La mano che mi spazzola i capelli non appartiene a Rumiko.
Il suo tocco è meno delicato, più sicuro. Mi irrigidisco quando tira le ciocche con un po' troppa forza, e tra le labbra mi sfugge un lamentoso:
«Okaasama! Non voglio essere calva per il mio matrimonio.»
«Sei così drammatica! Il tuo nuovo marito ti venderà a una compagnia di commedianti, Micchan.»
Non è la voce di mia madre, Akagawa Miyo, a rispondermi.
Lei non conosceva l'ironia. Niente del genere, che io ricordi, ha mai intaccato la purezza del suo sorriso. Somigliava a una maschera da teatro; nella perfezione bianca del suo incarnato si schiudevano dolcemente le fila dei denti, anneriti come era usanza tra le donne sposate di alto rango. Mi sembrava di vedere la bellezza della notte, in lei, le rare volte in cui rideva.
La donna che si riflette nello specchio, oltre il mio volto – bellissimo, intero -, ha la pelle scura come sabbia. I capelli sono belli, lo riconosco: lucidi, lisci, mi ricordano i miei. La forma del volto è graziosa, un po' oblunga, gentile. Ha occhi caldi, che brillano di uno spirito divertito e divertente. I denti che ornano il suo sorriso sono bianchissimi.
Come mi ha chiamata?
Non faccio in tempo a formulare la domanda: la me stessa del sogno è interessata soltanto a trovare una replica arguta.
«Mio marito conosce il tesoro che sta acquistando, e non mi lascerà mai andare, vedrete!»
Suono così sicura. Una parte segreta del mio cuore grida. Salvatemi, sono intrappolata in un altro corpo. Questa non sono io, non sono Otoha! Io non ho mai riso così, come se schiaffeggiassi la vita con la mia giovinezza e avvenenza. Stupida ragazza, non lo sai che vantarsi ad alta voce di ciò che si possiede invita il destino a strappartelo?
Taci, vorrei urlarle.
Non ridere, non essere felice.
La tua felicità doveva essere la mia, e invece non la potrò avere.
Un bagliore del mio malessere si riflette nello specchio. La donna che non conosco, e che ho chiamato madre senza nemmeno pensare un momento, mi sfiora il viso in punta di dita: poi mi abbraccia, senza grazia, ma con un affetto che mi lascia senza fiato.
Non amo queste dimostrazioni: quando sono sveglia rifuggo ogni tocco non necessario di Rumiko, e le sue occasionali esternazioni di tenerezza sono incontrate da rimproveri; alle volte, perfino da punizioni. Invece, ora il mio corpo accoglie con naturalezza il tocco di questa donna. La pelle riconosce il suo profumo.
Perché mi viene da piangere?
La manica della sua veste ha dentro tutti i colori dell'arcobaleno, che si sciolgono gli uni negli altri: è così irreale, così bella.
Mi poggia la guancia contro la tempia, guarda i miei occhi nel riflesso.
«Sì, Date Saburo è un uomo fortunato. Avrà al suo fianco una giovane donna forte e intelligente, e prego tutti i bodhisattva che conosco che sappia onorarla come merita.»
«Okaasama...»
«Su, Ai, non far piangere la sposa il giorno prima delle sue nozze. Non può essere un buon auspicio.»
La voce gentile è apparsa sulla soglia, contenuta dentro la figura di un uomo che ho visto poche volte, e soltanto dentro ai sogni.
È alto, ha spalle larghe e vita stretta; attributi che non appartengono a un contadino. I suoi abiti sono dignitosi, ma semplici. I capelli troppo lunghi stanno legati mollemente sulla nuca, mentre la barba non ha visto il rasoio da molti giorni. Non è bello, con quei suoi occhi troppo rotondi al centro e sottili alle estremità: sembrano semi di qualcosa che non è ancora sbocciato.
Non importa ciò che pensa il mio sguardo di lui. Il cuore mi dice che è l'uomo migliore che esista, e si contrae di dolore perché domani lascerò la sua casa, e i miei fratelli. Non vedrò più nessuno di loro, per lunghi mesi.
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Fiore di Fuoco (#3 I Samurai della Spada Bianca)
FantasyVOLUME TRE Seguendo la sfida crudele di una kitsune, l'ex samurai Eito e i suoi discepoli trovano sul loro cammino Otoha del clan Akagawa. In un'altra vita, la ragazza sarebbe stata Minami, figlia di Eito, famosa nel vicinato per la sua bellezza fo...