2.13 Devo rischiare

46 10 77
                                    

Era quasi sera, quando Yūta indicò loro il profilo della collina.

«Siamo quasi arrivati. Dal Tempio della Misericordia Celeste, potremo imboccare il passaggio sotterraneo che conduce alle Grotte del Drago.»

«Perché non ci sono archi all'orizzonte?» disse Hiroshi «Non vedo le mura, e nemmeno guardiani di pietra.»

«Del tempio non è rimasto nulla, dopo il passaggio di Saburo.»

La voce del ragazzo era pietra focaia: uno stridio, una scintilla, il crepitare di un incendio pronto a esplodere in ferocia. Hiroshi distese il palmo lungo il fianco, in un gesto d'abitudine. Gli fu necessario qualche istante, prima di realizzare che no, questa volta non avrebbe sentito il naso umido di Yasu che gli accarezzava la pelle. Doveva riportare se stesso alla realtà, questa volta, e dirsi da solo che tutto sarebbe andato bene.

Yūta non aveva detto tutta la verità: qualcosa, del tempio, era rimasto. Era la testa della statua del drago, che prima dell'esplosione doveva aver ornato gli archi di ingresso al tempio. L'artiglio giaceva poco lontano: emergeva dal terreno in un muto grido di aiuto.

Hiroshi incatenò gli occhi a quelli vuoti della statua. Un fruscio di voci gli strisciò tra le tempie. Le iridi spente si tinsero per un momento di azzurro. In un battito di ciglia, l'illusione si dissolse.

«Come è successo?» mormorò. La sua stessa voce gli suonò lontana.

«Il tempio è esploso» rispose Nobu. «Lo abbiamo sentito fin dal Padiglione del Ginko. Al villaggio vociferavano che uno yōkai si fosse vendicato dei monaci.»

Yūta si portò accanto a Hiroshi. Guardava all'effigie del drago con rimpianto, ma non si inginocchiò al suo cospetto. Anche se lo avesse fatto, non avrebbe avuto incensi da bruciare al suo cospetto.

«Sono stati i fuochi d'artificio che immagazzinavamo per le celebrazioni sacre. I soldati hanno fatto esplodere i depositi di polvere nera... lui voleva che sembrasse un incidente.»

«Lui.» Hiroshi gli rivolse uno sguardo. «Tuo fratello?»

Il ragazzo annuì.

«Quella notte ha fatto irruzione con i suoi uomini e ha preteso la veste sacra. Ha detto che avrebbe mandato a fuoco il tempio, se ci fossimo rifiutati. L'abate era disposto a cedergliela pur di salvare gli adepti, ma il mio maestro...» Yūta arrossì, e abbassò il capo «Colui che mi ha insegnato in questa vita, Sakuragi-sama... lui ha attaccato Saburo. È riuscito a strappare soltanto un brandello della veste sacra. Date-dono è andato su tutte le furie. È sempre stato incline alla collera, ma non ne ho mai vista tanta sul suo volto...»

Poggiò la mano sulla spalla del ragazzo. Lui non parve nemmeno sentirla. Il suo volto si fece più livido, a mano a mano che la mente scendeva nel ricordo.

«I soldati ci hanno sprangati dentro al monastero. Hanno chiuso tutte le uscite. Poi hanno dato fuoco ai depositi.»

«Come hai fatto a salvarti, Yūta-kun?»

«L'abate mi ha messo tra le mani il triangolo di stoffa che Sakuragi-sensei ha tagliato dalla veste, e mi ha spinto fuori attraverso un passaggio segreto. L'abate detto che finché possiedevamo un pezzo del potere spirituale del drago, il kami sarebbe sopravvissuto. Ho supplicato i miei confratelli di venire con me, ma roshi-sama...» Il ragazzo ingoiò un singhiozzo. «Ha detto che se si fossero salvati anche loro Saburo ci avrebbe trovati prima e avrebbe finito il lavoro. Io, da solo, avrei potuto nascondermi, e tenere viva la forza spirituale del drago. Da solo avevo una possibilità...»

«E hai pensato di nasconderti in città?» disse Nobu, con una nota scettica ben chiara nella voce.

«Volevo cercare l'aiuto dell'abate della Corrente Impetuosa. Il rischio valeva la pena... credevo che avrei trovato un alleato in lui, un seguace del Buddha.»

Fiore di Fuoco (#3 I Samurai della Spada Bianca)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora