«Otōsama» disse Hiroshi, «perché non posso venire con voi?»
Eito fermò ogni protesta sul nascere, con uno di quegli sguardi schietti che lo facevano sentire ancora bambino.
«Sei l'unico guaritore tra di noi. Yasu starà con te, per aiutarti in caso di bisogno. Quando Nobu-sama si sarà ristabilito, potrete raggiungerci a Kaneshima.»
Dita gelide strisero il petto di Hiroshi. Avrebbe dovuto sentirsi orgoglioso della fiducia che suo padre gli stava dimostrando. Era la sua occasione di provare quanto fosse capace, e cresciuto, e degno di portare il peso della responsabilità. Si trattava di un compito semplice, del tutto alla sua altezza.
Non era mai stato separato da Eito un solo giorno, da quando si erano ritrovati.
Sarebbe riuscito a muovere un passo, senza la guida del monaco?
«Questa gente non ci permetterà di restare qui a lungo, otōsama. Hanno a malapena di che sfamare loro stessi, e non abbiamo niente di valore da dare loro in cambio dell'ospitalità a cui li abbiamo» e quanto avrebbe voluto dire, a quel punto, avete «costretti. Cercheranno di cacciarci nel momento in cui voi ve ne sarete andato.»
«Sono certo che non saranno così egoisti.»
«Non lo saranno? Prima che li costringeste ad accoglierci ci avrebbero volentieri lasciati ad annegare sotto il temporale. La gente non ha il vostro buon cuore! Badano soltanto al loro interesse, e io credo che dovremmo...»
«...comportarci come loro? È davvero quello che vuoi, figlio mio?»
Hiroshi serrò forte le labbra, e sbuffò fuori l'aria cattiva dalle narici dilatate. Nessuno nella sua vita l'avrebbe mai fatto infuriare quanto quell'uomo irragionevole.
«Lo sapete anche voi, otōsama. Avete sperimentato l'indifferenza delle persone sulla vostra pelle, sapete quanto possano essere avide e meschine. No, è ovvio che non voglio comportarmi come loro. Ma dobbiamo mettere in conto che non tutti sono fatti con il vostro stampo.»Io, realizzò in quel momento, non sono fatto con il vostro stampo. Non sono l'uomo che volete che sia, e... per quanto vi stimi, non sono sempre certo che questo sia un male.
Lo sguardo di Eito gli disse che aveva riconosciuto quel significato nascosto nelle sue parole. Chinò il capo, forse per celargli la sua delusione.
«Dici che vorranno un compenso, per permettervi di restare qui.»
«Ne sono certo. E noi non abbiamo più denaro.»
«C'è sempre la ciotola» suggerì l'uomo, con un filo di voce. «È un buon pagamento... ha vene dell'oro della montagna.»
Il cuore di Hiroshi si fermò, in quel momento, in attesa di sentire la risata di suo padre prorompere, come di sicuro stava per fare. Certo, non poteva averlo detto sul serio. Eito sapeva che la ciotola era un simbolo della rinascita di Hiroshi. Era stato al suo fianco quando l'avevano ricostruita, con fatica e dolore.
Dare via una parte di se stesso? Sacrificare la cosa più importante che avesse mai posseduto? Doveva scherzare, non c'era altra possibilità.
Ma la risata non arrivò, e il sangue accecò Hiroshi, che non vide più Minami, né l'uomo ferito nella stanza con il gatto irritante che lo vegliava, né tantomeno Yasu che seguiva nervosa il loro diverbio, ponendosi in mezzo ai due come se avesse temuto di vederli esplodere in un litigio troppo violento.
Strinse i pugni lungo i fianchi.
Non poteva crederci.
Suo padre non poteva aver proposto questo.
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Fiore di Fuoco (#3 I Samurai della Spada Bianca)
FantasyVOLUME TRE Seguendo la sfida crudele di una kitsune, l'ex samurai Eito e i suoi discepoli trovano sul loro cammino Otoha del clan Akagawa. In un'altra vita, la ragazza sarebbe stata Minami, figlia di Eito, famosa nel vicinato per la sua bellezza fo...