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I raggi del sole si infiltrarono lentamente tra le spesse tende ocra, finendo poi col posarsi sulle palpebre del moro.

Haisha mugugnò qualcosa rigirandosi sotto le coperte, per poi stropicciarsi gli occhi e sbadigliare sonoramente.

Rimase sdraiato sul materasso ad osservare il soffitto per diverso tempo prima di decidersi finalmente ad alzarsi in piedi.

L'orologio posto sul comodino segnava le nove del mattino.

Solo fino a tre giorni prima si sarebbe ritrovato in un mare di guai se si fosse azzardato ad alzarsi a quell'ora, ma ormai che senso avrebbe avuto continuare a seguire la solita routine?

Quindi, mettendoci tutta la calma del mondo, il ragazzo alzò le braccia al cielo, sgranchendosi le ossa e sbadigliando nuovamente.
Poi si mise finalmente in piedi, dirigendosi verso il piano inferiore.

Ormai era da tre giorni che non faceva nulla:
Si alzava.
Faceva colazione.
Girovagava per l'orfanotrofio senza avere una meta precisa.
Pranzava.
Riprendeva a girovagare.
Cenava.
Andava a letto.

Bisognava dire, però, che girovagare non era poi così noioso come poteva sembrare.
C'era molto da vedere, quella struttura era davvero immensa.
E poi, ora che lì dentro non c'era più nessuno (o almeno nessuno di vivo), poteva benissimo andare in tutte le stanze, anche in quelle dove prima gli era proibito entrare.

Ma comunque sapeva che non avrebbe potuto continuare così in eterno.
Innanzitutto c'era il problema del cibo, che sarebbe finito o marcito a breve, dato che non c'era più nessuno che poteva andare a fare la spesa.
E poi sapeva che, prima o poi, sarebbe venuto qualcuno per controllare cosa fosse accaduto, ad esempio la donna che gestiva quella piccola scuola in fondo alla strada.

Ad ogni modo aveva intenzione di rimanere lì il più a lungo possibile.
Non perché fosse particolarmente legato a quel posto, dato che, a dirla tutta, lo odiava proprio, ma semplicemente perché non avrebbe saputo da che altra parte andare.

Proprio a questo stava pensando quando aprì la porta della mensa.

Ormai quell'odore di sangue e corpi in putrefazione non lo disturbava più, poteva dire di averci fatto l'abitudine.
E neanche quella vista gli dava fastidio. Al contrario a volte gli capitava che, alla vista di tutti quei cadaveri, si ritrovasse a ridere.
Sì, proprio ridere.
Ridere a crepapelle, con le lacrime agli occhi, così forte da piegarsi in due.
Come mai aveva fatto prima in tutta la sua vita.

- Sei inquietante. - Dichiarò all'improvviso una voce alle sue spalle.

Haisha sussultò e si zittì di colpo all'udire quella voce sconosciuta.
Neanche si era accorto di essere scoppiato nuovamente a ridere, ma, soprattutto, neanche si era accorto che fosse arrivato qualcuno.

E di chi si trattava, poi?
Non gli sembrava di aver mai udito prima quella voce.

- A me piace sentire la gente ridere, ma tu mi fai paura. - Dichiarò poi quella stessa voce. - Sembri parecchio isterico. -

A quel punto il moro si decise e, con il cuore in gola, lentamente voltò il capo verso il nuovo arrivato.
Aveva il terrore che questa persona, chiunque fosse, potesse fraintendere la situazione e credere che le avesse uccise lui tutte quelle persone, per poi avvisare la polizia e farlo chiudere a vita in gattabuia.

Quando lo ebbe finalmente davanti, però, si ritrovò a strabuzzare gli occhi incredulo nel rendersi conto di due cose.
Primo: si trattava solo di un bambino, non dimostrava più di nove o dieci anni. Era decisamente troppo piccolo per poter anche solo pensare di andare a denunciarlo alla polizia.
E secondo: teneva tra le braccia varie cose, come frutta, pane, formaggio, pacchi di biscotti e altre cibarie varie.
La cosa che sorprese Haisha, però, fu il rendersi conto che tutto quel cibo venisse proprio da lì.
Non aveva alcun dubbio al riguardo dato che solo il giorno prima aveva fatto un inventario di tutto ciò che c'era in cucina.

Loser //Yaoi//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora