2.7 Colpa del drago

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Per procurare loro il passaggio sul carro di vasellame che avrebbe lasciato la città nel pomeriggio, Nobu disse che avrebbe venduto la katana.

Se si trattava di un'offerta di pace, Hiroshi non era disposto ad accettarla.

«Venderò il wakizashi, invece.»

«Non ci frutterà altrettanto. Inoltre, questa spada ha il sigillo del mio clan. Portarla con noi mi renderebbe riconoscibile.»

«E se l'armaiolo ti chiedesse come te la sei procurata?»

«Dirò che l'ho strappata a un nemico vinto in battaglia.»

«La voce giungerà al castello. Akagawa Ryōta saprà che l'hai tradito.»

«O penserà che sono morto difendendo la mia signora.»

«Quella stessa signora che volevi lasciar morire fino a pochi giorni fa?»

Le labbra del samurai assunsero una piega amara.

«Il fiume può seguire soltanto il corso dell'alveo. Se un terremoto costringe l'alveo a mutare, il fiume lo segue senza farsi domande.»

Hiroshi avrebbe voluto gridargli che era un dannato uomo, con una mente e un cuore, e non un ammasso d'acqua che piega la sua forma a quella che lo contiene. Invece, tacque, e rimase nascosto insieme ai ragazzi e al cane quando Nobu andò a compiere la contrattazione. Il battito gli rombava nel petto, la lama del wakizashi vibrava nervosa nel fodero. E se il samurai fosse tornato con i soldati di Akagawa? Suo zio era il capitano delle guardie del daimyō, sicuramente conosceva anche gli uomini che avevano inseguito lui e Yūta il giorno precedente.

Al momento in cui Nobu tornò, fu senza soldati, e senza katana. Se colse la sua sollevata sorpresa, non lo diede a vedere.

Pagato l'artigiano, questi li portò nel retro della sua bottega e li fece salire sul carro, insieme al prezioso carico di vasellame decorato che doveva essere consegnato al feudo dei Date, nella regione più a nord di Hasa.

Per tutto il tempo, sotto il telo del grande carro, Hiroshi percepì l'aura di Nobu, vicina, opprimente; l'intera persona del samurai emanava un calore che non sapeva se considerare benefico o distruttivo. Se avesse spostato un po' il gomito, ecco, gli avrebbe toccato il fianco. Umi gli stava attaccata alla gamba come un cucciolo spaventato; Yūta si acquattava poco lontano, tanto imperturbabile quanto rigido. Anche se il ragazzo sembrava impassibile, la mano affondava nel pelo di Yasu, alla ricerca di consolazione. In mezzo a tutte quelle persone, Hiroshi si sentiva più solo che mai, con il peso di una responsabilità che lo trascinava verso il basso.

Non aveva mai dovuto decidere di fidarsi di nessuno, prima di allora.

Da sette anni viaggiava soltanto con suo padre e Kasumi; il resto dell'umanità li aveva a malapena sfiorati. Adesso, quelle persone che avevano formato tutto il suo mondo erano lontane. Accanto a Hiroshi c'era una bambina che non aveva più nessuno al mondo; c'era un ragazzo che aveva conosciuto nella vita dei sogni, di cui non ricordava altro che il nome. Dipendevano entrambi da lui. Non sapeva quale strada imboccare per tenerli al sicuro e, nel contempo, raggiungere sua sorella. Poteva contare sull'aiuto di Katakura Nobunori, oppure era solo a camminare quella strada? 

Okaasama, ti prego, guidami. Questa volta, è per me che chiedo l'elemosina di un sogno. 

Il sogno non arrivò. Per i due giorni successivi, il sonno di Hiroshi fu scomodo e inquieto.

Quando il mercante li lasciò al bivio che li avrebbe condotti verso le montagne, i colori del giorno si scioglievano dentro al tramonto. Non avevano molto tempo per decidere il da farsi. Presto sarebbe stato troppo buio per proseguire.

Fiore di Fuoco (#3 I Samurai della Spada Bianca)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora