Capitolo 29 ~ Nora ~ Giorno 10

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Mi sveglio di soprassalto tirando un pugno alla sveglia. Sentire sempre la stessa suoneria è diventato irritante. Mi alzo a malincuore stiracchiandomi, infilo le pantofole ed esco nel corridoio stringendomi nelle braccia per il freddo. Chi ha spento i riscaldamenti?
La porta dello studio si apre. Perchè mio padre ha dormito lì?
Ho un tuffo al cuore quando mi ricordo di lui. Davis esce dalla stanza camminando a occhi chiusi e per poco non si spaventa vedendomi. Indossa la stessa maglia di ieri sera e dei boxer grigi.
Il suo sguardo indugia sulla mia vestaglia appena socchiusa da cui si intravede la biancheria intima. Imbarazzata la chiudo velocemente.

«Ciao.» Borbotta facendo finta di niente. Figuriamoci, per lui non è niente di nuovo.

«Ti serve il bagno?» chiedo imbarazzata.

«Tranquilla, va pure.»

«Okay.» rispondo sbrigativa e mi allontano rigida come una statua.
Chiudo a chiave e mi appoggio con la schiena al muro. Non dovrebbero passarmi per la testa certi pensieri, come quanto sia carino appena sveglio e con la voce impastata dal sonno.
Scuoto la testa. É troppo grande per me e non è una persona affidabile.
Andrà tutto bene, vive solo in casa mia non sono mica obbligata a rivolgergli la parola. Devo solo passare meno tempo possibile con lui.

Cerco di sbrigarmi a fare la doccia e torno velocemente in camera a vestirmi.
Scendo in cucina e preparo del pancarrè tostato. Lo vedo attraversare il soggiorno e dirigersi verso l'uscita.

«Ne vuoi?» chiedo indicando il piatto.

«Tranquilla, mangio qualcosa a lavoro.»

Annuisco ed esce di casa. Lascio un sospiro di sollievo, un attimo di libertà. Mi straio sul divano mentre mangio una fetta di torta. Di fronte a lui non potevo mica sembrare un'ingorda.

Guardo la televisione ma non c'è nulla di interessante, quindi decido di prendere il primo bus.

Arrivo a scuola in anticipo. Mentre mi avvicino cerco di focalizzare lo sguardo sull'individuo seduto sulle scale di emergenza e mi accorgo che è Edric. Ha le cuffie nelle orecchie perciò per farmi notare gli faccio un cenno con la mano.

«Nora.» Mostra un sorriso com'è solito a fare. Dove trova tutta questa voglia di vivere al mattino?
Mi siedo accanto a lui nonostante il metallo sotto di noi sia congelato e anche un po' umido per colpa della brina. «Perché sei già qui?»

«È una strana ossessione la mia.» risponde in tono vago.
Lo guardo confusa.

«Mi piace venire a scuola quando non c'è nessuno, posso vederla sotto un'altra prospettiva. In questo momento non sembra l'edificio tanto temuto, pieno di gente rumorosa a ogni angolo e con i bagni luridi. Adesso è facile riuscire a pensare, nessuno ti giudica se vuoi isolarti nel tuo mondo o perchè sei te stesso.»

Rifletto su quello che ha appena detto. Come ha fatto la sua mente ad arrivare tanto lontano? «Wow, è davvero un'ottima osservazione.»

Mi guarda sorpreso. «Vuoi dire che non mi reputi pazzo?»

Scuoto la testa. «Affatto. Lo saresti se ti piacesse questo odore nauseabondo di disinfettante.

Ride. «Non è male.»

Restiamo in silenzio per il resto del tempo guardando il cortile che a poco a poco si riempie.
Sono sicura che prima si riferisse a chi lo critica per via del suo orientamento sessuale. Perchè la gente è così selettiva? Non nuoce a nessuno, non vedo che fastidio possa recare.

《Pensi che sia un male aiutare uno sconosciuto?》

《Eh?》storce la bocca mentre tira dalla tasca delle merendine. Me ne offre una ma rifiuto.

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