Capitolo 4

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FLAVIO

Nottata insonne. La mente non ha fatto altro che pensare alle responsabilità che mi attendono, eppure faccio il ricercatore da anni. Ora, però, mi sembra di avere in mano molto più che il compito di dirigere un progetto; avrò il mio team, avrò il mio laboratorio, avrò tutto ciò che non pensavo di poter mai avere. E questa cosa è dannatamente eccitante e ansiogena allo stesso tempo.

Scruto attentamente ogni angolo del viso, ho un difetto io, chiamato perfezionismo. Ho raso la barba in maniera accurata e ora il mio dito ridisegna con minuzia la piega marcata della mandibola, ispezionando al tatto eventuali zone sfuggite al rasoio. Sistemo il colletto della camicia e il telefono squilla proprio quando sono lì per incastrare l'ultimo bottone nell'asola.

È Giuditta.

«Ehi, buongiorno» rispondo piegando la testa e bloccando il telefono tra la guancia e la spalla.

«Amore, che fai?» chiede lei con un tono forzatamente squillante.

Afferro l'orologio buttato sul comodino. «È tardissimo Giù!»

«Questo è l'unico buongiorno che riesci a darmi?» ribatte lei infastidita.

D'accordo, ho sbagliato. Avrei dovuto risponderle con un "Buongiorno amore, dormito bene?"

«Giù, tesoro, hai ragione però sono in ritardo. Ti dispiace se ti richiamo dopo?» Mi sta odiando, ne sono certo. Probabilmente sta provando l'insano desiderio di uccidermi.

«Ok. Ciao» pronuncia affranta.

«Ti am...» faccio per risponderle, ma lei ha già attaccato.

Sistemo i capelli, e resto a fissare il mio riflesso sullo specchio leggermente appannato dai vapori del bagno. Ho quasi quarant'anni e il viso di uno che se li porta piuttosto bene, ho un lavoro gratificante, una carriera che spero decollerà in questo anno di dottorato e una fidanzata che mi ama.

Io, Flavio Solina, fino a cinque anni fa non avrei mai creduto di poter amare di nuovo. Poi è arrivata Giuditta, o Giù, come la chiamo io, e ha scombinato i miei piani, le mie priorità, il senso stesso della mia esistenza.

Le strade di Londra pullulano di energia, sbaglio strada due volte prima di imboccare la direzione giusta e raggiungere il campus biomedico che dista pochi isolati dal quartiere che ospita gli alloggi universitari. Il cielo plumbeo è stata una triste scoperta questa mattina, e benché io sia abituato a Milano e al grigiore che si respira nelle giornate nuvolose, ammetto di aver desiderato il sole. Seguo con attenzione le frecce che smistano i vari dipartimenti, attraverso giardini verdeggianti e ben curati, ripetendomi che tutto andrà bene, quello di oggi sarà solamente un incontro formale, di quelli che servono per capire chi avrò di fronte.

Ho passato tutta la serata di ieri a leggere i curriculum dei dottori che mi affiancheranno, memorizzandone i volti, i nomi, le caratteristiche, i master universitari effettuati e le peculiarità di ognuno.

Ridammi indietro il cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora