La pioggia scrosciava sul tetto del Padiglione del Ginko da sette giorni e sette notti a quella parte, con brevi intervalli di respiro prima che le stilettate del cielo si percuotessero di nuovo sulla terra.
Raramente i temporali duravano così a lungo, nella regione Kusaga; per di più, tanto lontano dalla fine della stagione delle piogge, quando l'autunno reclamava il suo tempo per colorare le foglie. I gigli-ragno arrossavano già il sentiero fino al padiglione, aprendo la strada agli spiriti dei morti. Somigliavano a piccole fiamme fluttuanti nel grigiore, insopprimibili anche dalla tempesta.
Protetta dal cerchio dell'ombrello di carta, Otoha posò le offerte di tofu e fagioli rossi sull'altare della kitsune di pietra, che vegliava il Padiglione del Ginko nella sua silenziosa immobilità. Battè le mani, e recitò una breve preghiera.
Continua ad accompagnarmi, spirito benevolo. Seguirò i tuoi passi, se tu seguirai i miei.
«Non dovremmo essere fuori, con questo tempo tremendo» disse la sua anziana dama da compagnia, che sorreggeva l'ombrello di carta sulla testa della sua giovane signora.
Nel compiere quel gesto, la vecchia offriva senza riguardo la propria spalla e la schiena alle punture della pioggia. Pur di tenere al sicuro lei, non temeva di raffreddarsi, nemmeno nella fragile condizione della sua età. «Mia dolce signora, rientriamo, vi prego.»
Otoha le prese l'ombrello dalle mani, e ne pose lo stelo contro il petto della statua volpina, per ripararne il capo insieme all'offerta che le aveva portato. Accolse con gratitudine le gocce di pioggia che le bagnarono i capelli e il volto, descrivendo il contorno della mezza maschera di porcellana che le abbrancava la parte destra del viso. I rivoli d'acqua, sfacciati, scesero lungo la sua nuca, cercando un anfratto tra il collo e l'orlo del kimono, nel tentativo di raggiungere parti del suo corpo dove nessuno l'aveva - né l'avrebbe - toccata mai.
«Otoha-sama! si lamentò la donna. «La volpe non può prendere un raffreddore; non è fatta di carne, come voi e me.»
«Non importa, Rumiko. La volpe ha il mio rispetto: la proteggerò sempre, a scapito di me stessa.»
«Ah! Gioventù testarda. Che senso ha avuto che la kitsune vi abbia salvato dall'incendio, se siete pronta a dare la vita per la sua statua? Parola mia, non c'è yōkai che sarebbe felice di uno scambio del genere, e noi non vogliamo attirarci la loro ira.»
Otoha sospirò. «No. Abbiamo già l'ira degli uomini da cui guardarci.»
Gettò uno sguardo verso il sentiero che scivolava, fangoso e infido, verso le pendici della collina. C'erano stati tre tentativi da parte degli abitanti del villaggio di disturbare la sua quiete, durante quell'interminabile estate. Qualcuno aveva liberato cani affamati, che erano corsi a distruggere l'orto di Rumiko; durante la notte, i misteriosi disturbatori avevano legato ossa di pollo come macabre collane intorno agli alberi che delimitavano il territorio del padiglione. L'ultimo tentativo, per il sommo orrore di Otoha, era stato buttare a terra la statua della kitsune. Quando aveva visto il moncherino della zampa spezzata e la testa ridente staccata dal corpo di pietra, Otoha aveva pianto. Rumiko aveva dovuto trascinarla via a forza, perché non decidesse di prendere la katana di Nobu e farla pagare di persona ai piccoli flagelli che, di certo sobillati dai loro zotici genitori, avevano perpetrato quel danno al suo spirito protettore. Tra singhiozzi di rabbia, si era lasciata convincere a tornare al Padiglione. I massaggi esperti di Rumiko, che con i suoi olii riusciva ad alleviarle le tempie di ogni preoccupazione, l'avevano condotta in un sonno agitato.
Al suo risveglio, la statua della kitsune era di nuovo in piedi, con la zampa e la testa integre come se non fossero mai state spezzate. Nei giorni successivi erano giunti alti lamenti dal villaggio; socchiudendo gli occhi, poteva vedere il fumo delle pire funebri a valle. Un'epidemia aveva colpito i bambini del borgo: cinque famiglie piangevano la morte del loro primogenito maschio.
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Fiore di Fuoco (#3 I Samurai della Spada Bianca)
FantasyVOLUME TRE Seguendo la sfida crudele di una kitsune, l'ex samurai Eito e i suoi discepoli trovano sul loro cammino Otoha del clan Akagawa. In un'altra vita, la ragazza sarebbe stata Minami, figlia di Eito, famosa nel vicinato per la sua bellezza fo...