1.6 La gentilezza non chiede scambi

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Il primo contadino fece un passo indietro, per schivare l'attacco di Nobu.
Otoha si morse le labbra. Mossa sbagliata.
Il samurai avanzò, affondò, perforò il petto del suo nemico. Un secondo uomo gli si gettò addosso, insieme a un compare: Nobu li schivò entrambi spostandosi di lato. Ferì il primo al fianco; il secondo, sbilanciato, cadde sulla punta dell'arpione del suo alleato. Il samurai rinfoderò la katana, che tintinnò minacciosa nel ritrovare la guaina.
Gli altri contadini indietreggiarono, tremando. Tuttavia, fiaccole e vanghe restavano solide nelle mani piagate. I volti erano maschere di paura e disperazione.

"Non siate codardi, ora!" si levò la voce di una donna. "Ci hanno rubato i nostri figli! Per loro, per loro dobbiamo annientare la strega e i suoi servi!"

Otoha gettò un'occhiata nervosa sulla propria spalla. Rumiko era sparita. Aveva raggiunto le stanze al piano superiore? Quelle bestie non avrebbero avuto riguardo per la sua vecchiaia. Doveva restare nascosta. Era soltanto un'anziana serva, non poteva fare altro.

Otoha, invece, aveva sangue nobile nelle vene. Era forte, abile. Era figlia di un guerriero.

Akagawa Ryōta è un governatore, non un guerriero, la irrise la spada che stringeva tra le mani. Stai parlando della vita dei sogni.

Taci, disse Otoha, e rigirò l'impugnatura tra le mani.

Nobu guardò i potenziali assalitori ad uno ad uno, come a sfidarli con il suo sguardo altero: mi costringerete a estrarre di nuovo la spada? Quindici, tra uomini e donne, circondavano il samurai. Se gli si fossero buttati addosso tutti insieme, nemmeno la sua straordinaria abilità lo avrebbe tirato fuori indenne.

«Ascoltate!» gridò Otoha. «Lasciate liberi Katakura Nobunori e la mia dama Rumiko. Loro non hanno alcuna colpa: è me che volete. Sono io la strega!»

«No» disse Nobu.

Otoha rimase spiazzata dal suono della sua voce. Inghiottì il groppo in gola, e gridò:

«Lasciate che quest'uomo e la mia dama vadano liberi, o vi lancerò addosso un incantesimo!»

I villici la guardarono con occhi lucidi di terrore. I loro volti bruciati dal sole sembravano già cadaveri.

Otoha protese la mano libera, come se fosse un artiglio.

«Che le vostre viscere si facciano nido di vermi, e le vostre feci si sciolgano in cascate di sangue nero. Che la vostra virilità si rattrappisca come una prugna marcia, e il ventre delle vostre donne diventi sterile come la terra seminata a sale!»

La statua della kitsune, nel cortile, fremeva. Un'oscillazione sempre più intensa, che scosse il cuore di Otoha con la stessa violenza inarrestabile. Una crepa nera attraversò la statua e la mandò in pezzi, quando la terra prese a tremare.

Nello scoppio del tuono, il ringhio del kami dei vulcani rintronò e scosse le fondamenta le Padiglione del Ginko, spaccando a metà la collina. I resti della statua del demone-volpe rovinarono al suolo, insieme ai corpi instabili degli attaccanti.

Tra le grida dei villici, emerse l'urlo lacerante di una donna poco più vecchia di Otoha.

La freccia al suo arco era incoccata, mirava alla fronte della giovane signora.

«Muori, strega maledetta!»

Il suolo tremava ancora, un po' più forte a ogni respiro. Otoha pensò: ho fatto infuriare i kami. Ora mi porteranno sotto terra con loro, e diluvierà per sempre.

Ma nessuna mano divina emerse dalle viscere del mondo per trascinarla verso il basso. Un'ampia schiena si mise tra lei e la punta di quella freccia, interruppe la traiettoria, diventò il suo nuovo bersaglio.

Fiore di Fuoco (#3 I Samurai della Spada Bianca)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora