36 ~ Davis ~ +1

2.2K 132 38
                                    

Poggio la valigia sulla moquette blu e cerco di prestare la mia attenzione alle parole di Alex.

«... in cucina. Ci sono tre bagni quindi non dovrebbero esserci problemi, i miei sono a Londra e tornano solo per le ferie. C'è solo Joanna in casa, e Maggie è piccola e dorme nella sua stanza. Tutto chiaro?»

Sono fortunato ad avere un amico così ricco.

«Si, tranquillo. Tanto non resterò molto.»

Annuisce. «Hai già trovato qualcosa?»

«Ho visto l'annuncio di un monolocale che rientra nel mio budget, oggi vado a vederlo e mettermi d'accordo con il proprietario.»

«Bene.» si mette le mani in tasca. «Ma dove abitavi prima?»

«Ehm...» borbotto. «Con mia madre, ma ho litigato con il suo nuovo compagno e siamo arrivati alle mani.» mento. «E poi è ora che me vada.»

«Eh già. Alla tua età è tardi per stare con la mamma.» mi prende in giro.

Tossisco. «Già.»

Joanna irrompe nella stanza facendoci prendere un colpo. «Che ci fa Davis qui? Perché non mi hai detto niente?» si rivolge a suo fratello.

«Che cosa vuoi?» le risponde seccato.

Lei lo ignora e mi prende il braccio. «Che bello vederti. Stai bene?» poi guarda la valigia e aggrotta le sopracciglia.

«Si, mi fermerò qualche giorno se anche per te va bene.»

«E lo chiedi pure? Sei il benvenuto.» mi rivolge un sorriso che lascia intendere altro.

Le sorrido per essere cortese ma la verità è che non ho il minimo interesse per lei. La guardo, i leggins rosa che fanno risaltare le sue curve e la felpa nera aderente da cui si intravede la forma del suo seno. Il suo viso dai tratti dolci mette in evidenza la sua età, sono sicuro che sia più piccola di Nora. Come ho fatto a non notarlo prima? Aveva ragione Nora.

Alex ci avverte di stare per uscire e ci lascia soli.

«Stasera andiamo ad un aperitivo in un bar vicino la vecchia stazione. Se vuoi venire.»

Apro la valigia e tiro fuori un cambio di vestiti.

«Certo.» dico senza pensarci.

Joanna intuisce che non ho molta voglia di parlare e si congeda di sotto.
Mi chiedo se Nora avrà ricevuto la mia lettera, come avrà reagito. Anche se le importasse qualcosa non mi chiamerebbe mai. Mi sdraio sul letto. Ho un flashback.
La stessa ragazza dalla pelle chiara che piange in modo isterico e scaglia a terra piatti e bicchieri. Il rumore è così assordante da provocarmi delle fitte alla testa.
«Ti odio!» Sta urlando. «Ti odio, ti odio, ti odio.» queste parole rimbombano nel silenzio della stanza.
Mi copro con un cuscino sperando che smettano.

Queste crisi non si ripetevano da giorni, pensavo fosse tutto finito. Forse non mi lasceranno in pace perché sono una specie di punizione per i miei sbagli.

-

Il secondo giorno lontano da lei e la prima volta in cui non mi pongo un obiettivo.
Che fosse prenderla in giro, farla innamorare o risolvere il mistero, adesso sono qui con un vuoto nel petto. Benché non desideri altro che restare a letto mi costringo ad andare a lavoro. Mi aspetta il doppio della strada da fare e come se non bastasse pomeriggio devo cercare un altro impiego. Non importa cosa, sarei disposto anche a pulire bagni pur di accaparrare qualche spicciolo.

Mentre attraverso il corridoio si sente riecheggiare il respiro pesante di Alex. Cammino in punta di piedi ed esco prima che Joanna si svegli. Non solo è appiccicosa come una chewingum, ma ieri sera mi ha costretto ad ubriacarmi e adesso i postumi della sbronza rendono difficile ogni mio movimento. Forse quei flashback si presentano più frequentemente quando non sono sobrio?

Arrivo a lavoro venti minuti in ritardo per colpa del bus ma fortunatamente Brown non c'è.
«Davis.» mi chiama Kim. «Il capo vuole che lavori sia al banco che in cucina.»

«Cosa?» non sono nemmeno assunto. Vuole farmi fare gli straordinari? C'era da aspettarselo, non mi avrebbe anticipato quei soldi senza nulla in cambio. Poiché non avrò il mio stipendio per i mesi successivi e devo fare più ore, non so come riuscirò ad andare avanti. Sospiro. Non mi resta altra scelta che ubbidire.

Sono le dodici, la giornata procede normalmente ma sembra non finire mai. Ad un tratto noto molti visi conosciuti: Studenti della San Francisco.
Fred, una mia conoscenza, si avvicina e ordina un cornetto al cioccolato.
«Non sapevo lavorassi qui, da quanto?» chiede.

«Mi hanno appena assunto.» mento. «Perché siete qui?»

«Sciopero.» dice con non curanza e addenta il dolce che gli ho appena servito.
Che ci sia anche lei? Mi guardo intorno ma vedo solo Joanna avvicinarsi a noi. Diamine, pensavo di averla scampata.

«Davis!» Esclama sorridente.

«Ciao.» rispondo a disagio. Odio questo grembiule rosso e il rumore della gente che mastica, la confusione, tutto. Adesso anche lei.

«Non hai una pausa? Sono le dodici.»

«No.»

«Si, infatti. Va' pure ci penso io.» interviene Kim togliendomi la tazzina dalle mani.
Non ho via di scampo. Tossisco e la guardo di traverso. Lei non capisce e mi rivolge un sorrisetto sornione.

«Andiamo a pranzare insieme. Almeno una volta concedimelo.» insiste.

Abbattuto faccio il giro del banco e la raggiungo. Joanna mi prende a braccetto e se non fosse per il fatto che mi sta ospitando mi libererei con uno strattone. Tutto questo contatto mi infastidisce, la mia intenzione era usarla non lasciarle pianificare il nostro matrimonio in riva al mare con tanto di arpa e violino.

«Ti va del sushi?» mi chiede.

«Ehm...» dico indeciso.

«Offro io.» Interviene subito. Non mi piace l'idea che sia una donna a pagare, ma non posso permettermi tanto, il cinese qui è costoso.

«Non è il caso.»

«Invece si, ti ho costretto io.» mi fa l'occhiolino e mi trascina sul lato opposto della strada. Sto per ribattere, ma i miei occhi si posano su qualcuno che avrei voluto non incontrare adesso.Cerco di nascondermi ma Aubrey mi adocchia all'istante. Mi guarda più a lungo del solito, probabilmente cerca di capire se sono davvero io. Non appena se ne accerta la sua espressione diventa sorpresa. Bisbiglia qualcosa alla sua amica, la stessa dell'ultima volta mi ha rivolto un'occhiata strana.

È così particolare, nonostante abbia i capelli corti quanto me la sua bellezza è incontestabile.
Perché non riusciamo a staccare i nostri occhi? Il mio cuore improvvisamente aumenta i battiti.

Un altro flashback.

Stavolta non è sola.
«Sol.» chiama dal corridoio.
Un'altra ragazza fa capolino dalla porta.
«Sbrigati, non abbiamo tutto il pomeriggio. Non vorrai fare tardi all'appuntamento.»
Entrambe scoppiano a ridere.
Tutto diventa buio.
Il suo viso è corrucciato. Adesso è pallido. Adesso arrabbiato. Di nuovo felice.
Cosa significa?

Entrambe ci superano e riesco a sentire il profumo dolce come zucchero filato invadermi le narici.

«Davis, mi stai ascoltando?» Joanna mi sventola una mano davanti alla faccia.

«Scusa, no.»

«Stavo dicendo che ho fregato della roba a mio fratello. Possiamo stare un po' insieme stasera.»

Questo significherebbe cadere in un circolo vizioso. Non riuscirei più a controllarmi e ricomincerei a spendere soldi che già adesso non so nemmeno se mi basteranno.

«Non ti è bastato ieri sera?» cerco di scherzare.

«Andiamo, sono tre grammi. Capita una sola volta nella vita.»

Si ferma davanti la porta del ristorante e mi guarda in modo malizioso. Ci rifletto, servirebbe a qualcosa? La risposta è si.

Le sorrido complice. «Forse qualche tiro.»

Improvvisamente la distanza che ci divide sembra farsi più sottile.

Inside our soulsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora