36. Tutto questo tempo.

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Greg è sbiancato; il suo cuore ha iniziato a battere, all'impazzata. Lui lo aveva amato. Lo aveva amato!
E quindi si erano amati, e per davvero - solo che era stato a distanza. Sempre più a distanza... Talmente da avere continuato a provare affetto, almeno per quanto lo riguardava, verso di lui anche quando lo spazio tra le loro vite era diventato, oltreché fisico, anche mentale e cronologico. Non avevano neppure avuto amici in comune.
«I-io...» La voce di Gregory è affievolita contemporaneamente ai suoi ragionamenti. Che significato poteva avere, dire "anch'io" dopo trent'anni? E cos'altro avrebbe potuto dire di sensato, in una situazione simile?
Anche al ministro è parso che il loro tempo fosse finito. La frase-silenzio proveniente da Gregory era molto eloquente al riguardo: il fatto che non avesse pronunciato niente non poteva che significare che non aveva nulla da dichiarare. O che, se avesse avuto qualcosa da dire, avrebbe dovuto farlo tutto quel tempo prima.
Dopo qualche attimo, ha smesso di guardare l'amico in quelle pupille che a malapena si scorgevano nel buio umido che stava loro attorno. Sentiva ardere dentro la stessa fiamma che aveva scottato la coscienza dell'altro, e questo era abbastanza per non farlo andare via: solo quando essa si fosse estinta si sarebbe sentito autorizzato ad allontanarsi. E l'assenza di dialogo che si protraeva apparentemente senza voler finire stava incominciando a farla scemare.
«Gregory, non volevo ferirti con quello che ho appena detto. Non sono mai stato molto ferrato in materia di sentimenti, e non pensavo che il mio discorso avrebbe potuto scuoterti nonostante sia passata... Una vita intera. E ti devo pregare di permettermi di sentire ancora una volta la tua voce, perché questa omertà mi sta facendo male».
Di scatto, il D.I. ha iniziato a frugare nelle tasche dei suoi abiti; ha afferrato la fotocopia della lettera, che molto probabilmente era stata realizzata al fine di non essere vista dalla stessa persona alla quale era in procinto di consegnarla, con le mani gelide e sudate; e l'ha affidata a quelle del destinatario dell'originale.
«Esplicitarlo in quella lettera sarebbe stato un gesto sbagliato e ingiusto, e io già sentivo di essere in errore per il fatto di non poter evitare di farlo. Ma è vero. In fondo più che voler passare la mia vita al fianco di Hill avrei voluto spenderla con qualcun altro... E quel qualcun altro non era nessuno che te».
Mycroft ha sospirato. Aveva riconosciuto subito di che lettera si trattasse.
«C'è una cosa che non sai», ha quindi esordito, sembrandogli giusto di farglielo sapere. «Questa spassionata dichiarazione d'affetto è arrivata alle mie mani solo qualche ora fa».
«E perché mai?»
«Se i postini possono essere in certa parte affidabili, i genitori sono al loro opposto preciso. Ero in India, sono stato via per mesi, e... Beh, è saltata fuori dagli archivi familiari soltanto adesso». Un po' inverosimile come scusa, ma con il suo fondamento di verità. «Penso proprio che, se l'avessi potuta leggere prima, al contrario delle aspettative che hai qui espresso ti avrei risposto». Gli ha riallungato l'A4 piegato in quattro, e Lestrade l'ha afferrato senza vigore alcuno.
«In effetti è quello che hai fatto, Mycroft. Mi hai risposto appena l'hai letta, punto per punto o qualcosa di simile»
«Certamente. Solo che sono... Un po' in ritardo».
Le goccioline di pioggia hanno iniziato a diventare più consistenti, ma i due amici sono rimasti esattamente dov'erano; hanno solo abbassato il capo praticamente nello stesso istante, immersi in uno sforzo importante - c'era da trovare il coraggio di trasportare tutto quel discorso al presente, e non era affatto semplice come forse sarebbe potuto apparire.
Mycroft ha preso un respiro, ne ha preso un altro. Poi si è voltato e, risoluto, ha iniziato a camminare verso il cancello, pur sapendo di non avere la macchina e pure avendo alcune parole proprio sulla punta della lingua. Ne aveva già dette troppe: ora era il turno di Gregory, che quasi non aveva aperto bocca fino a quel momento.
Non voleva certo costringerlo a farlo, comunque. Tutt'altro, anzi: voleva fargli capire che al contrario di Hill, lui non aveva alcuna intenzione di limitare le sue libertà, a partire proprio da quella - di volergli parlare o meno.
Greg lo ha guardato ed è rimasto immobile. Ma che significava quel comportamento? Cosa aveva sbagliato, stavolta; e cosa doveva fare?!
Incapace di risolvere il suo stato di confusione, non è riuscito a muovere un muscolo - e il tempo si è fermato con lui.
La sua coscienza gli ha tirato uno schiaffo.
In meno di una pulsazione cardiaca, nella metà del tempo necessario a Mycroft di tenere un piede appoggiato a terra per poter camminare, ha realizzato.

Tutto quello che gli serviva era là. I suoi occhi, le sue labbra, le sue mani, i suoi capelli... Il suo corpo, la sua mente, la sua anima.
L'unica voce che sentiva in testa e che avrebbe ascoltato volentieri per il resto dei suoi giorni. L'unico sorriso che splendeva di luce propria, come il sole. L'unica persona che contasse davvero. Quel pezzo di lui, del suo passato, del suo presente. Il suo futuro, intero, che nella sua totalità perfetta era incarnato e interamente contenuto.
Mycroft, il nome che sentiva completare il suo.
E quel viso che stava rischiando di non vedere mai più.
Fuori di sé ha iniziato a correre, e mentre Mycroft rallentava incerto sul da farsi lo ha raggiunto e gli ha afferrato una spalla.
Quando l'uomo si è girato lo ha guardato, serio, alla luce del lampione che avevano intanto raggiunto; e non più in grado di ragionare, ha lasciato un bacio sulle sue labbra.

Per tutta risposta, Mycroft ha chiuso gli occhi e trattenuto il respiro.

È riuscito a fare qualcosa solo dopo qualche attimo - ha inspirato come in procinto di dire qualcosa, ma infine si è bloccato senza proferire parola. Ha riaperto gli occhi per guardare che espressione avesse dipinta in volto Gregory, e vedendolo smarrito gli ha sorriso. Il mondo attorno a loro era scomparso; la pioggia non era in grado di infastidirlo, il lampione era diventato una fonte di luce magica, il rumore di automobili in lontananza aveva un nonsoché di armonioso. Non lo spaventava più nulla, non lo preoccupava più alcuna cosa.
Il mondo, per la prima volta, gli stava sorridendo; era una sensazione che non aveva mai provato prima. Non ricordava l'ultima volta che era stato davvero felice, non era nemmeno sicuro di esserlo mai stato.
La bellezza perfetta dell'uomo che aveva di fronte, l'unica persona per la quale avesse mai provato qualcosa di simile a quel moto dell'animo noto all'umanità col nome terrificante di "amore", ha occupato l'atmosfera tutt'intorno a loro, sommergendo le distanze siderali di gioia esattamente come la realtà gliele aveva sempre mostrate piene di dolore. Allora era questa la felicità, era questa la pienezza! Questa era la vita, quella senza morte, quella che si può rimpiangere di perdere!
Questo era ciò che gli era sempre mancato, ciò a cui aveva tanto a lungo anelato: due occhi neri, dei denti brillanti, che iniziavano a spuntare in un nascente, timido sorriso, dei capelli schiacciati su quella fronte da un'acqua che pareva santa, e il loro respiro che nella distanza quasi annullata si confondeva...
La vista gli si è appannata, non è riuscito a contenere un pianto dirotto, e le braccia che l'hanno stretto, calde e sicure, hanno allargato il suo orizzonte.
«Ti amo, Gregory» ha singhiozzato, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo e cercando di ignorare il tremolio che aveva preso il controllo sulle sue gambe. Le braccia del poliziotto lo hanno cinto con più vigore, e con quel gesto ha sentito disintegrarsi ogni dispiacere.
Da parte sua, Gregory non stava tremando. Si stava già sforzando di non sembrare brusco; e nel fermare il corpo, tutta l'energia l'ha trasferita al cervello, che ha iniziato a correre in ragionamenti sempre più astratti come a voler inseguire il suo umore, che incerto volava di concetto in concetto alto sino al cielo o basso a qualche metro sotto i suoi piedi.
Faticava a capire i silenzi di Mycroft, come sempre. Aveva sorriso, aveva pianto, gli aveva detto che lo amava... Ma era contento di tutto questo? Era quello che voleva davvero?
Un po' temeva di averlo spinto a dichiararsi anche se, magari, non era proprio innamorato di lui. Forse non ne era sicuro, forse era sicuro del contrario ma si sentiva in colpa a dire di no... Certo era abbastanza surreale immaginare un Mycroft che avesse paura di offendere qualche altro essere umano, ma non se la sentiva di escludere nulla.
La verità era che quella situazione gli sembrava davvero troppo bella per essere vera: ora le sua braccia, dopo averlo tante volte sognato, lo stavano stringendo davvero; e tra le gocce di pioggia c'era anche qualche goccia delle sue lacrime, preziose, rare. Ha appoggiato la guancia sulla sua testa e ha allentato la stretta dell'abbraccio per accarezzargli la schiena fradicia.
«Per quanto poco m'interessi del freddo in sé, Myc, forse è meglio se andiamo almeno a scaldarci in qualche locale: mi spiacerebbe se ti ammalassi».
Come un bambino, Holmes ha alzato la testa e si è stropicciato gli occhi, annuendo.
«Ma non da quel cameriere».

Orfano e ateo || Mystrade ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora