31. Chiunque?!

150 23 7
                                    

«La fine della nostra amicizia, il traguardo delle mie speranze deluse, il termine del tempo che ci è stato dato di poter passare assieme. Non ne chiedo altro, Myc. Sono profondamente soddisfatto di quanto ne ho avuto, e sono sicuro di non meritarne di più.
Sei un ragazzo tanto particolare quanto pieno di pregi, amico mio, e sin dal primo momento ho pensato che tu fossi troppo per me: che la nostra amicizia fosse un miracolo o un sogno; e come tutti i sogni non è potuta durare per sempre.
Sarò stupido, ma ti ho voluto bene e continuerò a farlo che tu risponda o meno a questa missiva; che tu la legga mai o no. Una persona come te non si dimentica, e tutto quello che posso augurarmi perché la mia vita intera abbia un senso, è che tu non dimentichi me.
A presto o a mai più - dipende da entrambi e non dipende da nessuno.
Il sinceramente tuo,
G. Lestrade».

La voce di Mycroft si è incrinata, mentre leggeva la firma del mittente di quella lettera che non aveva mai visto prima, seduto sul letto con le spalle appoggiate al muro e la coperta di lana sulle gambe - era sulla via della guarigione, e forse se soltanto avesse preso dei medicinali sarebbe rinsavito da un bel pezzo; solo che, essendo il solito testone, non aveva assunto nemmeno una tachipirina in tutto quel tempo. Ha alzato lo sguardo verso il fratello.
«La mamma l'aveva nascosta...» ha iniziato a dire, pallido in volto per la malattia unita allo shock di quella scoperta; Sherlock ha annuito con aria grave, senza proferir parola.
«E non l'ha mai tirata fuori...» Soprattutto per il fatto che lo sguardo del malato si è spostato al soffitto, donandogli un'aria totalmente assente, il ragazzo ha intuito che quelle parole erano rivolte più a sé stesso che a lui, unico ospite in quella casa enorme, silenziosa e deserta.
Abbassando la testa, quindi, non ha opposto resistenza al corso che i suoi pensieri avevano scelto di seguire autonomamente: e come capitava spesso, ormai, la sua mente ha scavato tra le mille impressioni per andare a collegarsi con qualcosa che c'entrasse con il suo coinquilino. Quando John aveva finito di leggere, la sera precedente, si era mostrato colpito e un po' triste: non gli aveva dato alcun parere su come si era comportato nel momento in cui aveva scoperto tutto l'affare, ma era praticamente sicuro che l'amico non fosse molto fiero dell'euforia che non si era curato di dissimulare.
Geoffrey... Non avrebbe mai potuto immaginare un legame del genere, tra suo fratello e proprio lui. O anche solo tra suo fratello e... Chiunque?!
Nel momento di debolezza che John aveva passato negli attimi immediatamente seguenti la lettura della lettera, non era riuscito a trattenersi di più di quanto non avesse già fatto dal raccontargli di aver visto l'ispettore guardare stupito Mycroft dopo una frase così normalmente strana da non essergli rimasta in testa; e dal tono e dall'espressione in viso al biondo mentre raccontava quell'episodio, Sherlock aveva avuto la conferma che quello sguardo di Lestrade lasciava effettivamente sottintendere molto.
Senza quasi volerlo, il riccio si è trovato a confrontare Gary e John. Se quello che sospettava che Mycroft provasse per l'ispettore era qualcosa di reale, infatti, quel paragone acquistava decisamente del senso, e forse particolarmente in virtù di quel principio che ai tempi del liceo aveva imparato dallo studio di Feuerbach: «L'uomo sposta sempre il suo essere fuori da sé, prima di trovarlo in sé»*. Vedeva chiaramente, in qualche modo, il riflesso della sua stessa situazione in quella che stava passando suo fratello: e non poteva evitare di sperare, forse più inconsciamente che altro, che se loro fossero riusciti a dichiararsi, altrettanto sarebbe potuto accadere a Baker Street. Quei due, poliziotto e militare, avevano effettivamente qualcosa in comune oltre il servizio "violento" che entrambi avevano scelto di offrire alla Regina: infatti, in mezzo alle evidenti differenze - come il fatto che il suo John fosse infinitamente più bello di non solo Jefferson, ma di chiunque altro sulla faccia della terra - non mancavano le somiglianze, e per questo non riusciva proprio ad evitare di sperare che suo fratello riuscisse a "sistemare questa questione".
«Myc... Mycroft!»
Sherlock si è alzato in piedi, per avvicinarsi quanto più velocemente possibile al fratello che, con la testa nascosta dalle ginocchia e dalle braccia, era scoppiato in un pianto silenzioso. Non sapendo assolutamente cosa fare gli ha accarezzato la testa - quello stesso gesto che lui, tempo addietro, era solito fargli in momenti analoghi - ed è rimasto col fiato sospeso ad attendere un suo miglioramento che non ha tardato ad arrivare. Appena i singhiozzi si sono attenuati ha preso un fazzoletto e glielo ha messo letteralmente in mano, e solo una volta che lui ha alzato la testa per asciugare almeno le lacrime ha smesso.
«Mycroft, che c'è?» ha chiesto, potendo finalmente farlo, e non ha smesso di fissarlo mentre quello cercava le parole da rivolgergli.
«Qualsiasi consiglio che le persone osino dire ad alta voce, Sherlock, è espressione del senno di poi. Capisci, nessun ciarlatano darà mai un consiglio spassionato che derivi da fonti diverse che dall'esperienza personale. E... E quando io sostengo che tutti i cuori prima o poi vengono spezzati, fratello... Lo faccio perché il mio è stato il primo a infrangersi».
Anche gli occhi di Sherlock si sono inumiditi, ed appoggiando una mano sulla spalla del suo fratello maggiore non ha potuto evitare di stringergliela.
«Tu lo amavi» ha mezzo chiesto e mezzo affermato, a bassa voce, come per averne conferma; e la lacrima che è scivolata fino a cadere su quella stessa mano ha solo preceduto la prima apertura di quel cuore ghiacciato, la prima fenditura nella corazza che fino ad allora aveva resistito a tutti gli attacchi esterni - ma che a quanto pareva, non era stata progettata per sopravvivere a quelli derivanti dall'interno della sua anima.
«S-se lo amavo... La questione è se ho mai smesso». Mycroft si è guardato le mani tremanti. «E non l'ho mai fatto, a quanto pare».

°•°•°

**Ludwig Feuerbach è un filosofo, il fondatore dell'ateismo ottocentesco. È lo stesso che ha affermato che ogni uomo è quello che mangia (Greg è una ciambella!!!1!1!!)
... 😂

Orfano e ateo || Mystrade ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora