29. Molto più che un baule.

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Se per il detective ispettore Lestrade quel dicembre è stato uno dei mesi più lunghi di sempre, al governo inglese al contrario la convergenza di mille impegni e problemi ha reso gli ultimi 30 giorni dell'anno solare, come sempre, rapidi e devastanti. Finalmente erano terminati anche quelli, però, e in quel momento era a casa in ferie, a dormicchiare anche se si era fatto decisamente tardi. Non era mai stato a letto così tanto, ma purtroppo si era preso un'influenza che era stata in grado di metterlo KO - accidenti, prima della dieta non aveva mai avuto questo tipo di problemi, mentre ora si ammalava quasi "facilmente".
Ed odiava essere malato.
Senza muoversi che di pochi millimetri ha afferrato un fazzoletto dal box sul comodino, e ci si è soffiato rumorosamente il naso; appena ne avesse avuta la forza e soprattutto la voglia si sarebbe alzato, e come prima cosa avrebbe messo a bollire l'acqua del té.
Ha chiuso gli occhi, che la scarsissima luce che trapassava il legno delle persiane era perfettamente in grado di ferirgli, e ha cercato di pensare a qualcos'altro che al fastidio che poteva avvertire in tutto il corpo.
Ha pensato ad Anthea alla quale aveva concesso più vacanze del necessario in quanto iniziava a non andargli più giù; ha pensato alla signora Smallwood, che sembrava sempre più interessata alla sua situazione sentimentale; ha pensato a Sherlock e al suo John, la prima persona che davvero si fosse mai preoccupata di stare vicino a quel ragazzo problematico; ha pensato a Chris, impegnandosi a non revocare anche il ricordo del resto della banda ai bei tempi; e non è riuscito ad impedirsi di richiamare alla memoria Gregory Lestrade. C'era molto più che un baule riservato a lui, nel suo palazzo mentale - c'era qualcosa delle dimensioni di un salotto occupato da infinite librerie piene di tomi, e non c'erano da dimenticare anche tutti i collegamenti con quel repertorio che si estendevano a tutte le aree del sistema.
Finito quasi contro la sua stessa volontà dentro quella biblioteca, Mycroft ha preso da una mensola un gigantesco librone rilegato in pelle scura: si trattava dell'album di tutte le foto di gruppo in cui appariva anche la sua persona. Le ha sfogliate una ad una, gustando interamente ogni sensazione che i ricordi erano in grado di suscitare in lui; ha cercato di non prestare attenzione solo ad una fotografia, quella che avevano fatto nell'unica compagnia della quale avesse mai fatto parte una volta che si erano trovati al completo in una discoteca diversa dal solito. Gli sembrava assurdo di potere essersi mai unito a delle persone come quelle, eppure tali erano i fatti: Mycroft era addirittura verso il mezzo del gruppo di persone, circondato da visi ancora familiari in smorfie ridicole, e si trovava stretto in particolare a Gregory - il suo migliore amico, a quel tempo - che a sua volta era schiacciato tra lui e Hill.
Dopo aver squadrato Joseph per un poco, il ministro ha voltato pagina e si è sforzato di interessarsi alle fotografie seguenti; solo che la sua mente era ancora ferma là, a quei capelli corti che aveva cercato di non guardare, a quegli occhi scuri che non erano potuti sfuggirgli già dal primo sguardo a tutto il gruppo, a quel sorriso... Si è fermato, immobile, qualche attimo cercando di resistere alla tentazione di tornare indietro. Ogni cosa in Lestrade esercitava su di lui quell'effetto, e se prima aveva imputato la causa di quei sentimenti a determinati aspetti, dopo averlo rivisto dal vivo aveva dovuto ricredersi. Anche se solcata da qualche ruga in più, la sua fronte - che prima non gli aveva suggerito nulla - gli sembrava la più bella fronte che avesse mai visto; i suoi zigomi sembravano fatti apposta per essere accarezzati dalle sue mani, e queste erano solo due delle mille cose, e cioè letteralmente tutte le caratteristiche - fisiche ma, soprattutto, non - del detective che si era trovato ad apprezzare incoscientemente e inaspettatamente esattamente come non aveva potuto evitare di fare trenta anni prima.
Ma purtroppo non tutti i desideri sono fatti per essere esauditi, e questo meno di altri. Anche se, certo, forse uno sguardo a quella foto non avrebbe poi potuto...

Driin, driin! Driin, driin!

Aggrottando le sopracciglia, Mycroft ha aperto gli occhi, determinando l'istantanea e definitiva uscita dal suo palazzo mentale e dalla tentazione di fissare per ore la fotografia là conservata di Gregory da ventenne. Si è girato a fatica verso il telefonino che squillava furiosamente, ferendogli i timpani resi fragili dalla malattia, e ha guardato il nome di chi lo stava chiamando.
«Sherlock?»
«Mycroft, stai bene, almeno tu?»
Ha preso un respiro.
«Sì, assolutamente. Perché, qualcun'altro invece è indisposto?»
Il fratellino sapeva molto bene che quel tono di voce stanco in Mycroft non era assolutamente normale e che per questo quel "Sì, assolutamente" era una bugia bella e buona; ma intuendo che l'aveva fatto per la fretta di scoprire cosa si nascondeva dietro l'"almeno tu" che gli era sfuggito, si è riservato dall'esprimersi.
«Papà» ha pronunciato a bassa voce, evitando i mezzi termini perché sapeva che tanto non avrebbero fatto alcuna differenza. Dall'altro capo della cornetta è calato il silenzio più assoluto; e non sapendo bene spiegarsene il motivo, il ragazzo ha cercato di fare qualcosa di utile spiegando quanto la madre gli aveva comunicato riguardo allo stato attuale del loro genitore malato. Aveva avuto dei problemi al cuore, ma non erano così gravi da non avergli già permesso di tornare a casa dalla moglie.

«Hai intenzione di andare a trovarlo, Sherlock?»
«Certo, fratello. E tu? Andiamo insieme?»
«Non ne ho le forze, al momento. Ho contratto un virus che mi ha portato una febbre che stimo si aggiri sui 39 gradi centigradi, e non vorrei proprio peggiorare»
Pur consapevole che non poteva vederlo in quel'istante, Sherlock ha annuito senza proferire parola. Mycroft doveva stare davvero male per non andare difilato dai loro genitori...
«Lo saluterò da parte tua, in questo caso. Cerca di rimetterti»
«Certo, sì».
Bip, bip, bip, bip...

Il ragazzo riccioluto ha tenuto il telefonino all'orecchio ancora per qualche attimo anche dopo che il segnale di chiamata terminata aveva iniziato a martellargli le tempie.
Da solo a casa, con papà malato... Sarebbe potuto accadere il finimondo, soprattutto perché non sapeva per quanto si sarebbe effettivamente fermato; di certo sarebbe stato lontano dal 221B il meno possibile, ma il punto è che quel "meno" era assai astratto.
Finalmente si è riscosso ed ha alzato le spalle. Non capitava mica spesso di poter aiutare coloro che così a lungo l'avevano protetto; e proprio per questo non poteva permettersi di non andare da loro. Sarebbe partito l'indomani all'alba, come aveva già annunciato a John.

Orfano e ateo || Mystrade ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora