27. Un letto bianco.

197 27 12
                                    

La sala d'aspetto era più vuota del cielo sereno, visibile dalla finestra che nessuna testa nascondeva più. Basiti dal cambiamento così inatteso, i due si sono guardati e hanno scosso il capo: che fine poteva aver fatto tutta la folla lì radunata fino a pochi attimi prima?
Certo, le opzioni erano poche e semplici; ma non avrebbero capito quale fosse solo rimanendo là, per sempre fermi. Dopo un cenno d'intesa, voltando le spalle alla saletta si sono incamminati insieme verso le sale operatorie, presso le quali Mycroft era già stato; e sentendo delle voci hanno affrettato il loro passo. Il cuore di Gregory batteva all'impazzata: se la gente era riunita attorno alla stanza in cui avevano operato Chris, poteva significare solo che avevano finito di sistemarlo. Ed era quello che era destinato a scoprire di là ad attimi a spaventarlo: potevano esserci solo due possibili risposte alla domanda che aveva in mente (come tutti), e quelle parole rappresentavano due estremi che non ammettevano risposte intermedie.
Dal sorriso che ha visto in volto alla moglie dell'agente appena ha svoltato l'angolo, però, ha avuto un presentimento per il quale si è sentito autorizzato nuovamente a respirare.
«È andata bene!!» ha urlato lei ancora a qualche passo di distanza dai due amici, precedendo qualsiasi loro azione. Invaso da un senso di felicità immane, Greg si è voltato esultando verso Mycroft; mentre lui, di rimando ha rivolto prima a Greg e poi ad Anne un sorriso molto poco convincente, al quale sia l'uno che l'altra si sono sforzati di non prestare troppa attenzione.
«E adesso dov'è?»
«Tra poco lo porteranno in una camera, ma per ora è in sala perché devono eseguire degli esami ulteriori». Sia Lestrade che Holmes hanno annuito.
«E quando è previsto che riprenda coscienza?» ha chiesto molto seriamente il ministro. Anne ha esitato qualche tempo, prima di mordersi una guancia e rispondere.
«Con precisione non lo so... Ora è sotto l'effetto degli anestetici, e credo... Credo che lo sapremo solo quando lui effettivamente aprirà gli occhi. O qualcosa del genere». Greg le ha appoggiato una mano sulla spalla, mentre Mycroft ha tirato su il mento e preso un respiro.
«Capisco perfettamente» ha iniziato a dire, alzando la manica del braccio sinistro per consultare l'orario. «Ho delle questioni da sistemare in giornata, però, e per questo presumo che non sia molto utile rimandarle oltre». Ha serrato le labbra e abbassato lo sguardo. «Spero comunque che possiate contattarmi per farmi sapere come sta, di tanto in tanto».
«Certo che possiamo, Mycroft. Ti aggiornerò io, non preoccuparti». I due uomini si sono guardati un momento, e poi il più giovane gli ha allungato il biglietto da visita con il suo numero di cellulare che teneva nella tasca della giacca.
«Ci vediamo presto, allora. E ancora i miei più sentiti auguri, Anne».
La donna non ha risposto al saluto, rimanendo immobile, né l'ha fatto Gregory - che però, quantomeno, gli ha rivolto un sorriso.

°•°•°

Al contrario di Mycroft, l'ispettore non aveva alcun impegno e non intendeva assolutamente allontanarsi dall'ospedale quel giorno, per diversi motivi. Era di fianco al letto di Chris da quando aveva potuto mettersi là, e non stava riuscendo ad allontanarsene seppure sentisse chiaramente che a sua moglie la sua compagnia non era completamente gradita. Non piangeva, nessuno piangeva in quella stanza in cui anzi regnava un silenzio così totale che il soffio delle ventole dei vari schermi si sentiva distintamente: Anne dormicchiava su una seggiola, mentre lui in piedi contro il muro guardava affranto il corpo inerme dell'agente che si era dimostrato in mille modi il più in gamba di tutto il dipartimento. Non l'avrebbe mai chiamato, quella sera, se avesse potuto immaginare che avrebbe davvero incontrato Jones, l'ennesima mente criminale che anche per merito suo, ora, era finita a riempire una cella delle tante prigioni londinesi; o quantomeno avrebbe dovuto essere steso lui su quel lettino, con il foro di una pallottola nel torace in un punto che nemmeno voleva sapere quale fosse. Sentiva un malessere diffuso che, lo sapeva già, non sarebbe forse mai passato; e anche per questo non intendeva tornare a casa sua. Ha sospirato. Passata l'agitazione era rimasto solo quel senso di inquietudine, e sinceramente stava iniziando a credere che il batticuore per il quale aveva sofferto fino a pochi momenti prima fosse stato, tutto sommato, più sopportabile di quella falsa tranquillità.

Era completamente immerso in tali riflessioni, comunque, che la porta della camera si è spalancata: Anne si è ridestata di colpo, e persino lui ha alzato gli occhi verso la misteriosa figura che è entrata a lunghi passi decisi e si è diretta verso di lui.
«Gilles, dobbiamo parlare» ha iniziato a dire con la sua voce baritonale - sotto lo sguardo interrogativo sia della donna che di Lestrade.
«Ciao, Sherlock» l'ha salutato a bassa voce, staccando finalmente la schiena dal muro. Che cosa diamine ci faceva, là?
Ma soprattutto, era davvero così difficile ricordarsi quale fosse il suo maledetto nome?

«Ti ha chiesto tuo fratello di venire qui?»
«Perché mai avrebbe dovuto?»
Effettivamente, quella era una domanda lecita.
«L'ho letto sul sito di un giornale. Tu e il tuo amico siete delle star». Greg ha arricciato il naso. Se Chris un minimo riconoscimento lo meritava, lui al contrario di certo non ne era degno; ma interagire con i media in modo razionale-sensato è sempre un'impresa ardua.
Sherlock comunque non ci ha fatto caso, e si è fatto tutto serio prima di continuare a parlare.
Lestrade era un suo amico, uno dei pochi (anche se non lo ammetteva volentieri: era sempre merito di Mycroft se l'aveva conosciuto e questo non lo rendeva molto contento), ed era molto deluso da sé stesso per non essere riuscito ad aiutarlo proprio nel momento del bisogno.
Aveva in mente molte parole da pronunciare, ma non avendo mai fatto nulla del genere prima si sentiva un po' a disagio; per fortuna che, al contrario suo, l'ispettore sembrava molto più rilassato da quando era entrato lui.
«Se per finire su un giornale ci si deve ridurre così, non augurerei mai a nessuno di riuscire a raggiungere la fama. Mi spiace davvero per Chris, è una persona fantastica» ha detto, girandosi a guardare il viso addormentato dell'amico, un po' come farebbe una madre con il primogenito. «Non penso che tu gli abbia mai parlato, ma io e lui eravamo amici da... Beh, da davvero tanto. Avrei dovuto cascarci io sotto la pistola, mica lui. Ero anche sul punto di prendermela sul serio una pallottola, e non sarei su un letto bianco adesso, ma in un sacco nero all'obitorio». Mentre pronunciava queste parole, Greg era tanto assente quanto impassibile e sincero: parlava molto più a sé stesso che alle quattro orecchie che lo ascoltavano.
«Scusami, Graham. Ero partito per aiutarvi, sai? Ma ho sbagliato. È bastato un minuscolo errore di calcolo per mettermi fuori gioco. Meritate tutte le lodi che l'Inghilterra spero vi farà» ha detto infine il ragazzo, tutto d'un fiato, lasciando il detective tutto pensieroso. Le lodi dovevano andare a Chris e a Mycroft; lui non aveva fatto quasi nulla, alla fine dei conti. A lui potevano essere ricollegate le colpe, e non i meriti; ma non l'ha detto ad alta voce.
Solo dopo un po' si è riscosso e si è voltato verso Sherlock e Anne, che nel frattempo si era alzata.
«Penso che ora tornerò a casa», ha mormorato; e così ha fatto, lasciandoli soli, silenziosi, nella camera.

Orfano e ateo || Mystrade ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora