Aveva sbagliato numero, seriamente?!
Scostando lo smartphone dalla guancia ha consultato velocemente il nome di chi stava chiamando: e sì, quello era il numero dell'ispettore Lestrade.
E cosa diamine doveva dire, ora?!
«Mycroft, va tutto bene?»
Ha riso nervosamente, mordicchiandosi un'unghia e sedendosi al tavolo.
«Ma certo che sì, certo. Spero che sia altrettanto per te»
«S-sì, sì, anch'io»
«Meno male». Adesso la risata era sfuggita a lui.
«Hai sbagliato numero» ha più osservato che chiesto Greg, molto probabilmente sorridendo; e non ha potuto non sorridere anche lui.
«Ci puoi scommettere. Ma ogni tanto ci vuole, non credi?»
«G-già... È da un bel po' che non ci sentiamo».
Mycroft ha abbassato lo sguardo.
«È ancora più che non ci vediamo, in realtà»
«Vero».
Il ministro si è morso un labbro.
«Bhe, io credo che allora sia giunto il momento di rimediare» ha detto giovialmente Gregory, prima di ridacchiare - facendo risalire il cuore dell'uomo di ghiaccio fino alla sua gola.
«Lo credo anch'io» ha bisbigliato quest'ultimo, diventando di un forte color pomodoro.
Si sono accordati per la sera seguente, così, su due piedi; e in virtù di questa notizia, quando finalmente il detective ha raggiunto i suoi colleghi appoggiati al cofano di una volante chini a scrivere, aveva dipinto in viso un sorriso mai visto.°•°•°
E quello cos'è?
La sera precedente, dopo aver portato a termine tutti i casi urgenti, si era preso la briga di sistemare di nuovo la scrivania: era stato anche l'ultimo a lasciare l'edificio, e per questo il foglietto che vedeva proprio alla sua postazione lo stava lasciando un po' spaventato. Solo lui e il sovrintendente avevano le chiavi della porta a vetri, e la finestra era chiusa - come sempre - dall'interno.
Non capiva né cosa potesse essere né chi potesse avergliela lasciata: gli faceva anche un po' paura, ma ancora una volta questo significava solo che avrebbe dovuto affrontarla.
Ha salutato chi era già arrivato, ha preso le chiavi dal taschino della giacca e ci ha aperto la porta dell'ufficio luminoso; ha appoggiato la borsa vicino all'attaccapanni e si è diretto ad accendere il calorifero, prima che a guardare finalmente cosa fosse quella che aveva tutto l'aspetto di essere una lettera.
Rimanendo in piedi, il battito accelerato, le sopracciglia aggrottate e le labbra serrate, ha dispiegato l'A4, scoprendo che era solo una fotocopia di una lettera che sembrava totalmente essere antica. L'occhio gli è scivolato subito alla firma in fondo, e per realizzare a chi appartenesse si è dovuto sforzare leggermente: quella era la sua di una volta!
Ha iniziato a leggere il testo vergato da lui stesso chissà quanto tempo addietro, e l'espressione sul suo volto è andata man mano incupendosi. Cosa significava?! Quella era la lettera che aveva inviato a Mycroft mentre lui era in India, era la stessa lettera che aveva così a lungo esitato ad inviare, che aveva rimpianto di aver mai spedito e alla quale ancora attendeva una risposta...
Ha sentito un brivido scendergli lungo la spina dorsale. Non aveva dubbi che quella fosse opera di uno dei due fratelli Holmes - dalla teatralità della presentazione più di Sherlock che dell'altro -, ma non riusciva proprio a capire il significato di quel gesto.
Ha ripiegato la carta e si è diretto alla borsa per nascondercelo: qualsiasi ragionamento si celasse in un messaggio così non poteva non aver a che fare col fatto che proprio quella sera avrebbe finalmente rincontrato il suo vecchio amico.
Per tutta la giornata ha aspettato la visita del consulente, o almeno una sua chiamata; ma al contrario esatto delle sue aspettative, quello è stato uno dei pochissimi giorni in cui di lui non ha avuto la minima notizia, né al telefono che guardava quasi febbrilmente ogni tre per due, né di persona né tramite altri "messaggeri". Ma che significava, tutto questo?°•°•°
Anche Mycroft aveva con sé la lettera, e insieme ad essa ogni intenzione di chiarire quella faccenda, mentre si dirigeva con la Bentley alla stazione di polizia in cui sapeva esattamente che Gregory era solito arrivare a piedi.
Si era informato (con uno sforzo minimo) sui suoi turni, e per questo non aveva dubbi riguardo al riuscire a rispettare i suoi piani - consistenti nel dargli prima uno strappo verso casa, per lasciargli la possibilità di sistemarsi, e poi nel farsi accompagnare ad un qualsiasi ristorante dove fermarsi a cenare e chiacchierare insieme senza troppi pensieri.
Si erano accordati, infatti, per il dopocena; ma era ormai impossibile per lui fare quanto comunicava tramite telefono, a chicchesia.
La sua vita era in costante pericolo, tutti i mezzi di comunicazione da lui utilizzabili erano ad altissimo rischio perché facendo quanto tutti potevano prevedere (ascoltando i suoi programmi, intercettando le sue chiamate), scommetteva seriamente sulla vita - e dato che quella sera, forse avrebbe messo a rischio anche Greg, non poteva davvero permettersi di sfidare la sorte.
Arrivato al parcheggio ha messo l'auto dai vetri oscurati in un angolo, e poi ne è sceso mantenendo lo sguardo puntato a terra. Si è diretto alla reception, e là ha preso posto senza rivolgere parola alla dipendente che lo scrutava da dietro il bancone.
Era quasi certo che Lestrade fosse solito passare di là per tornare a casa, ma non potendo averne conferma da nessuno ha dovuto impegnarsi a mantenere alta la guardia - con un risultato ottimale, perché dopo appena una mezza dozzina di minuti il D.I. gli è sfilato innanzi tutto curvo nello sforzo di sbrigarsi a raggiungere la porta: con ogni probabilità la segretaria aveva qualche interesse a parlargli; e lui era già in ritardo così.
I saluti gli sono arrivati, quindi, all'unisono dal bancone e dalla parete ad esso dirimpetto: e la testa di Gregory si è girata subito verso il muro che stava alla sua destra.
«... Mycroft!»
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Orfano e ateo || Mystrade ||
FanfictionIl passato non passa, non passa mai. Ritorna a stravolgere e a cambiare quello a cui esso stesso ha fornito le basi, e talvolta con conseguenze positive; talaltra, distruggendo e rovinando tutto. Chi può dire da cosa dipenda? «So cosa stai pensando...