Capitolo 2

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FLAVIO

Manca un'ora al volo e sono in trepidazione. Giuditta, la mia fidanzata, è l'ombra di se stessa. È tesa e ha gli occhi coperti da un velo trasparente che sono il presagio di lacrime. E io detesto vedere Giuditta in lacrime. Afferro il cellulare dalla tasca dei jeans con la speranza di strapparle un sorriso scattandole una foto.

«Giù, puoi cercare di sorridere almeno una volta. Una sola.»

La vedo girare la testa di lato e coprirsi il volto con la mano e, conoscendola, sono certo che sta per mandarmi al diavolo.

«Smettila. Non sei divertente» mi rimprovera mettendo il broncio.

Mi sembra così fragile la mia Giù, oggi. Mi sembra che non riesca proprio ad accettare questa lontananza. Lungo il tragitto in auto fino all'aeroporto non ha fatto che ripetermi: «Milletrecentocinque chilometri, Flavio. Ci divideranno milletrecentocinque chilometri.»

Le afferro un braccio e la stringo a me. Lei ricambia l'abbraccio con una stretta che sembra volermi dire "non andartene, ripensaci". Ma io non posso proprio ripensarci, è una proposta troppo allettante quella che mi è stata fatta. Hanno finanziato il mio programma di ricerca di genetica molecolare e io ho firmato un contratto della durata di un anno con la Kingstone University.

Giuditta è una specializzanda all'ultimo anno di genetica medica, eppure non riesce a capire. Non riesce a comprendere quanto io possa tenere alla prospettiva di un progetto tanto gratificante.

«Cercherò di tornare spesso, così non avvertirai per niente la mia mancanza» le sussurro all'orecchio.

Lei tira su con il naso, poi mormora: «Non ti mancherò neanche un po'...» Si allunga sulla punta dei piedi e mi bacia.

Fino a qualche settimana fa non mi ero minimamente accorto di quanto Giuditta dipendesse da me e dalla mia presenza. Ha sempre ostentato una sicurezza fuori dal comune, una caparbietà che, a volte, mi ha fatto paura. Ma Giù, la mia Giù, è fragile dentro. Almeno quanto me.

Le prendo il viso tra le mani «Mi mancherai molto più di quanto io mancherò a te» le ripeto.

La vedo spegnersi, come una candela che è arrivata alla fine, che ha consumato tutta la cera disponibile. Sono certo che è solo un momento, ci si abitua alla lontananza come ci si abitua a qualsiasi altra cosa.

«Promettimi di comportarti bene e non fare cazzate...»

Giuditta abbozza un sorriso ma dal suo visetto, ancora troppo acerbo per sembrare quello di una donna di quasi trentatré anni, esce fuori una smorfia strana. Le solletico le labbra con la punta della lingua e lei mi morde, quasi a volersi vendicare del dolore che le sto causando con questo distacco. Ci baciamo nel bel mezzo dell'aeroporto come due novelli fidanzatini, qualche passante resta a guardarci, forse intenerito da una scena tanto romantica.

«Giù, amore, devo andare» bisbiglio ancora attaccato alle sue labbra carnose.

Ridammi indietro il cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora