10. Non sarebbe mai stato così.

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«Quel giorno avevamo deciso di incontrarci direttamente all'uscita da scuola. L'idea era stata sua: dato che finiva un'ora prima di me, aveva programmato di andare a riprendere il suo motorino, che era ad aggiustare da qualche tempo, e poi tornare a prendermi; e non avendomi accennato minimamente questo particolare del suo progetto, mi aveva fatto una gran bella sorpresa. Ricordo bene come sorrideva, guardandomi, appoggiato al suo gioiellino appena fuori dal cancello del college. Avevo un po' di paura al pensiero di dover salire insieme a una persona che a malapena conoscevo su un mezzo che non avevo mai adoperato prima; ma quando mi ha allungato il secondo casco, col suo già addosso, mi sono dovuto ricredere dall'impressione che mi aveva fatto in partenza. Era prudente, rispettava i limiti e le precedenze, non ha mai superato nessuno; come primo viaggio in motorino non sarebbe davvero potuto andare meglio. Il percorso da scuola al negozio prescelto non era poi molto lungo, come ho imparato poi; ma quella volta mi era parso quasi infinito. Non ero mai stato così vicino ad automobili in movimento, non senza almeno il vetro di un finestrino a dividermi da esse; è una sensazione strana, e l'ho sempre e solo provata con lui. Quando abbiamo smesso di frequentarci, infatti, non ho più avuto bisogno né, in realtà, occasione di salire su un mezzo a due ruote... Comunque, arrivati al negozio - il primo piano di una catapecchia, con un parquet scuro e gonfio d'umidità, scricchiolante e sconnesso, dalle pareti coi mattoni a vista, le finestre opache e un lampadario di cristallo che diffondeva una luce gialla poco efficace - abbiamo iniziato a guardare ogni cosa; siamo rimasti là dentro fin quasi all'ora di cena, praticamente svaligiandolo tra gli acquisti miei e quelli di Gregory, e poi finalmente ci siamo decisi a tornare a casa. Insomma, quel giorno non è successo molto di particolarmente incidente, oltreché l'amicizia tra me e lui ha iniziato a saldare delle basi che poi, a ben guardare, esistevano già. Il giorno successivo, invece, potrebbe essere considerato l'inizio effettivo di quella fase che è perdurata almeno tre anni: il gruppo si riuniva nel pomeriggio e di solito, si stava fuori fin dopo cena. Avevo quasi litigato coi nostri per riuscire a strappar loro un permesso del genere; ma penso che si siano rassegnati a lasciarmelo fare non solo una volta, come non hanno evitato di specificare nell'ira di quei momenti, ma per ogni giovedì. Praticamente si calcolava un'ora e mezza dal suono della campanella delle lezioni, e il punto di ritrovo era a una fontana che ora non esiste nemmeno più. Comunque, io nell'agitazione più totale mi ero cambiato, pettinato, profumato e avevo messo in atto qualsiasi accorgimento mi avesse suggerito Gregory, e sono riuscito anche ad arrivare in anticipo. Lui e Hill - il capo - erano già là, che chiacchieravano tranquillamente; e io... Io mi stavo avvicinando loro a piedi, e il primo a vedermi è stato Joseph. Ci mancava poco che rimanesse a bocca spalancata! La mia cresta, perché sì, l'avevo, gli faceva diretta concorrenza; avevo una giacca in pelle nera, sopra la canottiera bianca che, con i chili che avevo perso e che continuavo a cercare di diminuire, mi stava una favola; i jeans e gli anfibi; e la cosa straordinaria era che mi sentivo perfettamente a mio agio in quella sottospecie di costume, quindi il tutto era abbinato al portamento che sono consapevole di avere abitualmente anche oggi.
"Greg! Ma che accidenti hai fatto al tuo amichetto, una magia?" gli ha urlato quando è stato sicuro che anch'io avessi potuto sentirlo, e solo a quel punto l'altro si è voltato. Al contrario di me e di Hill non aveva la giacca, ma solo una larga camicia bianca infilata per metà nei pantaloni di pelle; e degli anfibi scuri completavano l'outfit, insieme alla cintura a borchie e una grossa catena al collo. Ha sorriso fiero e ha annuito, rivolto a me, prima di ricordarsi che Joseph era di fianco a lui: "Allora, com'era la frase? Ah sì: 'perdente senza possibilità di riscatto'! Ora la domanda è: sono un genio o tu ti sbagliavi?"
Ero già a pochi passi da loro, quando l'altro si è staccato dal muretto sul quale si era appoggiato, per avvicinarsi a me che non avevo ancora aperto bocca e tirarmi una pacca poderosa sulla spalla.
"Il tuo dovere è stato svolto, e a giudicare da quanto vedo anche bene" ha praticamente urlato, rivolgendosi ancora a Gregory. "Ora bisogna che lui attui il suo compito, quello di farsi valere, per mostrarmi di quanto mi sbagliavo". Era una sfida; e sai benissimo che difficilmente mi tiro indietro quando me ne viene lanciata una...»

Fermandosi finalmente dal monologo che aveva finito per autorivolgersi, Mycroft ha guardato interrogativamente il suo silenziosissimo interlocutore. Il motivo per cui non lo aveva bloccato dal decisamente lungo discorso che era finito a fare era uno e semplice: si era addormentato...
Abbassando lo sguardo ha sorriso; si è alzato, presa una coperta dal mobile l'ha salvato da un raffreddore imminente, e poi è andato a fare quanto aveva in programma di portare a compimento quella sera.
Ricordare lo aveva fatto sentire strano; era come se qualcosa in lui si fosse riacceso. C'erano questioni a cui doveva pensare, cose che non poteva dimenticare; in realtà (al contrario di suo fratello) non aveva mai trovato conveniente dimenticare nulla, se non quanto riguardava una persona specifica.
E quella persona era proprio Lestrade.
Quando, preda dell'angoscia, aveva suggerito a suo fratello di mettersi in contatto con quel suo «vecchio amico» non aveva avvertito nessun moto - come se fosse una persona come tutte le altre, mentre sapeva bene che non era affatto così, e non sarebbe mai stato così.
Arrivato in stanza si è seduto sul letto, e ha tirato fuori una scatola dal comodino. Insieme a tutte le altre carte là dentro conservate, c'era un biglietto da visita: quello di una sua collega che aveva usato quel modo "elegante" e molto convenzionale per lasciargli il numero privato. Lui l'aveva accettato soprattutto per curiosità - non aveva seriamente intenzione di contattarla, ma intendeva vedere come lei si sarebbe comportata a non sentirlo.
Ha preso il biglietto e l'ha guardato. Il gesto di quella donna - abbastanza brutta, peraltro - celava tanti dubbi, tante speranze. E tutte erano racchiuse e simbolizzate da quel misero, rovinato pezzetto di cartoncino.
L'ha accartocciato e lanciato nel cestino; e quello non era un gesto dimostrativo della sua cattiveria o della sua freddezza. Era il riflesso di quello che la vita stessa fa e comporta. Non aveva rifiutato di contattarla per mera malvagità o cattivo gusto; l'aveva fatto soprattutto perché tante volte, tante altre persone non l'avevano fatto con lui.
Particolarmente una, s'intende.

Orfano e ateo || Mystrade ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora