Capitolo 29

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FLAVIO


È un istinto irresistibile abbandonarmi alle sue labbra. Sento fremere nella pancia un desiderio ingovernabile. Non ha nulla a che vedere con la voglia di soddisfare un mero impulso fisico, è qualcosa di più profondo, inaspettatamente bello e sconvolgente. Mi piace a tal punto che, dopo una breve pausa, ricomincio a perdermi di nuovo nella bocca di Chloe. Provo il desiderio di toccarla, sfiorare con le dita il profilo del suo corpo, scendere dalle spalle verso il basso, raggiungere le sue mani e intrecciarle alle mie per farle capire che quella intima e conturbante esplorazione non è solamente un incidente di percorso.

Sto cercando di riempire un vuoto dentro di me, oppure Chloe è davvero in grado di farmi provare tutta una serie di sensazioni ormai abbandonate nel dimenticatoio della mia anima?

Non so dare una risposta alle domande che mi si accavallano in testa, così abbandono la febbricitante necessità di capire e mi limito a vivere. Semplicemente vivere ciò che mi sta capitando.


***

Dopo quella sera al luna park, inizio a brancolare nella confusione mentale più assoluta, quando sono al lavoro la mia attenzione si focalizza esclusivamente sui miei doveri professionali e riesco ad affrontare le incombenze giornaliere con una serenità che rimpiango da mesi. Le mie serate a casa, tuttavia, sono intrise di pensieri nei quali brancolo, più o meno, come farebbe un cieco abbandonato in mezzo alla strada senza bastone e senza cane guida.

Percepisco il ricordo di Giuditta ancora più vivido certe volte, ma mi sento anestetizzato, come se guardassi il passato da spettatore; il distacco comincia a palesarsi con evidenza ma la sensazione che accompagna le mie elucubrazioni è sempre qualcosa in sospeso tra il nostalgico e il doloroso.

Chloe mi attrae, e non poco. Quando vado a trovarla, so che non saremo in grado di resisterci. Lei mi seduce con il solo sguardo, senza battute, senza toccarmi. Io rispondo alla sua silente provocazione portandola fuori a cena o al cinema.

Un giorno mi propone di andare al Kyoto Garden, un angolo di paradiso nel cuore di Holland Park. Passeggiamo nel giardino "made in Japan", circondati da una scenografia totalmente nipponica, immersi in una vegetazione che invoglia al raccoglimento. Non ho mai sentito parlare di questo posto e, a essere sincero, ne rimango impressionato.

Chloe si siede sul ponticello che attraversa un laghetto, assume la posa di una veterana dello yoga e resta con gli occhi chiusi a contemplare i suoi pensieri. Io, al contrario, me ne sto in piedi a guardarmi intorno, incuriosito dalle Carpe Koi che nuotano nello specchio d'acqua sotto di noi. D'un tratto vedo Chloe spalancare lo sguardo e alzare la testa.

«Non mediti?» mi chiede.

«Io? Di solito lo faccio a casa nei cinque minuti che precedono il sonno» gli rispondo con un vago sentore di scherno.

«Effettivamente non hai l'animo dell'asceta...»

«Perché, tu ce l'hai?»

Lei ride, ride di cuore, mostrandomi la sua dentatura perfetta.

«Certo che sì» pronuncia ostentando un tono che faccio fatica a interpretare. Insomma, mi è difficile immaginare Chloe alle prese con la meditazione, anche se, riflettendoci un attimo in più, la sua singolare personalità non mi permette di escludere a priori questa possibilità.

«Mi aiuterai a fare il trasloco?» Si mette in piedi con calma e passa le mani dietro al jeans per pulirlo.

«Sicura di essere pronta?»

«Che c'è, Lady Mary Anne ha circuito anche te?» reclama contrariata alzando un sopracciglio.

«Tua madre è semplicemente preoccupata...»

«Ah, Flavio, tu non la conosci» continua iniziando a incamminarsi in direzione dell'uscita.

Allungo il passo e la raggiungo, d'istinto le prendo la mano e con l'altra accarezzo il suo bel faccino da schiaffi, costringendola così a fermarsi.

«Certo che ti aiuto...»


***

Siamo a fine novembre quando Chloe mi chiama, un sabato pomeriggio.

«Flavio, domani prenoto la tua presenza per l'intera giornata!»

«Trasloco?»

«Be', trasloco è un parolone! Non sarà così complicato, vedrai.»

La mattina seguente sono nella villa dei McLean a caricare i bagagli sulla jeep di Matt, il quale ha deliberatamente dato forfait alla richiesta di aiuto della sorella.

«Matt è feticista del rapporto madre-figlio» mi dice Chloe una volta arrivati a casa.

«Che vuoi dire?»

«Che i maschi provano un'innata adorazione verso la propria madre, le femmine, al contrario, sono spontaneamente più cazzute!»

«Non generalizzerei molto, fossi in te...»

Lei alza lo sguardo e mi fissa perplessa mentre è impegnata ad aprire la cerniera del trolley.

«Vuoi dirmi che tu saresti in grado di contraddire il volere della mamma?»

Sospiro e mi siedo per terra a gambe incrociate.

«Decisamente.»

«Concedimi il beneficio del dubbio, dottore.» Detto ciò si alza per andare a prendere due bottiglie di birra e un sacchetto di patatine.


***

Le settimane successive sono per me un via vai di congressi e riunioni e spesso mi ritrovo a cenare a casa di Chloe senza che lei mi abbia invitato. Comincio a pormi qualche domanda scomoda, non è normale che in così poco tempo il nostro rapporto si sia tanto evoluto. C'è poi un aspetto che mi intriga più degli altri: per qualche strano fenomeno, Chloe non si è ancora concessa a me completamente, nonostante gli incontri tra noi si facciano, ogni volta, sempre più difficili da gestire. Sul più bello, proprio quando gli impulsi prevaricano il raziocinio, qualcosa mi impedisce di andare fino in fondo. Chloe, dal canto suo, non mostra segni di sofferenza, anzi, si comporta come se nulla fosse, il che non fa che incrementare le mie perplessità.


***

Mancano dieci giorni a Natale, il biglietto aereo per l'Italia lo stringo tra le mani, mentre continuo a ripetermi come un mantra "devo darci un taglio". Mi sento una specie di psicopatico sull'orlo di una crisi di nervi, voglio Chloe ma ho paura. Rinnego Giuditta ma, a volte, il mio pensiero torna a lei senza una ragione apparente. Sto manifestando i primi segni di bipolarità, non c'è altra spiegazione.

Il mistero sembra infittirsi ogni volta che cerco di scacciare il ricordo della mia ex con quello della dottoressa McLean e una sensazione di disorientamento mi costringe a riflettere sul fatto che i conti non tornano. In me c'è in atto una guerra tra quello che ero e quello che sto diventando e non riesco a venirne fuori.

«Ehi, a cosa pensi?» mi chiede di punto in bianco Chloe.

Alzo la testa e sorrido, ma ne esce fuori una smorfia poco convincente. «Nulla...» dico, poi ripongo il biglietto dentro la borsa del pc portatile.

Chloe se ne sta sdraiata sul letto, le gambe poggiate sul muro e la girandola vinta al luna park in mano, ci soffia sopra e quella gira piano.

«Cosa ti ha fatto per trasformarti così?» mi chiede di punto in bianco.

Resto allibito, con la bocca semiaperta e la consapevolezza di essere stato colpito nel mio punto debole in maniera del tutto inaspettata.

«Cosa?» domando. Ma l'incertezza nella mia voce mi tradisce. È chiaro che io abbia capito il senso della domanda di Chloe, ma ho bisogno di guadagnare tempo per sviare il discorso.

Di una cosa sono sicuro, non ne parlerò con lei. Non stasera, almeno.


Ridammi indietro il cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora