capitolo 48

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Kelsey’s Point of View:



“Vuoi che faccia cosa?” Carly mi fissò incredula; i suoi occhi e la sua bocca era spalancati dallo shock. 



Mi morsi il labbro inferiore non sapendo se tutto questo fosse una buona idea ma non avevo tempo -- ora o mai più. “Ho bisogno che tu faccia da testimone per salvare Justin.”



Carly scosse la testa cercando di capire cosa stessi dicendo. 



“Ti prego Carly,” Implorai con la disperazione in ogni parola. “Sei la sua unica speranza.”

“Kelsey …” Carly scosse la testa. “Non credo tu sia cosciente di ciò che mi stai chiedendo in questo momento.”

“Lo sono, Carly. Lo sono. Sei l’unica che può farlo. Eri alla festa quella sera e hai visto Justin.”

“Kelsey, mi stai chiedendo di mentire alla polizia per un criminale--”

“Non è un criminale, Carly.” Sbottai nervosa. 

“Giusto, è per questo che la polizia lo sta cercando.” Disse sarcastica per poi alzare gli occhi al cielo. “Torna tutto.”

“Non ha fatto niente! E’ solo che pensano che abbia fatto qualcosa, ed è completamente ingiusto. Era con me quella sera, ricordi?”

Carly non disse una parola. Sospirò. “Perché non riesci ad aprire gli occhi e vedere che lui è male per te? Questo è un perfetto esempio del perché non voglio che tu stia con lui.”

“Non sei un mio genitore, Carly! Sei la mia migliore amica! Dovresti sostenermi--” Scossi la testa fermandomi bruscamente dal continuare la spiegazione. “Sai cosa?” Sbottai. “Non ne ho bisogno. Vai, penserò a qualche altra soluzione.” Dissi nervosa. Proprio mentre stavo per voltarmi, scosse la testa. 

“No, no …” Carly iniziò una frase prima di fare un respiro profondo. 



La guardai attentamente, curiosa di sapere cosa avrebbe detto. 



“Lo f-farò …” Mormorò distogliendo lo sguardo.

Allargai gli occhi. “Lo farai?”

“Sì,” Carly annuì. “Se questo mi farà ritornare ad essere la tua migliore, lo farò. Farò tutto ciò che è necessario.”



Trattenni un sorriso non sapendo se crederle o meno. “Come faccio a sapere che non mi stai mentendo?” Puntai lo sguardo su di le. “Hai praticamente infamato il mio ragazzo poco fa.” Incrociai le braccia al petto. 

“Kels, perché,” Carly mosse i piedi. “Per quanto io ne possa sapere è cattivo … ma per qualche strana ragione ti rende felice, ed essendo la tua migliore, devo volere solo la tua felicità.”



Mi appoggiai su un fianco cercando un segno di disonestà sul suo volto. 



“Vedo il modo con cui lo difendi e il modo con cui lui ti protegge, lo vedo che tenete uno all’altro.” Inumidendosi le labbra, Carly sospirò. “E’ venuto a casa mia, sai … dopo quello che è successo.”

“Lo so.” Replicai senza emozioni. 

“Immagino che tu sappia cosa è successo dopo?” Alzò un sopracciglio. 

Annuii leggermente. “Mm.”

“Perciò sai che mi ha minacciato di stare alla larga da te?”



Rimasi in silenzio ma la risposta era forte e chiara.



“Per quanto trovo sia stato davvero irrispettoso da parte sua di intimidirmi in quella maniera, non sono riuscita a evitare di vedere la passione che ha per te.”



Rimasi immobile pronta ad ascoltare ciò che stava per dire. 



“Quello che sto cercando di dire è che, tralasciando il disgusto che provo verso di lui, farò tutto ciò che serva per aiutare.” Sorrise dolcemente. “Dimmi cosa fare e lo farò.”

“Okay, bene.” Ricambiai il sorriso. “Tutto quello che dobbiamo fare adesso è discuterne con Justin.” Afferrando il telefono, digitai il suo numero prima di mettere l’altoparlante. 



Pochi squilli prima di sentire rispondere. “Pronto?”

“Justin?”

“Sì, piccola?”

“Carly vuole parlarti.”





Justin’s Point of View:



“Okay,” Mi sedetti sul divano accanto a John. “Cosa facciamo adesso?” Dopo aver accompagnato Kelsey a casa, ero ritornato a casa. 

“Aspettiamo.” Bruce alzò le spalle. “Facciamo finta di nulla, come un giorno qualunque. Quando verranno a interrogarci domani, non esitare.”

“Beh, è facile.”

“Non è niente che tu non abbia già fatto.” Bruce mi fece l’occhiolino scherzando. 

Ridacchiai. “Hai ragione.”



“Hai parlato con Kelsey di come funzionano queste cose?” John intervenne catturando la mia attenzione. “Lo sai che non puoi farla venire qui durante le indagini. Ti avranno sotto controllo 24 su 24 fino a quando non chiuderanno il caso.” 

“Lo so. Le ho già detto che dovrà aspettare un po’ di giorni.”



“Come ha preso la notizia?” Chiese Marco.

Alzai le spalle. “Era un po’ sconvolta ma ha capito perché.”

“Bene. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è una stronzetta che si metta nel mezzo mentre i poliziotti sono qui.” Rise Marcus. 

Bruce scosse la testa. “Non lo farebbe, è troppo furba.”



“Fratello, c’è qualcosa che vuoi dirmi?” Dissi fissando Bruce con occhi divertiti. 

“Cosa?”

“Voglio dire, hai fatto complimenti alla mia ragazza tutto il giorno oggi--”

“Diamine no, Bieber. E’ carina e tutto ma non mi piace in quel modo. Ha la mia stima.”

“Bene perché mi dispiacerebbe romperti il culo, in modo da tenerti alla larga da lei.” Feci un mezzo sorriso.

“Non riusciresti a toccarmi.” Bruce fece un sorriso di sfida. 

“Vuoi scommettere?” Mi alzai. 

Bruce si alzò. “Fatti avanti.”



Non appena arrivammo faccia a faccia per poi ridere. Gli diedi il cinque e poi una pacca sulla spacca prima di ritornare a sedermi sul divano. 



“Siete matti, ragazzi.” John alzò gli occhi al cielo. 

“Non essere geloso.” Gli feci il verso. 

“Non imitarmi.” Rispose a tono. 

Continuai a ridere. “Fratello, che fai il serio adesso?”

Fece un mezzo sorriso. “Ovvio che no, idiota. Non sono serio.” Mi lanciò un cuscino. 

Prendendolo al volo, lo rilanciai. “Non lanciarmi i cuscini addosso solo perché sei geloso.”

“Continuerai seriamente a farmi il verso?”

“Forse,” Sorrisi alzando le spalle. “O forse no.”

“Sei così immaturo.” Rispose. 

“Sei così immaturo.” Lo imitai facendo una voce femminile. 



“Adesso , adesso signorine … state esagerando.” Bruce ridacchiò. 



Guardai John e, insieme, lanciammo un cuscino a Bruce. 

Non appena il cuscino cascò a terra, ci guardò. “Perché?”

Alzammo le spalle. “Karma.”

“Ragazzi vi comportate come dei bambini delle volte.” Disse scuotendo la testa. 



Scuotendo la testa continuai a ridere. Proprio quando stavo per rispondere, sentii il cellulare vibrarmi in tasca.

Prendendolo, guardai lo schermo. Sospirando, guardai l’ID.



“Chi è?” Chiesero i ragazzi in coro. 

Scossi la testa dopo aver lanciato uno occhiata. “E’ Kelsey.”

“Non rispondere.” Disse Bruce.

Mi morsi il labbro. “E se fosse importante?” Feci scorrere il dito lungo lo schermo, sbloccandolo e accettando la chiamata prima che qualcuno potesse dire un’altra parola. Evitai lo sguardo di Bruce prima di rispondere. “Pronto?”

“Justin?”

“Sì, piccola?”



I ragazzi sbuffarono scuotendo la testa. 

Feci un mezzo sorriso concentrandomi sulla chiamata.



“Carly vuole parlarti.”

Mi immobilizzai. I miei occhi fissi su quelli dei ragazzi. “Cosa?”

“E’ qui. Dì ciao Carly.” Sentii Kelsey sussurrare. 



Dopo qualche secondo, una vocina parlò. “Ciao Justin …”

Fissai il vuoto; il pensiero che lei fosse vicino a Kelsey mi disgustava. “Cosa ci fai a casa sua?” Sbottai. 



“Justin …” Kelsey sospirò. 



“Non ti avevo avvertito di stare lontana da lei?”



“Justin …” Kelsey iniziò di nuovo. 



“Vuoi che ti ucc--”



“Justin!” Kelsey sbottò facendo ridere i ragazzi intorno a me. 



Li guardai con uno sguardo che segnalava di stare zitti.



“Che c’è?” Dissi irritato. 

“Smettila di fare il coglione per due secondi e ascoltami.”

Per fortuna sua l’amavo, altrimenti mi avrebbe sentito. “Che c’è?” Mormorai appoggiandomi allo schienale. 

“Sono stata io a chiederle di venire qui.”

“E per quale cazzo di motivo l’avresti fatto?”

“Puoi smetterla per un attimo e farmi finire?” Disse irritata. 



Alzai gli occhi al cielo. “Come vuoi.”



“Si è offerta di aiutarti con la polizia.”



Mi tirai su sedendomi, la mia attenzione era focalizzata solo su ciò che aveva già detto. “Come?”

“Ha detto che lo farà. Mentirà alla polizia.” Potevo sentire la felicità nelle parole di Kelsey.

“E le credi?”

“Beh, sì …”

“Kelsey …” Mormorai. “Non ti ho insegnato niente?”

“Pensavo che saresti stato felice.”

“Lo sono, solo che … Come fai a sapere di poterti fidarti?”

“Siamo amiche da anni, Justin. La conosco come le mie tasche. So quando mente o no.”



Ci stetti un secondo. I miei sensi di colpa mi dissero si crederle, credere in Kelsey, credere che Carly non stava mantenendo ma la mia mente mi metteva in guardia. Aveva mandato tutto a puttane una volta, l’avrebbe rifatto. 



Mi strofinai la mano libera sul volto. “Passamela.”

Kelsey non esitò a passare il telefono a Carly. “Pronto?” La piccola voce parlò di nuovo. 

Mi trattenni dall’insultarla. “Kelsey mi ha detto che ti sei offerta di aiutarmi?” Continuai ad avere un tono freddo e distaccato cercando di farle capire che ero serio e se avesse fatto qualche cazzata, l’avrei uccisa senza pensarci due volte. 

“Sì …”



Guardai i ragazzi notando come tutti quanti avevano gli occhi fissi su di me cercando di capire cosa stesse succedendo. 



Decisi di mettere l’altoparlante in modo da renderli partecipi dell’argomento. “Come faccio a sapere se posso fidarmi?”

“P-Perché …” Fece una pausa prima di schiarirsi la gola iniziando a parlare di nuovo. “Ho dato la mia parola a Kelsey.”

“E pensi che dare la tua parola basti?”

“Io … Non lo so.” 



Sorrisi a me stesso. Quella stronza era troppo spaventata per parlarmi; non mi avrebbe mai messo nella merda. Aveva capito cosa sarebbe successo se l’avrebbe fatto. “Va bene, ecco il patto. Dirò alla polizia che ti ho visto alla festa, ce ne siamo andati prima perché volevamo … divertirci, se sai cosa intendo.” Sorrisi divertito con la risata dei ragazzi a seguito. 



“Uhm, okay …”

“Se te lo chiedono, ce ne siamo andati intorno all’una. Ti ho portato a casa mia, ci siamo sbattuti poi te ne sei andata ed è finito tutto.”

“Tutto qui?”

“Sì. Fai la vaga. Non troppe informazioni. Meno è meglio. Diamo già abbastanza dicendo che ce ne siamo andati, non aggiungiamo troppe cose così non avranno motivo per attaccarci.” 

“Okay …” 

“A meno che tu non voglia entrare nei dettagli su cosa abbiamo …” Feci una pausa, “fatto.” Mi trattenni dallo scoppiare a ridere.



Fare lo stronzo con questa qui era divertente. 



“Uhm, no, va bene così …” 

“Sicura? Perché insomma, possiamo raccontare di quanto grosso sia il mio cazzo e di come ce l’hai avuto dentro per tutta la notte.”



Bruce quasi non cascò dalla sedia dal ridere. 



“No grazie.”

Alzai le spalle anche se non poteva vedermi. “Okay, come vuoi.”



Ci fu un rumore dall’altra parte della cornetta e un’altra voce parlò. “Sei uno stronzo.” Disse Kelsey nervosa. 

Ridacchiai. “Scusa amore, dovevo.”

“No, non dovevi.” Mi rimproverò. 

“Aw, non essere arrabbiata.” Dissi sorridendo. 

“Ti odio.”

“Non è vero.”

“Sì, è vero. In questo momento, ti odio davvero.”

“E i maiali volano.” Ridacchiai. “Ci vediamo presto, piccola.”

“Se, a presto.” E con quello, cascò la linea. 



Non riuscii a controllarmi più; iniziai a ridere dopo aver chiuso la chiamata. “Prenderla per il culo quella stronza è troppo facile.”

“Mi stavo immaginando la faccia terrorizzata che doveva avere.” Marco ridacchiò. 



Il mio stomaco iniziò a fare male da quanto stavo ridendo. Dopo anni, riuscii a calmarmi abbastanza per fare dei respiri profondi. 



“Domani sarà un giorno movimentato.” Bruce si alzò. “Vado a letto.”

“Sì, sono distrutto.” John si alzò subito dopo. “Mi immagino già a che ora della mattina si presenteranno i poliziotti.”



Marco e Marcus annuirono alzandosi. 



“Rimango qui per un po’. Ci vediamo domani.”

“Okay, buona notte; hai un giorno importante domani.”



Ridacchiai dando il cinque ai tre ragazzi prima di farli scomparire nelle loro stanze. 

Una volta che tutti erano nelle loro camera, presi il telefono digitando l’ultimo numero chiamato. 



“Che vuoi?”

“Ti amo.”



Ci fu una pausa.



“Ti amo pure io.”



Sorridendo, decisi di finire la chiamata e chiudendo la chiamata prima di andare in camera mia. 



Kelsey’s Point of View:



“Grazie mille per farlo, Carly.” Sorrisi dolcemente. “Significa davvero tanto e Justin, beh, è un coglione qualche volta.” Alzai gli occhi al cielo per l’idiozia del mio ragazzo. 

“Non fa niente. Ha ogni ragione per non credermi ma sono contenta che tu ti fidi. E’ stato bello venire qui e stare insieme, tralasciando questa situazione.” Era in piedi accanto alla porta pronta ad uscire. 

“Sì, è stato bello. Magari finita tutta questa situazione, possiamo uscire di nuovo come i vecchi tempi.”

“Ci conto.” Ridacchiò. “In bocca al lupo per tutto.” Portandomi nelle sue braccia, mi strinse forte. “Mi sei mancata.”

“Mi sei mancata anche tu.” Allontanandomi, la guardai uscire dalla porta prima di voltarsi di nuovo verso di me. “Sei nervosa?”

“Per cosa?”

“Lo sai … i poliziotti e tutto il resto.” Sussurrai. 

“Per niente. La storia che darò è semplice.”

“Okay.” Sorrisi. “Grazie di nuovo. Lo apprezzo davvero, e lo stesso Justin.”

“Sicuramente lo apprezzerà.” Rise Carly. “Ci vediamo presto?”

Annuii. “Ovvio.”

“Buona notte Kelsey.”

“Notte Carly.” Sventolai la mano in aria continuando a guardarla scendere le scale prima di raggiungere la porta. Salutando i miei genitori uscì di casa e dopo aver chiuso la porta, ritornai in camera mia. 



Dopo qualche secondo, mi squillò il telefono. Afferrandolo, sbuffai guardando l’ID. “Che c’è?”

“Ti amo.”

Il mio cuore collassò e il mio stomaco fece una capriola. Feci una pausa morendomi l’interno della guancia. Mi aveva chiamato solo per dirmelo? Sorrisi a me stessa. “Ti amo pure io.”



Mi aspettai che dicesse qualcosa ma tutto quello che ottenni fu il suono, il quale mi avvertiva che la chiamata era terminata. Aveva attaccato. 



Stronzo.



Ridacchiai scuotendo la testa prima di spegnere le luci e dirigermi verso il letto. Togliendo le coperte, entrai sotto per poi ritirarle su. 



Posando il telefono sul comodino accanto a letto, lasciai i miei occhi chiudersi. 



L’unica cosa che riuscivo fare in quel momento era sperare che tutto sarebbe andato per il meglio.





Justin’s Point of View: 



“Aprite! Polizia!” Colpi dopo colpi contro la porta di legno. Ero assolutamente in vena di uscire e uccidere chiunque stesse bussando in quella maniera. Poi, improvvisamente, mi ricordai il motivo del perché erano lì. 



Scendendo dal letto, sbadigliai prima di stirarmi. Scesi le scale e arrivai davanti alla porta. Stavo indossando solo un paio di pantaloncini da ginnastica ma non mi interessa neanche un po’. 



“Hai tre secondi prima che buttiamo giù questa porta, Bieber!” Urlarono. “Uno … Due …”

“Potete smetterla di urlare?” Sbottai. “Sto arrivando!” Mormorai prima di afferrare la maniglia. Dopo aver aperto la porta, mi ritrovai davanti tre uomini in uniforme.

“Abbiamo un mandato di persecuzione.” Un uomo pelato e alto tirò fuori un pezzo di carta. Annuii facendo un passo di lato. 



Entrarono e immediatamente due poliziotti salirono al piano di sopra mentre l’altro restò insieme a me. 

Camminai verso la cucina, presi un bicchiere d’acqua e ritornai nel salotto dove i ragazzi erano già arrivati -- stanchi e assonnati proprio come me. 



“Che succede?”

“Poliziotti, mandato di persecuzione.”



Annuirono tutti insieme prima di sedersi sul divano accendendo la TV. 



“Mr. Bieber.” Una voce fredda mi chiamò e voltandomi, vidi l’uomo che era rimasto con me scendere dalle scale. 

“Sì?”

“Avrei delle domande da farti.” Tirò fuori un taccuino e una penna. 

Mi sedetti intrecciando le dita fra loro, i gomiti sulle ginocchia. “Spara.”

“Dove eri la notte del 11 Novembre 2011?”

“Ad una festa.”

Scrisse le parole su taccuino prima di ritornare a fissarmi. “Che tipo di festa?”

Gli lanciai uno sguardo confuso. “Non lo so. Ci sono dei tipi di festa?”

“Rispondi alla mia domanda.” Sospirò. 

“Era una festa del quartiere. Erano invitati tutti quanti.” Feci spallucce. 

“E cosa hai fatto alla festa?”

“Ho bevuto, ho parlato con alcuni ragazzi, ho ballato e scopato. Un po’ quello che si fa alle feste.” Feci un sorriso malizioso. 

Si schiarì la gola, ormai imbarazzato, scrivendo tutte le informazioni per poi ritornare a me. “Hai avuto qualche fraintendimento con qualcuno durante la festa? Qualcuno che magari ti ha fatto innervosire abbastanza da farti commettere qualcosa di drastico?”

Controllai le emozioni sul mio volto ma un mezzo sorriso mi scappò. “Stai cercando di chiedermi se ho ucciso qualcuno?”



Non disse niente, continuò a fissarmi cercando di decifrare il mio volto. 



Ma non feci niente, non diedi nessun segnale se non quello di ridere. “Scusami ma no. Ero troppo impegnato a divertirmi.”

“E che tipo di divertimento era?”

“Sei serio? Sei mai uscito di casa?”



“Rispondimi.”



Sollevai le mani in aria in segno di arresa. “Va bene, non c’è bisogno di scaldarsi. Potevi semplicemente dirmi di no.” Mormorai. 

“Mr. Bieber—”

“Calmati amico. E’ un gioco. Mai sentito?”



Non disse niente. Continuò a fissarmi con uno sguardo di sfida. 



“Mi sono fatto una troietta.” Feci spallucce. “Cosa posso dire? Mi diverte sentirla urlare il mio nome.” Feci un mezzo sorriso. 



Se prima era a disagio, adesso non so come poteva sentirsi. 

Risi mentalmente al pensiero. 



“Hai mai avuto a che fare o parlato con Mr. Johnson Parker?”

“Mr. chi?” Dissi facendo il finto tonto. 

“Johnson Parker.”

“Mai sentito prima.”



“Dove eri quella notte?”

“Casa mia.”

Mi fissò sospettoso. “E cosa stavi facendo?”

“Sesso.”

“Scusami?”

“Ho trovato una ragazza da sbattere alla festa; l’ho presa e me la sono scopata.”



“E che ore erano?”

“Intorno all’una.”

“Mi aspetti che ti creda?”

“Credi a cosa ti pare, puoi chiederlo anche a lei.”



“Nome?”

“Carly Risi.”

Scrisse tutto quanto sul pezzo di carta. “Ci terremo in contatto, Mr. Bieber.”

Annuii. “Mi trovate qui.”



Dopo aver finito la nostra piccola conversazione, gli altri due poliziotti scesero dal secondo piano. “Niente.” Dissero in coro. 



Sorrisi. 



“Ci vediamo presto, Bieber.” Disse il pelato. 

Annuii. “Chiamate prima di venire. Chissà chi mi starò facendo in quel momento. Non vorrete mica arrivare sul più bello, giusto?” 



Lanciandomi un occhiataccia, uscirono di casa chiudendo la porta dietro di loro. 



“Non potevi essere un po’ più schietto?” Disse Bruce. 

“Che c’è? Devi fottere la loro mente per un po’. Devono sapere e non sapere.” Alzai le spalle. 

Carly’s Point of View: 


Dovetti fare diversi respiri profondi per farmi rimanere calma. Kelsey mi aveva chiamato per farmi sapere che i poliziotti sarebbero arrivati da un momento all’altro e non riuscivo a smettere di essere agitata.

Se avessi combinato un casino, Kelsey non mi avrebbe mai più perdonato e Justin mi avrebbe ucciso. In ogni modo, sarei morta. 

Dopo un’ora di preparamento a ciò che stava per succedere, sentii qualcuno bussare alla porta. 

“Polizia! Aprite la porta!”

Ci stetti qualche secondo prima di aprire la porta, ricordandomi che Kelsey mi aveva detto di comportarmi in modo normale. Mi sarei dovuta comportare come se stessi parlando con lei. 

“Sì?” Guardai i tre uomini di fronte a me con un sorriso sulle labbra. 

“Le dispiacerebbe seguirci in centrale, signorina?”

Resta calma, Carly. Resta calma … Ripetei a me stessa. “Posso chiedere perché, agente?” Chiesi in modo innocente. 

“Vorremo farle delle domande a proposito della morte di Johnson Parker.”

Mi morsi l’interno della guancia. “Va bene, prendo il giacchetto.” Voltandomi, camminai verso il piccolo armadio vicino alla porta per prendere il necessario. 

“Da questa parte, signorina.”

Li seguii fuori, uno di loro mi aprì la portiera della macchina indicandomi di entrare dentro. 



Nel momento in cui la macchina si fermò, mi sporsi verso il finestrino per vedere un grande edificio. 

Mordendomi il labbro, uscii fuori con l’aiuto dello stesso agente che mi aveva aperto la portiera. Seguendoli mi portarono dentro ad un ufficio dove molti agenti stavano parlando con caffè e documenti nelle mani. 

Un agente aprì una porta metallica e venni portata dentro la stanza; un tavolo di ferro e una sedia mi fecero cascare il cuore a terra. 

“Siediti; arriviamo subito.”

Annuii sedendomi lentamente sulla sedia scomoda mentre la porta venne chiuse alle mie spalle. 

Dopo qualche secondo la porta sì riaprì e, con mia sorpresa, vidi entrare Justin. “Non c’è bisogno di spingere, cazzo. Mi hanno fatto le gambe per usarle.” Sbottò alzando gli occhi al cielo prima di sbuffare. 

“Siediti e chiudi quella bocca Bieber.” Un agente rispose prima di sbattere la porta. 

“Coglione di merda.” Mormorò muovendo i pugni chiusi dietro la schiena. Il tintinnio delle manette quasi echeggiò nella stanza vuota.

“Justin?” Sussurrai. 

La sua testa scattò verso di me. “Carly? Che diavolo ci fai qui?” Chiese sorpreso. 

“Mi hanno portato qui per un interrogatorio.” 

Justin grugnì, visibilmente arrabbiato. “Hai detto qualcosa?”

“No, ho solo accettato di venire qui. Kelsey mi ha detto di rimanere calma qualunque cosa succedesse.” 

Annuì. “Ottimo. Ci stanno facendo questo solo per farci impazzire. Non lasciarli entrare nella tua testa.” 

“Okay.” Feci una pausa inumidendomi le labbra. “Perché sei qui e perché sei ammanetto?” 

Justin si appoggiò al tavolo. “Eh, apparentemente interrogarmi a casa mia non era abbastanza per questi idioti perciò mi hanno portato qui con le manette, pensano di essere dei duri.” 

“E’ ridicolo.” Mormorai. 

“A chi lo dici.” Sospirò.

Rimanemmo in silenzio fino all’arrivo di un poliziotto. “Mr. Bieber.”

“Alec.” Justin annuì, la sua faccia era tesa e priva di emozioni. 

“Vattene fuori. William ti sta aspettando. Ho bisogno di parlare con questa signorina.” Sorrise nella mia direzione. 

Arrossii distogliendo lo sguardo. 

Justin si alzò prima di avviarsi verso l’uscita dove un agente lo stava già aspettando. Lo prese per un braccio e sbatté la porta dietro di se. 

“Eccoci qui. Ho sentito che eri alla festa l'unidici Novembre?”

“Sì.”

“E che ci facevi lì?”

“Volevo divertirmi. Era fine settimana, cosa si aspetta?” Sorrisi. 

“Mhm, e cosa stavi facendo alla festa?”

“Mi stavo divertendo con alcuni ragazzi della mia scuola.”

“Ti ricordi qualche nome?”

“No.”

“Hai visto qualche sconosciuto?”

“Beh, c’erano un po’ di persone che non avevo mai visto ma era una festa del quartiere, entrata libera perciò tutti erano invitati …”

“Ricordi qualcuno che è stato lì?”

“Justin.” 

“Oh, davvero?”

“Sì.”

“Hai notato qualcosa di … diverso in lui?”

“Cosa intende?”

“Ti sembrava arrabbiato? Nervoso?”

“No,” Risi leggermente. “Era tutt’altro che arrabbiato.”

“E perché pensi che fosse felice?”

“Rideva e si stava divertendo. Chi non è felice quando sta ad una festa, agente?” Sbattei le mie ciglia in modo innocente. 

Socchiuse le labbra ragionando. “Hai visto Johnson Parker alla festa?”

“Mi scusi, chi?”

“Johnson Parker. Abbastanza alto, capelli neri, occhi verdi, lentiggini?”

“No, mi dispiace.” Aggrottai la fronte. 

Annuì guardando il pavimento. “A che ora te ne sei andata?”

“Intorno all’una.”

“Eri con qualcuno?”

“Sono andata via con Justin.”

Questo sembrò catturare la sua attenzione perché immediatamente posò lo sguardo su di me. “Eri con Justin?”

“Sì, abbiamo parlato un po’ alla festa e mi ha portato a casa sua.” 

“Cosa avete fatto ragazzi?”

Avvampai facendo spallucce. 

“Ms. Risi, le consiglio di dirmelo o altrimenti dovremmo usare le maniere forti …”

“Ci siamo divertiti.” Mormorai. 

“Puoi ripete?”

“Abbiamo fatto sesso!” Alzai il tono della voce, iniziando a irritarmi dal suo modo persistente. “Felice adesso?”

Sembrò ragionarci su perché rimase in silenzio. “Capisco …” - “E cosa avete fatto dopo che …” Interruppe la frase.

“Sono rimasta lì fino a mattina, verso le dieci me ne sono andata. Non potevo rimanere a casa sua per sempre, sa.”

“Capisco …” Annuì razzolando nelle tasche prima di alzarsi in piedi. “Lo sai che mentire al procuratore distrettuale, mi da l’autorizzazione di arrestarti?”

Annuii cercando di non mostrare nessun segno di paura. “Non ho niente da nascondere.”

“Sei scura? O lo stai facendo solo per proteggere Mr. Bieber?” Indicò con la testa la porta alle mie spalle. 

“Non ho nessun motivo per mentirle, agente.”

“Oh invece sì; conosco i giochetti di quel ragazzino e so per esperienza che ci sta prendendo in giro perciò ti consiglio di dirmi la verità. Puoi essere arrestata per complice di un omicidio. Spero tu lo sappia.” 

“Come le ho detto prima, non ho niente da nascondere. Ora, senza offesa, ma, abbiamo finito? Avrei delle cose da fare a casa, se non le dispiace.”

Ci pensò per qualche secondo prima di annuire. “Puoi andare.”

“C’è qualcos’altro che vorrebbe sapere prima che me ne vada?”

Scosse la testa e ringraziai mentalmente Dio. 

“Mi dispiace di non essere stata d’aiuto.” Mentii. 

“Va benissimo. Buona giornata, signorina.”

Annuii sorridendo. Uscendo dalla porta me ne andai lanciando un occhiata a Justin che stava a significare che tutto era andato secondo i piani. 

Sorrise a se stesso. 



Justin’s Point of View: 


Quasi non tirai un pugno al muro non appena i poliziotti ritornarono dicendomi di dover portare in centrale. 

Avevo detto tutto quello che volevano sapere e il fatto che non fosse stato abbastanza, mi mandava su tutti i nervi. Insomma, cos’altro volevano che dicessi? Gli avevo detto tutto quanto. 

Ero seduto al tavolo con i ragazzi a guardare la TV aspettando che tutta questa cosa arrivasse ad una fina quando qualcuno bussò in modo violento alla porta. 

“Apri questa porta Bieber, so che sei lì dentro!” Urlò una voce familiare. 

Aggrottai la fronte confuso prima di alzarmi e andare verso la porta. Aprendola, fissai ciò che avevo davanti. “Sì?”

“Siamo qui per farti un interrogatorio per l’omicidio di Johnson Parker.”

“Vi ho già detto tutto ciò che dovevate sapere.” Dissi con tono burbero, il nervoso stava prendendo la meglio su di me. “E non so un cazzo di questo Johnson Parker.”

“Bieber possiamo usare le maniere forti o dolci, decidi te.” 

“Non potete portarlo via senza prove.” Disse Bruce. “Vi ha detto tutto.” 

“Abbiamo tutte le ragioni per portarlo in centrale, è il nostro lavoro.”

Grugnii pieno di rabbia. “Ah sì? Beh, state lavorando di merda, Jenkins.” 

“Ti suggerisco di calmarti Bieber o finirai nei guai.” 

Senza aggiungere una parola, mi afferrarono per le braccia facendomi voltare mentre ammanettarono i miei polsi dietro la schiena per poi scortarmi fino alla loro macchina. 

I ragazzi mi guardarono dalla porta mentre i poliziotti misero in moto. 

Il viaggio fu un po’ lungo. Facendomi uscire tirandomi dal bicipite, si incamminarono verso l’edificio e, appena entrato, fui messo nella stanza dell’interrogatorio.

“Non c’è bisogno di spingere, cazzo. Mi hanno fatto le gambe per usarle.” Sbottai alzando gli occhi al cielo prima di sbuffare. 

“Siediti e chiudi quella bocca, Bieber.” Sbottò l’agente prima di sbattere la porta dietro di se. 

“Coglione di merda.” Mormorai cercando di liberarmi. 

“Justin?” Mi voltai trovando Carly seduta su una sedia dietro il tavolo.

Ero felice di aver parlato con Carly prima di farla interrogare. L’ultima cosa di cui avevo bisogno era che fosse agitata con Alec. 

L’unica cosa che rispettavo di quell’uomo, era il suo modo di leggere le emozioni sul volto delle persone. 


Quando Carly mia aveva sorpassato, mi rilassai sapendo che aveva fatto un buon lavoro in quanto era riuscita ad uscire. Mi aveva lanciato uno sguardo facendomi capire che era andato tutto secondo i piani e non riuscii a controllare le mie labbra, le quali formarono un sorriso. 

“Justin.”

Mi voltai vedendo Alec in piedi accanto alla porta. “Vieni dentro.”

Mi alzai avvicinandomi. 

Quando chiuse la porta, guardai verso Alec. “Che c’è?”

“Siediti.”

Feci come mi era stato detto anche se non volevo. 

“Dimmi tutto dall’inizio alla fine. Dove eri la notte dell' 11 Novembre?”

“L’ho già detto a quello pelato. Perché devo ripetere le stesse cose due volte? E’ solo una perdita di tempo onestamente.”

“Rispondi alla domanda e basta, Mr. Bieber.”

Alzai gli occhi al cielo. Sapevo il motivo me lo stavano chiedendo di nuovo: perché stavano sperando che cambiassi qualcosa ma questi stronzi non avevano ancora realizzato che ero troppo avanti quando si parlava di mentire. “Ero alla festa e prima che tu lo chieda, stavo bevendo e ballando.” Alzai le spalle. “Cose normali.”

Annuii. “Hai visto Johnson Parker in giro?”

“Nah. Come ho detto agli altri ragazzi, ero con i miei amici. Non mi sono disturbato di cercare altre persone.”



“A che ora te ne sei andato?”

“All’una.”



“Te ne sei andato con qualcuno?”

“Sì, con una ragazza di nome Carly.”

“E cosa avete fatto?”

Feci un mezzo sorriso. “Vuoi davvero saperlo?”

Mi fissò facendo capire che era serio, non stava scherzando. 

Distolsi lo sguardo, un sorriso divertito sulle mie labbra. “Diciamo che non è riuscita a smettere di urlare il mio nome per tutta la notte.”

Alec pensò a tutto quello che avevo detto prima di lasciarmi da solo nella stanza senza aggiungere parola.

Rimasi seduto guardandomi intorno sapendo che molto probabilmente erano dall’altra parte a spiarmi, cercando di trovare qualcosa di sospettoso in me.

Passarono dei minuti prima che la porta di aprì di nuovo facendo entrare l’agente pelato di stamani. “Sei libero.”

Sorrisi. “E’ stato un piacere fare affari con voi, ragazzi.”
Non si mosse di un centimetro. Fece solamente un passo di lato per poi fissarmi camminare lungo l’uscita.

“Non riesco a crederci che non abbiamo ancora trovato niente contro questo ragazzino. Era la nostra opportunità.” Mormorò uno degli agenti. 

“Devo riconoscerlo, il ragazzo sa cosa sta facendo.” Rispose Alec con un sussurro per poi sospirare incazzato di non aver trovato ciò che voleva. 

Misi le mani nella tasca del giacchetto di pelle aprendo la porta della centrale. Il vento mi puncchiò il viso in modo violento. 



In questo momento, però, non me ne fregava un cazzo.

Tutto ciò che volevo era andare a trovare la ma ragazza e stringerla fra le mie braccia.

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