Il fuoco e la dinamite

19.8K 249 22
                                    

Annalisa si sentiva assai a disagio in mezzo a quel tumulto di grida e musica. Le feste le piacevano, ma quella le sembrava più una bolgia infernale. Non riusciva a capire dove Elena avesse conosciuto certe persone, ma aveva ben intuito che i gusti dell'amica, forse, erano meno consoni di quel che pensava. Lì c'era di tutto, forse anche troppo, si viaggiava al di fuori di una semplice festa: era più un ritrovo di esaltati senza remore e freno. 

"Vieni dai, vedrai che ti diverti...stai sempre tappata in casa a leggere! Devi svegliarti tesoro mio, altrimenti rischi di fare la muffa già a diciannove anni!". Le aveva detto per telefono la sua amica, quando mostrò un minimo di indecisione sull'accompagnarla, la conosceva bene e sapeva che non avrebbe mollato la presa, quindi rassegnata più che invogliata, le aveva confermato la sua presenza. 

Ora, all'interno di quel locale malfamato, almeno secondo i suoi neuroni, si sentiva come un pesce intrappolato nella rete dei pescatori...o forse, avrebbe dovuto dire: dei peccatori! Le luci psichedeliche le davano fastidio agli occhi, dandogli quell'illusione assurda nel sentirsi circondata da matti che si muovevano a scatti. L'alta concentrazione di fumo nell'aria le aveva intasato la gola, fino a farla bruciare; odiava il fumo e di certo, dall'odore che avvertiva il suo naso, non era del tutto legale quella nebbia che avvolgeva il locale. Si guardava intorno e ben intuiva di essere la persona sbagliata, nel posto sbagliato e con gente sbagliata. Persino il porta champagne, abbandonato su un tavolinetto pieno di pacchetti di sigarette e cartacce, era più in sintonia di lei in quel posto. Donne che ballavano con movimenti provocatori, mezze nude e in piedi sui tavolini, con una ciurma di bavosi ai loro piedi che le eccitavano a dare il meglio; luci rosse che si alternavano a quelle porpora e poi blu, il tum tum assordante che la stava facendo diventare sorda, minigonne a giro chiappe ovunque, calze a rete su ogni coscia che vedeva, vertiginosi tacchi che al solo vederli le venivano le vertigini, per non parlare del fatto che le magliette sembrano esser passate di moda: sostituite da risicati top o addirittura reggiseni spacciati per top. Ben capiva perchè la guardassero male: indossava dei casti jeans e un felpone della nonna in confronto agli invitati, l'unico paio di ballerine ai piedi in tutta la festa? Le sue! Si sentiva come Alice, solo che invece di precipitare nella tana del Bianconiglio, era finita in un girone dell'inferno. 

"Ciao, io sono Elio". Una voce maschile la portò a puntare il nocciola dei suoi occhi a sinistra. 

Si ritrovò davanti un ragazzo che, più o meno, doveva avere la sua età, o giù di lì. Aveva due occhi scuri ma alterati, sicuramente, dalla mole di alcool e fumo che gli circolavano nelle vene. Nel vestire era abbastanza sobrio, ma emanava una certa ostentazione, come se avesse intrinseco il pensiero di voler provocare solo a vista, senza neanche conoscerla. 

"Ciao Elio, mi chiamo Annalisa", stentò un attimo nel rispondere e nel porgere la mano, quel tipo le sembrava poco chiaro, per questo non molto raccomandabile. 

"Sei qui con un'amica?". Il tono di voce che adottò non lasciava dubbi sul fatto che sapesse già la risposta. 

"Sì, sono con Elena, non so se hai presente...". Rispose Annalisa rimanendo sempre ben incollata all'angolo della stanza. 

"Elena la bionda? La ragazza di Federico?". Domandò Elio in tutta sicurezza, come se esistesse quella solo di Elena. 

"Sì, lei...e dovrei cercarla per dirle che, francamente, preferisco andarmene via da qui". Rispose un po' seccata, del resto la sua amica si era lanciata nei festeggiamenti e l'aveva vista sparire, proprio con Federico, dietro a una delle cinque porte chiuse che costeggiavano una parete del locale. Non osava pensare a cosa stessero facendo chiusi lì dentro. 

"Oh che peccato...", commentò con tono dispiaciuto Elio. 

"Cosa?", fu la risposta istintiva di Annalisa. 

"Che peccato che vuoi andare via proprio ora...la serata non è ancora finita e per te potrebbero esserci sorprese inaspettate". Elio si mostrò seducente nel dirlo.

"Senti, non so che idea ti sei fatto di me, ma sono ben diversa da Elena e da tutte quelle che vedo qui, quindi me ne vado, sono rimasta anche troppo". La difensiva scattò immediatamente. 

"Aspetta, aspetta, non è per me che lo dico". Elio l'afferrò per un braccio. 

"Non ho intenzione di starti a sentire e non mi interessa per chi, eventualmente, lo dici". Annalisa cercò di liberarsi. 

"Oh andiamo, non fare la bambina capricciosa. Aspetta almeno di vederlo...". Elio non era disposto a lasciarla andare via tanto facilmente. 

"Vedere chi?". Annalisa cominciava ad aver paura. 

"Vedi quel tipo al tavolino? Lì nell'angolo opposto, quello seduto con il whisky davanti e il cappotto lungo?". Elio le spostò il viso nella direzione che voleva. 

"Sì e allora?". Annalisa si sentiva presa in giro, Elio la trattava come se fosse una cretina. 

"Beh, lui ti trova molto attraente, sebbene non capisco il perchè...sei così innocua e sciapa alla vista. I gusti, però, sono gusti e non si discutono...se vuoi posso presentartelo". Il suono persuasivo con cui lo disse fece scattare in Annalisa ancor di più la voglia di andarsene. 

"No, grazie". E si avviò fuori dal locale. 

"Quella stupida dove si sarà cacciata e che diamine sta facendo, vorrei sapere!". Intonò una volta che l'aria fresca della sera le irradiò il viso, non ne poteva più di stare chiusa là dentro. 

"Probabilmente starà in qualche prive a scopare il suo Federico", ribatté una voce maschile alle sue spalle. 

Nel voltarsi, Annalisa si ritrovò davanti il tizio del tavolino, l'amico misterioso di Elio. Era alto e con un fisico atletico, ben messo davvero. Uno di quei ragazzi che non passa di certo inosservato, tatuato da quel che vedeva uscire dall'apertura della camicetta, con l'atteggiamento sfrontato nel guardarla. La barba leggermente incolta, i capelli rasati ma percettibili all'occhio, moro e con un'espressione quasi dannata in volto. Il cappotto lungo di pelle, leggero alla vista, gli donava un alone misterioso, Era un tipo curioso, Annalisa lo guardò con calma e allo stesso tempo ammaliata, Non aveva mai visto un ragazzo così carico di fascino e questa attrazione inaspettata, lì per lì, la spaventò parecchio. Non era da lei cadere così, imbambolata dal primo venuto. 

L'istinto è qualcosa che troppo spesso sottovalutiamo e Annalisa stava per commettere lo stesso tipo di errore, stava sottovalutando la paura istantanea che quell'attrazione le aveva dettato. Avrebbe dovuto scappare anni luce da quel tizio, che era il peggio che potesse incontrare in quel locale. Marzio si portava dietro una reputazione pessima tra i comuni mortali come Annalisa, tra la gente che credeva fortemente in certi valori e idee. Per questa schiera di persone Marzio risuonava come il figlio del diavolo. Un eterno tentatore, lui stesso si definiva un fanatico della lussuria più frenata e meno controllata che potesse esistere. Alcune donne lo evitavano come se avesse la peste, altre, come quelle presenti a quella festa, lo vedevano come una specie di Dio del sesso a cui è impossibile dire di no. Bello e dannato si fondevano a meraviglia nella sua figura e il suo atteggiamento immorale, per niente nascosto, lo rendeva attraente come il miele per le mosche. C'è chi, tra i presenti in quel locale, lo prendeva come esempio, cercando di emulare le sue imprese erotiche o il numero delle conquiste; di sicuro quell'uomo risultava come un continuo richiamo alla salvaguardia della specie, incarnava il peccato primario come se lo avesse intrinseco nel suo patrimonio genetico. Era il proibito e il desiderato allo stesso tempo, tutto quello che una donna non avrebbe mai voluto, ma allo stesso tempo desiderato fortemente. Annalisa stava per scoprirlo bene quest'ultimo fattore, rischiando di ritrovarsi in un gioco molto più grande  di lei e peccaminoso più di quanto la sua mente potesse pensare. 

In quel momento, davanti a quel locale, tra il mormorio dei gatti in amore, tra il vento gelido di una fine d'inverno, dopo una serata passata a fare da stoccafisso in un angolo, vederli uno di fronte all'altro dava uno strano effetto: sembravano il diavolo e l'acqua santa. 

Inconsapevolmente quel San Valentino aveva chiamato Cupido a raccolta e questi aveva scoccato una freccia pesante come il piombo. Erano lì, nel silenzio della notte, rotto solo dal passare di qualche auto e dal frastuono che proveniva dal locale: due semplici esseri di sesso opposto che si osservavano, ma che avevano la carica esplosiva che può avere il fuoco quando si avvicina a una tonnellata di dinamite. 


Questione di pelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora