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- Ahi! -

- C-che diavolo stai facendo?! -

- Ecco... Mi stavo solo dando un pizzicotto per cercare di svegliarmi... - Rispose Haisha allontanando lentamente la mano dal braccio, ora leggermente arrossato.

- Questo non è un sogno. - Sbuffò però l'altro assottigliando lo sguardo.

- Ma sì che lo è... Insomma, tu dovresti essere morto. - Ribattè il moro roteando gli occhi.

- Buffo che tu lo dica. - Rise leggermente l'altro.

- Perché è buffo? -

- Bè, perché anche tu sei morto, no? - Rispose con una scrollata di spalle, come se nulla fosse. - Lo sei tanto quanto me, quanto gli altri ragazzi dell'orfanotrofio, quanto questi qui distesi per terra, quando quel tipetto odioso che era qui fino a poco fa e che ora si è dileguato. -

- Non... Non è vero... - Ribattè Haisha, ma il suo tono di voce suonava incerto perfino alle sue stesse orecchie.

- Quella tipa... - Riprese l'altro. - Un attimo, com'è che si chiamava? Haru... Karu... -

- Koharu? - Suggerì il moro chiedendosi cosa c'entrasse adesso quella ragazza.

- Sì, lei. -  Annuì il ragazzo. - Quella tipa era convinta che tu saresti riuscito a ricordare tutto anche senza il mio intervento, ma a quanto pare neanche vedendomi ti sono tornati i ricordi. -

- Ricordi di cosa? -

- I ricordi della tua morte, no? -

Quindi, prima che Haisha se ne rendesse conto, l'altro gli fu davanti e, con un movimento rapido e calcolato, infilò il coltello che aveva tra le mani nel suo petto, fino all'impugnatura.

- Davvero ancora non ricordi? E pensare che quel giorno ti ho ucciso nello stesso identico modo. Bè, anche se a dirla tutta saresti morto comunque a causa delle fiamme. Ricordi? Quella sera sei entrato in mensa, anche se tecnicamente saresti dovuto rimanere in camera visto quello che mi avevi combinato al naso... Poi, mentre noi eravamo distratti a mangiare, hai chiuso a chiave la porta, quindi hai gettato la chiave fuori, facendola passare da sotto la fessura. Dopo ti sei avvicinato alla finestra e in mano avevi una candela accesa, probabilmente l'avevi presa da uno degli altri tavoli o forse te l'eri proprio portata dietro, non lo so. Fatto sta che hai dato fuoco a una tenda e prima che noi ci potessimo rendere conto di cosa stava succedendo, era iniziato il finimondo. Tutti che urlavano, correvano, ma tu avevi pensato a tutto: la porta era chiusa e le finestre, dopo tutti quegli incidenti nei quali le avevamo rotte per errore, erano fatte ora di un materiale troppo resistente da poter essere abbattuto da dei semplici pugni. E mentre tutti si disperavano, sai cosa stavi facendo tu? Eri al centro della sala, che sorridevi, pur sapendo che ciò che avevi fatto avrebbe portato alla tua morte tanto quanto alla nostra. Neanche immagini che rabbia mi sia venuta a vedere quell'espressione, così alla fine sono stato io con un insulso coltellino da cucina ad ucciderti...
Che dire? Sei morto proprio come un perdente. -

Il moro strabuzzò gli occhi incredulo e cadde a terra in ginocchio con un singulto strozzato.
Quel freddo... Sì, ora gli sembrava di ricordare quel freddo.
Quella sensazione di gelo tra le ossa nata nell'istante in cui era stato trafitto dal coltello, il panico e al tempo stesso il sollievo...
Sollievo al pensiero che finalmente tutto sarebbe finito...

- Ehi, guarda che non stai mica morendo, idiota. - Sbuffò il ragazzo dandogli un piccolo calcio sulla coscia, come per riscuoterlo da quello stato di trance nel quale era appena caduto. - In fondo sei già morto, no? Guardati il petto. -

Il moro riaprì lentamente gli occhi all'udire quelle parole e dalle sue labbra sfuggì un secondo gemito di dolore nell'istante in cui il coltello gli venne malamente strappato via dal petto.
Quasi non credette ai suoi occhi nel rendersi conto che la lama era perfettamente pulita, come se non fosse successo nulla. Quindi fece come gli era stato detto e, con un po' di esitazione, abbassò lo sguardo sul suo petto.
Ovviamente i vestiti erano strappati nel punto in cui il coltello lo aveva trafitto, ma non c'era neanche una goccia di sangue.
Neanche un livido, un graffio o una cicatrice, niente di niente.
A parte il dolore, non era rimasta praticamente nessuna traccia del fatto che quel coltello lo avesse davvero appena ferito.

- Capisci adesso? - Disse quindi l'altro prima di gettare via l'arma e abbassarsi sui talloni, così da stare all'altezza del moro. - Hai capito dove ci troviamo? -

- A-all'inferno? - Mormorò il ragazzo con un filo di voce.

All'udire quella risposta, però, l'altro scoppiò a ridere, alzando il viso al cielo e addirittura arrivando a sbilanciarsi, ritrovandosi così seduto su quel freddo pavimento sporco di sangue.

- Oh no, non esiste nulla del genere. - Disse scuotendo il capo. - Sai che fine fanno le anime dopo la morte? ...Spariscono. - Concluse, ghignando leggermente nel vedere lo sguardo sempre più confuso e spaventato dell'altro.

- Ma... Ma allora noi cosa siamo? - Mormorò Haisha.

- Non mi hai lasciato finire. - Ribattè l'altro rialzandosi in piedi. - Solo le anime "cattive" scompaiono. - Disse, marcando molto sulla parola "cattive", come a sottolineare quando quel termine fosse insensato. - Quelle "buone" invece finiscono in un nuovo corpo, ma senza conservare i ricordi delle loro vite precedenti. In pratica possiamo dire che si reincarnano. -

- Ma io ora... -

- Ricordi? - Concluse l'altro al suo posto. - E lo credo bene, in fondo non ti sei reincarnato. Oh, ora che me ne rendo conto non ho ancora risposto alla domanda di poco fa. Che posto è questo? Bè, alcuni lo chiamano il "luogo di transizione", ma a me piace chiamarlo il "teatrino". -

- Che significa? - Chiese Haisha in poco più di un sussurro.

- Bè, deve pur esserci qualcuno che decida dove debbano finire queste anime, non credi?
I primi a venire designati per questo incarico furono scelti a caso, ora invece solo loro stessi a decidere chi debbano essere i nuovi "collaboratori".
Sai, ogni persona, fin dalla sua nascita, viene costantemente tenuta sott'occhio da queste anime, proprio al fine di rendere il "giudizio finale" il più automatico e rapido possibile.
Solo che esistono delle eccezioni.
Si tratta di anime che per tutta la vita sono state "cattive", ma poi, proprio un istante prima di morire, sono riuscite a riscattarsi.
Oppure anime che per tutta la vita sono state considerate da questi giudici "buone", ma poi all'ultimo momento hanno fatto qualcosa di imperdonabile.
Per queste anime il "passaggio" non è tanto facile, dato che i giudici non hanno idea di dove mandarle, così si è deciso di inventare questo "luogo di transizione".
In pratica in questo momento ci troviamo nel teatrino di Koharu. Tutto ciò che hai visto nelle ultime settimane è falso.
Assolutissimamente falso.
Ciò che ti è capitato, le persone che hai incontrato, le conversazioni che avete avuto, tutto era stato programmato in anticipo fin nei minimi dettagli con l'unico scopo di farti arrivare al limite e fargli capire a quale gruppo tu appartenessi.
Perfino il fatto che sia proprio io a starti raccontando queste cose e non uno dei tuoi "amici" ne è una prova, non credi? -

A quel punto, però, Haisha non disse più nulla.
Semplicemente qualcosa gli impediva di parlare, o meglio, non aveva proprio le forze di emettere alcun tipo di suono.
Lo sguardo vacuo, diretto verso un punto indefinito della sala e le braccia inermi lungo i fianchi, quasi avesse perso conoscenza ad occhi aperti.

Tutto falso...
Tutto assolutissimamente falso...

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