1.12 Bambole

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Il silenzio di Nobu incombeva sul loro viaggio; a ogni passo, Hiroshi si sentiva schiacciare verso il suolo dalla totale assenza di parole. Lo schiocco del fango contro i sandali cullava pensieri troppo agitati per calmarsi con una ninna nanna così elementare. Dov'erano suo padre e Kasumi, adesso? Cosa stavano escogitando i kami alle spalle di Minami? I fiori dei morti che si aprivano al loro passaggio avevano un significato, lo sentiva. Doveva fidarsi di quel presentimento? C'erano così tante domande che avrebbe voluto porre ad Ai, ma nei suoi sogni tesi okaasama non si era affacciata, quella notte.

Riusciva a dare sfogo a quel fiume di preoccupazioni solo canticchiando tra sé. Un vecchio motivo, su cui aveva sentito i biwa hoshi narrare Heike Monogatari. Di tanto in tanto si fermava, per rispondere alle occhiatacce di Nobu, che non mancava di fargli notare in maniera eloquente cosa ne pensasse della sua erratica esibizione.

Se non avesse visto le lacrime sul suo volto, due giorni prima, lo avrebbe detto sdegnoso e scostante. Se non gli avesse letto negli occhi una sincera preoccupazione per Minami, avrebbe pensato che fosse freddo come la prima luna d'inverno.

«Almeno quel tuo gattaccio ci ha lasciati in pace» sbuffò Hiroshi, per pura ripicca. «È per colpa sua se ora sono incastrato qui con te. Gatti! Vatti a fidare delle loro moine, la fedeltà di un cane non ha prezzo.»

Yasu avallò quelle parole con un mugugno soddisfatto. Nobu roteò gli occhi al cielo, e spostò l'elsa della katana sulla destra, verso la dorsale della collina. Lì, un lampo di pelo chiaro guizzò tra i cespugli, seguito dallo sgranarsi di due occhi troppo verdi per appartenere al fogliame.

D'accordo: forse, dopo tutto, anche i gatti avevano il loro modo peculiare di essere fedeli.

«Almeno Yasu può aiutarci a cacciare. Cosa ci procurerà stasera il tuo gatto da ricognizione? Topi morti? Lucertole? Voglio proprio vedere uno come te che arrostisce una lucertola sul fuoco da campo, giuro che se lo fai ti cedo il mio wakizashi senza nemmeno pensarci due...»

La mano di Nobu si alzò a mezz'aria.

Gli stava davvero intimando il silenzio?

Che screanzato! Dopo tutto quello che aveva fatto per lui, adesso osava anche trattarlo con la sufficienza che si riservava a...

I pensieri di Hiroshi ammutolirono, quando vide i rami della grande quercia che oscillava contro il grigiore del cielo. Tra le fronde ingiallite e rade dondolavano grandi bambole votive, di quelle che, di dimensioni più ridotte, i bambini fabbricavano per scacciare la pioggia. Una grande testa tondeggiante, stretta da un cappio, e il resto della veste bianca che fluttuava nel vento.

C'erano due uomini a guardia della quercia. Inginocchiata di fronte a loro, una bambina piangeva, e protendeva le mani, come un arbusto annegato dal diluvio.

Lo stomaco di Hiroshi si contrasse. Avrebbe riconosciuto ovunque l'ululato di un bambino spezzato.

Posò la mano sull'elsa del wakizashi, mentre si avvicinavano al piccolo gruppo. Yasu, cauta, gli ringhiava accanto. Non aveva tempo di vedere se Nobu l'avrebbe seguito.

«Che cosa sta succedendo, qui?» chiese, e la sua voce scese nello stomaco, risuonando profonda dentro al petto.

La bambina rispose con alti singhiozzi, e gli si aggrappò alla veste.

«Signore! Onorato signore, aiutatemi! Per favore, aiutatemi! Io voglio soltanto andare da mio fratello, chiedo soltanto di raggiungerlo! Aiutatemi voi, queste guardie non mi danno ascolto!»

Provò l'istinto di sollevare quel mucchietto d'ossa, e dirle che tutto sarebbe andato bene. Non l'assecondò. Doveva apparire freddo e letale di fronte alle guardie, o avrebbero potuto attaccarlo; il che non lo turbava tanto per se stesso, quanto per la bambina. Avrebbe voluto, se possibile, risparmiarle la visione di lui che sventrava quei rozzi contadini malamente armati.

Fiore di Fuoco (#3 I Samurai della Spada Bianca)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora