Intermezzo: L'amore di una madre

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«Che cosa devo fare, Ai?»

Eito stringe ancora la convocazione del suo signore, Ishikawa Masamune. Tra le dita di mio marito, contro le ginocchia piegate sul pavimento, l'eco di quell'ordine ha perso tutta la forza con cui è stato vergato in origine. Non ho letto i caratteri eleganti del daimyō, ma so che sono benevolmente imperiosi. È la paura di Eito a dirmelo.

La gentilezza dei potenti è da temere più di una banda di briganti.

Quante di queste bande abbiamo affrontato, negli ultimi anni, insieme. Eito l'ha fatto brandendo le armi ancora una volta, e addestrando un gruppo di contadini alla guerra; proprio lui, che non ha mai avuto la lotta nel sangue, nemmeno quando viveva la vita del samurai. Io, invece, ho contribuito alla battaglia con le premonizioni che il fuoco mi manda, e la mia fuggevole connessione al mondo degli spiriti; io, sì, la stessa donna che alle volte si addormenta e vede stralci di una vita in cui non è mai esistita. Da quei sogni mi sveglio piangendo, perché temo di essere anch'io uno spettro.

Che coppia improbabile siamo diventati. Un guerriero che ha in odio la guerra, e una sacerdotessa con il cuore di un fantasma.

E tuttavia, l'abbraccio di Eito nel sonno mi dice che sono reale. Le mie mani che gli porgono la spada gli ricordano perché è necessario combattere. Passo dopo passo, Eito ed io ci siamo sostenuti attraverso le difficoltà peggiori, e abbiamo coltivato il potere di disperderci a vicenda le paure.

Fino ad oggi. Perché da quando Ishikawa-dono ha accennato alla possibilità di un ritorno di Eito al castello, non ho più chiuso occhio, nemmeno tra le sue braccia. Perché anche ora che la mia mano copre la sua, quella di Eito non ha smesso di tremare.

Mi umetto le labbra. «Minami è decisa a sposare Date-dono.»

È un dato di fatto. Questa mia unica figlia sa essere testarda almeno quanto mia madre – mio marito direbbe che somiglia a me.

«È troppo giovane per sapere cosa vuole» obietta Eito. »Le conseguenze del suo capriccio amoroso potrebbero ricadere anche sui suoi fratelli.»

«Io avevo dieci anni quando ti ho incontrato, e sapevo già allora che ti sarei stata accanto per sempre.»

«È diverso.»

«In che modo?»

«Io ti ho attesa per cinque anni, fino a che non hai avuto l'età giusta per andare in sposa.»

Uso il tono più dolce che conosco, quello che riesce ad accarezzare sempre le inquietudini di Eito.

«Per noi è stato diverso, potevamo incontrarci tutti i giorni. Minami e Date-dono presto saranno separati: lui deve tornare a Hasa, ad amministrare i territori che suo padre gli ha lasciato in eredità. È naturale che questi due giovani innamorati abbiano più fretta di quanta ne avessimo alla loro età.» 
 
La mia accortezza non ha sortito l'incantesimo. Gli occhi di mio marito sono ancora carichi di dubbio.

«Tuo nonno mi ha fatto due esplicite richieste, quando ho domandato la tua mano: che lo aiutassi al tempio, e che non ti facessi mai piangere.»

Il ricordo mi intenerisce l'animo.

«Erano condizioni ragionevoli.»

«Lo erano. Ma nel nostro caso, non sarò io a dettare le condizioni.»

Non è questo che importa davvero, per lui. Eito non gioca il gioco di potere degli uomini grandi e meschini: sta mascherando la verità dietro il paravento troppo sottile delle sue parole, ed io posso scorgervi attraverso un'altra forma.

«Lui può essere il valente primogenito del signore delle Isole Centrali» ribatto, «ma anche Minami è figlia di un samurai.»

«Sì, dell'ultimo dei samurai delle Acque Chiare.» Eito scuote la testa. Ripone con rispetto l'ordine arrotolato di fronte a sé, ma i suoi occhi non lo lasciano. «Date-dono ha bisogno di un suocero con tutt'altra posizione... se non accetto la richiesta del mio daimyō di tornare a servirlo, non potremo celebrare il matrimonio.»

Gli sorrido.

«Ed è così terribile per te il pensiero di tornare? Ishikawa-dono è stato un signore così brutale?»

So che è l'esatto contrario: negli anni trascorsi al mio fianco, Eito ha sempre parlato del suo daimyō come di un uomo onorevole e generoso. Anche per questo è stato felice di incontrarlo, quando l'esercito, rientrato vittorioso dal campo di battaglia, si è fermato poco lontano dal villaggio. Abbiamo curato con gioia i loro feriti.

Se avessi saputo che Date Saburo, il bellissimo, ambizioso figlio del più forte alleato del clan Ishikawa, era tra loro, avrei sbrigato quel compito con altrettanta solerzia? Se avessi immaginato che si sarebbe innamorato della nostra Minami, e ce l'avrebbe strappata, mettendo tra di noi due isole intere e le braccia impietose di mare che le separano, lo avrei accolto alla mia mensa come ho fatto? 

Nessuna di queste domande può aiutarmi a sanare il problema, adesso. Mio marito indosserà di nuovo il daishō, ci trasferiremo al castello di Ishikawa-dono. Per amore di Minami, lasceremo il tempio del ciliegio bianco, e la nostra vita sarà stravolta per sempre.

C'è in gioco molto più dell'onore di Eito, o perfino dello scorno di mio nonno, che dovrà rinunciare all'idea di avere uno dei suoi nipoti come successore. Il ciliegio bianco danza nella brezza, sembra che pianga per noi.

Spero di sbagliarmi. Lo spero con tutta me stessa.

Perché, se i frammenti di ciò che ho visto nel fuoco sono reali, questo ritorno al castello sarà l'inizio della nostra fine.

Sento nelle orecchie l'eco stridula di un canto per bambini.

Monaco, monaco splendente...

Nella speranza di vedere la pioggia cessare, Minami ha appeso alla finestra un teru teru bozu. Guardo la bambola che dondola. Un presagio.

Nella canzone, l'ira del daimyō stronca la vita del monaco.

Il mio primogenito, Hiroshi. Lui ha votato la sua vita alla via del Buddha. Nei sogni, quelli terribili in cui non sono viva, anche Eito indossa le vesti sacre. I suoi capelli sono rasati, il rosario di legno gli dondola sul petto. Se lo guardo, ora, la sua energia vitale ha un guizzo nero.

Un'ombra si allunga sul nostro futuro. Ha la forma di una volpe. I suoi artigli incombono su tutti noi. Sta per ghermire Minami.

No! Non avrai mia figlia, spirito. Darò qualsiasi cosa per fermarti.

Riverso la testa all'indietro, e accolgo gli stralci della visione.

Ho imparato a non oppormi a quelle immagini. Mi attraversano il cuore come schegge impazzite, e la mia mente cattura pochi brevi istanti.

Il guizzo di otto code bianche.

Il clangore delle due spade di Eito.

Il calore bruciante mi si spande nel ventre. I petali del ciliegio bianco cadono su di me, intorno a me, mentre il sangue macchia il mio yukata e si getta a rivoli tra le mie dita.

È così, dunque, che morirò?

L'afflato divino mi abbandona e mi lascia come se non avessi piu ossa, muscoli, volontà. Scivolo verso il pavimento. Eito mi stringe per le spalle. Mi sostiene. Chiama, spaventato, il mio nome.

Gli nascondo le lacrime, ma non riesco a non aggrapparmi a lui. Adesso, finché ancora posso.

«Manda Hiroshi» mormoro. «Insieme a Minami, a Hasa.»

Lei ha bisogno di suo fratello, adesso. Ha bisogno di tutti noi, e non importa quale porta del futuro questo matrimonio ci aprirà di fronte. 

Perché mia figlia abbia anche una sola possibilità di essere felice quanto me, sono pronta a offrire la mia vita.

Fiore di Fuoco (#3 I Samurai della Spada Bianca)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora