2. Primo di molti.

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Il primino ha guardato il ragazzo che l'aveva salvato con gratitudine: non era messo affatto bene, tutto in disordine, con la divisa sudicia, il viso mezzo martoriato e il fiato ancora corto, fattore che comunque non ha dissuaso nessuno dei due dal fare un poco di conversazione.
«Non credo che un "grazie" possa bastare»
«Io lo credo eccome, invece».
Di nuovo quel sorriso; ma più sincero, ancor più luminoso, e sottolineato da un lampo nei suoi splendidi occhi neri. Il ragazzino non ha potuto non ricambiarlo, e anche il tono con cui ha scelto di continuare il dialogo è cambiato completamente rispetto a qualsiasi altro colloquio avesse probabilmente mai tenuto.
«Il mio nome è Mycroft Holmes».
La mano potente che ha stretto la sua gli ha infuso una forza che non pensava che l'altro potesse avere, dopo lo sforzo che aveva appena compiuto.
«Il mio è Greg Lestrade. Ed è un piacere averti conosciuto».
Il leggero inchino che ha accompagnato le sue parole lo ha fatto ridacchiare, anche se non sembrava avere davvero alcun motivo per farlo.
«Grazie di cuore, Greg».

Beep, beep!
Lo sguardo di metà delle persone ancora là si sono voltate verso la familiare con quel clacson così squillante. La guance di Mycroft si sono accese di un rosso fuoco.
«Quello è il mio ritardatario padre» ha mormorato, rivolto al suo salvatore, che ha riso al vedere quanto il ragazzo fosse imbarazzato dalla situazione. Gli ha dato una pacca sulla spalla.
«Allora ci vediamo domani, ragazzo».
«Do-domani?»
«Certamente».
Mycroft ha guardato il suo nuovo amico allontanarsi di qualche passo zoppicando e si è voltato verso la macchina. Poi però è tornato a guardare Greg, e gli è corso dietro.
«Come hai intenzione di andare in bici, conciato come sei?!»
«Sto bene, beh, grazie». Sul volto del più piccolo si è dipinta un'espressione di sorpresa totalmente involontaria, che ha lasciato il posto dopo solo pochi attimi a una smorfia indefinibile.
«Ma a chi la vuoi dare a bere?»
Hanno riso entrambi, e poi Mycroft si è avvicinato alla bicicletta per raccoglierla.
«Ma dico sul serio, posso tornare tranquillamente a casa da solo, non... Ehi!»
L'esclamazione che gli è esplosa quando ha visto il ragazzino allontanarsi portando a mano la sua bici senza neanche ascoltarlo non è servita a raggiungere nemmeno il minimo risultato; così Greg ha scelto di smetterla di perder tempo, ha raccolto il suo zaino e si è sbrigato a tenergli dietro.

«Myke, ma che hai combinato? E chi è lui?»
Il motivo del ritardo di suo padre doveva essere qualcosa di molto simile a una coda per incidente, e aver dovuto già attendere per tutto quel tempo sembrava averlo reso nervoso; scuotendo leggermente la testa Mycroft si è sbrigato a infilare in qualche modo la bicicletta nel bagagliaio scrutato insistentemente dallo specchietto, dopodiché senza osare immaginare le parole che sarebbero uscite dalle labbra del padre preoccupato, ha aperto sia la sua portiera che quella dietro, ed è andato a sedersi sul sedile del passeggero.
«Il mio nome è Mycroft, se per caso te lo fossi dimenticato» ha aspramente detto il ragazzo, sottolineando l'ultima parola e prendendo un respiro prima di continuare a parlare. «Papà, ho potuto constatare in modo pressoché definitivo di non essere in grado di difendermi da solo da attacchi di tipo fisico».
Il signor Holmes lo ha guardato in silenzio per qualche attimo; giusto il tempo che Greg li raggiungesse ed entrasse goffamente dalla portiera lasciata spalancata appositamente per quello.
«'Pomeriggio, ehm, salve, io sono Greg...» Uno, due colpi di tosse.
«Diminutivo di?»
Lo sguardo del padre di Mycroft si è spostato dal contagiri dell'auto appena riaccesa allo specchietto, e là si è concentrato anche quello del confuso ragazzo, già intento a grattarsi la nuca come faceva sempre quando non era sicuro di cosa fare o dire.
«Di Gregson, di Gregor...?»
«Beh, Gregory Lestrade, terzo anno, sezione D». Entrambi gli Holmes hanno sorriso per la fierezza con cui il ragazzo si è ri-presentato. «Avete un fazzoletto o qualcosa che lo ricordi vagamente?» ha chiesto quasi coraggiosamente il nuovo arrivato, arrossendo un poco per l'imbarazzo.
«Tieni. Hm, Gregory?»
Mentre già si tamponava una ferita veramente dolorosa sul volto, lo studente del terzo anno ha mugugnato qualcosa di simile a un "Sì?"; e prima di fargli la proposta che aveva in mente, Mycroft ha rivolto uno sguardo al padre, che ha capito al volo e annuito leggermente, sorridendo.
«Mio padre è speciale a sistemare le ferite... Posso invitarti a farti sistemare un po' da noi?»
«Mia moglie ha anche appena cucinato un po' troppo crumble» ha aggiunto il signor Holmes ridacchiando. Suo figlio ha borbottato qualcosa tra i denti, ma l'ennesimo colpo di tosse di Gregory ha sovrastato qualsiasi rumore.
«Wow, accetto volentieri il vostro invito! Grazie davvero!»
«Nessun problema» hanno risposto i due all'unisono, appena prima che (finalmente) la macchina partisse.

°•°•°

«C'è nessuno?» ha urlato il padre, dopo aver spalancato il portone d'ingresso di casa. Un rumore di passi concitati ha preceduto l'apparizione di un bambino tanto grazioso quanto vivace, che ancor prima di salutare il padre ha guardato dietro le sue spalle per cercare suo fratello.
«Ciao papà!»
L'uomo ha preso in braccio il suo terzogenito per lasciargli un rumoroso bacio sulla guancia.
«Ci hai messo quasi un secolo! Ma che cos'è successo?»
«C'era traffico... E poi-»
Il bambino è corso via senza nemmeno ascoltarlo, appena i suoi piedini hanno toccato di nuovo la terra: la figura alta di suo fratello si vedeva subito, quando saliva le scale; e stavolta sembrava non essere solo. In effetti, arrivato quasi davanti all'ultimo gradino, il piccolo prodigio ha potuto constatare che Mycroft stava praticamente portando su di peso un altro ragazzo, che lui non aveva mai visto prima.
Dopo mille sforzi, i due sono giunti in cima alla rampa.
«Ciao, Myc»
«Buon pomeriggio, fratellino». Cercando di non mostrare troppo il suo fiato corto, il primogenito degli Holmes ha scompigliato i capelli al bambino riccio.
«Il mio nome è Sherlock!» si è presentato quello, appena ha potuto, rivolto all'estraneo.
«Puoi chiamarmi Greg» ha risposto cordialmente lui.
«Sei l'amico di Mycroft?»
«Un amico, sì».
Le gote dell'interessato si sono tinte di un rosso leggero.
«Praticamente il mio primo amico».
Il suo sguardo si è abbassato a terra, ma la mano che s'è appoggiata sulla sua spalla ha fatto subito sì che i suoi occhi azzurri incontrassero quelli neri di Gregory.
«Primo di molti» ha detto quest'ultimo abbastanza enigmaticamente, iniziando a seguire il bambino che nel frattempo aveva trovato più utile correre verso casa che restare là ad ascoltarli.
Erano quasi giunti all'ingresso, comunque, che il volto dell'ultima abitante della casa che rimaneva da conoscere ha fatto capolino da uno stipite, seguita da un corpo quasi completamente nascosto da un enorme grembiule. La donna è corsa loro incontro, con un viso talmente angosciato da far praticamente spaventare anche loro al semplice vederla.
«Ragazzi! Come siete conciati!!»
«Calma, mamma... Adesso vi raccontiamo tutto, ma prima sarei davvero lieto di poter ricambiare il grande favore che mi ha fatto Gregory...»
«Greg, chiamatemi Greg»
La madre di Mycroft ha sorriso, un poco rincuorata: quei due parevano messi peggio di quanto non fossero in verità.
«Mycroft odia i soprannomi... Ma se lo preferisci ti chiamerò così, Greg. Dammi lo zaino - uff, ma quanto pesa?! - e sbrigatevi andare da papà, che avete bisogno di una bella sistemata!»
Dopo uno sguardo d'intesa, i due si sono incamminati verso l'uscio, con uno che si trovava a dover fare totale affidamento all'altro per avanzare senza cadere, ma entrambi ugualmente doloranti e sporchi fino alla punta dell'ultimo capello.

Orfano e ateo || Mystrade ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora