cose quando avevo cinque anni!” Scoppiò in un altro attacco di risate.

Non è così divertente. Semplicemente alzai gli occhi al cielo per la centesima volta in un solo giorno. 

A questo punto ignorarlo era la cosa migliore.

Stavo per afferrare una patatina quando notai che anche lui aveva le patatine sul piatto. “Sei un tale ipocrita!” 

“Cosa?” Mi guardò confuso.

“Pure te hai ordinato le patatine!” Indicai il cibo che aveva sul piatto.

Scosse la testa. “Nah, queste sono curly fries. Sono arricciolate. C’è differenza rispetto alle patatine normali.” 

“Cosa? No, non c’è nessuna differenza! Hanno solo una forma diversa ma sempre patatine rimangono!”

Agito una mano con nonchalance. “Per me no, non lo sono.”

Mi ricomposi prima di diventare pazza per colpa di quel ragazzino. L’ultima cosa di cui avevo bisogno era farmi arrestare per avere commesso un omicidio. 



Dopo aver masticato pezzo di pollo e aver bevuto un sorso d’acqua, realizzai che Justin aveva a malapena toccato il suo cibo. 

“Hey,”

Alzò lo sguardo. 

“Non lo mangi?” Aggrottai le mie sopracciglia, dando un altro morso alla patatina. 

“Non ho fame.” Rispose quasi a monosillabo scrollandosi le spalle. 

Gli uomini e la loro scarsa loquacità: una delle cose più noiose al mondo.

“Allora perché hai ordinato?” Lo guardai perplessa.

Si inumidì le labbra. “Perché pensavo che avrei avuto fame. Ascolta, tu hai finito ora?” Indicò il mio piatto. 

Lentamente spostai lo sguardo da lui, al suo dito fino al mio piatto per poi riguardarlo. 

“Io --” 

“Bene,” Mi interruppe prima di alzarsi e tirare fuori dalle sue tasche dei jeans il portafoglio. Afferrando i soldi, li posizionò sotto il bicchiere di vetro. 

Girandosi, afferrò il mio polso facendomi alzare. 

Grugnii. “Cos’è tutta questa fretta?” Lo guardai sconvolta ma si limitò a fare spallucce e a trascinarmi fuori dal ristorante verso la sua macchina. “Terra chiama Justin!” Dissi un po’ più forte.

Si girò di scatto verso di me. “Che c’è?!”

“Non avevo finito di mangiare.” Mi lamentai come una bambina di cinque anni. Lo so, è imbarazzante ma potevi incolparmi? Non mangiavo da, beh, da una vita!

“Quindi? Ti prenderò qualcosa mentre ritorniamo.” Salì in macchina dopo aver rilasciato il mio polso. 

Entrando nel seggiolino del passeggero, dopo aver trovato quel dannato bottone che apriva la portiera, chiusi la portiera. “Ritorniamo dove?” 

“Siediti e allacciati la cintura. Non ho tempo per le tue pallose domande.” Borbotto mentre mise in moto la macchina. 



Feci come mi era stato detto, distendendomi sul seggiolino di pelle. Ero disperata e volevo chiedergli cosa stesse facendo ma sapevo che la mia domanda mi avrebbe messo solo sotto cattiva luce quindi tenni la bocca chiusa -- per una volta in tutta la mia vita.

Dopo un po’ di minuti in cui la macchina girava intorno ai quartieri, Justin la parcheggiò. 

Aggrottando le sopracciglia, guardai fuori dalla finestra per notare che lui si era fermato davanti ad un vecchio magazzino. 



Non sapevo se:

a) Essere spaventata

b) Scappare nel momento in cui ne avrei avuto la chance.

O c) Aspettare e vedere cosa aveva pianificato.

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