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Nora

Come avevo previsto, entrambe siamo nella lista degli indagati.
«Siete state viste entrare nel mio ufficio qualche giorno fa, volete dirmi cosa cercavate?»

Camilla inizia a parlare prima che lo faccia io, forse ha paura che confessi.

«La stavo cercando per lasciarle una busta. Mi perdoni se sono entrata senza essere autorizzata, non era nelle mie intenzioni.»

Alzo gli occhi al cielo. Come ha imparato a mentire così?

« Casualmente le videocamere sono state manomesse.»

«Manomesse?» chiede in tono incredulo.

«Disattivate.» puntualizza.

Vedo Camilla in difficoltà. Se non intervengo subito finirò nei guai anch'io. «Ricordo che c'è stato un blackout.»

Entrambe mi guardano. «È vero.» fa lei.

La preside ci scruta con gli occhi ridotti a due fessure, poi fa cenno a qualcuno di entrare. Lo stesso bidello che ci ha scoperte conferma: «Sono loro, non c'è dubbio.»

«Può dirci che cosa ha sentito?»

«Litigavano.» fa lui. «Su dei soldi. Probabilmente ognuna voleva la propria parte per sè.»

«Ma si sbaglia, lei mi ha pagato il pranzo e mi sentivo in colpa. È assurdo essere accusate per una cosa del genere!» sbotto.

La direttrice tossisce per schiarirsi la voce. «Volete farci credere che la corrente è andata via per caso, e voi stavate discutendo su chi dovesse pagare il pranzo proprio nel mio ufficio, mentre alcune banconote sono magicamente tornate al loro posto?»

Entrambe concordiamo. Un momento, ha restituito i soldi?

«È questo il problema?» chiede Camilla.

«Certo che sì. Significa che il colpevole è tra voi due e sentendosi minacciato ha deciso di rimediare al danno.»

«È un ragionamento senza senso.» Camilla ribatte in tono molto calmo mentre l'uomo terminata la sua parte si allontana.

«Come si permette?» 

«Ci scusi.»  interrompo. «Non voleva essere scortese. Cercava solo di spiegarle che noi non abbiamo alcuna colpa. Il fatto che abbia nuovamente i suoi soldi è positivo, che motivo c'è di reagire così?»

Ci guarda basita, sono così convincente da averla lasciata senza parole. «Non abbiamo fatto nulla, ci creda.»

Infine sospira. «È il gesto. Anche se i soldi sono di nuovo qui è stato commesso un reato. Tuttavia non posso incolparvi senza prove concrete, ma vedrò di assegnarvi una punizione leggera visto che siete le uniche sospettate. Andate prima che cambi idea.»

Ci guardiamo confuse e senza dire una parola ci allontaniamo.

«Punizione? Non può farlo senza un motivo valido.» si lamenta.

Non appena siamo abbastanza lontane la spintono. «Si può sapere che diavolo hai fatto?»

Scoppia in una risata mentre io sono rossa dalla rabbia. Mi prende in giro? «Nat ha disattivato la corrente, io sono andata a risarcirla con delle banconote false e preso il resto. Più soldi per me, mentre lei crede di essere a posto. Geniale, non credi?»

Sono basita. «Come hai trovato la combinazione della cassaforte?»

«Non preoccuparti.» ride. «È facile da scassinare, e poi ho i miei assi nella manica.» Fa un ghigno per poi allontanarsi, io resto impalata in mezzo al corridoio.

La raggiungo a passo svelto. «Sei solo una falsa manipolatrice. Prima o poi si accorgeranno che sono finte.»

«Probabile, ma tu non dirai nulla nel frattempo» mi lancia un'occhiataccia carica d'odio.

Stringo i denti. «Non capisci la gravità della situazione. Non ho intenzione di essere espulsa per colpa tua!»

«Probabilmente hai ragione, ma so che è per il bene di Leo. Tu non sai cosa significa crescere un figlio da sola, non hai la minima idea di cosa vuol dire perdere ogni cosa, non lo sai perché hai tutto quello che dovrebbe appartenermi!» sbraita. «Smettila di starmi addosso, fai finta di nulla e non avrai ripercussioni.»

Sparisce dietro la porta della palestra dopo avermi scagliato addosso le sue parole. Ognuna di queste si insinua nei meandri della mia mente scavando dei solchi profondi. Come fa a dire queste cose se nemmeno mi conosce?

Non capisco il motivo di tutto questo astio: sto solo cercando di farla ragionare. Mi impongo di ignorare ciò che è appena successo.


Smettila con le domande, smettila con i problemi.
Torna a casa e rifugiati nelle braccia di chi ami, solo lì troverai un po' di pace.
Tra quel calore, tra quel profumo che si mescola al tuo e quella pelle liscia che ami baciare, tra quel respiro che ami sentire mentre siete un'unica cosa.
È lì che puoi essere felice.
Ma solo finché dura.

Davis

Come vorrei che tutti i tasselli andassero al loro posto, invece ho ben poco che mi possa aiutare. Una sola persona, un solo manuale.

Eppure continuo a sbagliare pensando di fare la cosa giusta. Come vorrei non essermi spinto a tanto: se Nora scoprisse ciò che ho fatto sarebbe tutto finito.  Ma c'è un motivo se ho accettato.

Dopo essere svenuto nuovamente sono stato portato una clinica che aveva qualcosa di familiare, ma visto che sembrano tutte uguali non mi ha sorpreso. Ma quelle tende bianche, quel pavimento nero lucido mi hanno fatto riflettere: l'unica cosa che volevo fare era sparire.

Lì c'era lei, quella mattina. I suoi occhi erano sorpresi nel vedermi e mi ha subito esaminato come una di professione, io ero cosciente ma un po' frastornato. Mi sono arrabbiato inizialmente per via di quello che aveva fatto. Sentivo di doverla offendere in qualche modo ma il suo volto era impassibile, non avrebbe funzionato.

Così chiamai Nora al telefono: «Amore, purtroppo non riesco a tornare a pranzo.» le avevo detto. «Ho troppo lavoro da sbrigare.»
Mi disse di non preoccuparmi, mi chiese se stavo bene e perché avessi la voce stanca. Si accorge di tutto la mia Nora, è così premurosa. Eppure ancora una volta ho approfittato della sua bontà.

Pomeriggio, dopo essere stato dimesso io e l'altra ragazza siamo andati a prendere un caffè, abbiamo chiacchierato come se già ci conoscessimo. È così diversa da me, eppure abbiamo trovato un accordo comune. Lo faccio per lei, continuavo a ripetermi al punto di crederci davvero.

Che illusione, l'amore.
Lo viviamo come se stessimo giocando a una partita di Monopoly, rischiamo tirando dei dadi e ci affidiamo alla fortuna.

Ma a volte si deve essere più furbi, bisogna barare.

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