Quel momento in cui...

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Annalisa era ancora frastornata nonostante il sole fosse già alto da un bel pezzo, pessima idea quella di saltare la lezione all'Università, ne era convinta, ma si trovava in trans per via della perdita del sonno. 

Aveva faticato parecchio per riprendere sonno, infastidita dalla presenza del fantasma che sembrava essersi impossessato della sua mente: Marzio vi regnava incontrastato e in quella notte, appena passata, l'aveva fatta sentire prigioniera della sua stessa essenza. 

Aveva passato gran parte della notte a fissare il soffitto,  seppur non lo vedeva nel buio pesto della sua camera, terrorizzata dall'idea che le bastava chiudere gli occhi per rivedere quel volto maschile da cui stava cercando di scappare. Il dramma era dietro l'angolo e si manifestò, nel pieno della sua devastante potenza, quando la fisionomia di lui prese vita anche nel nero folto della sua camera. 

Le sembrò di impazzire, non riusciva a dimenticarlo e lo vedeva apparire ovunque: sul soffitto che le sorrideva con il suo ghigno da peccatore, appoggiato al muro intento a guardarla con i suoi occhi profondi, ai piedi del letto intento ad accarezzarla. Non era neanche più un incubo, o un sogno andato a male, era diventato una specie di tormento che la stava lentamente consumando. 

A peggiorare la situazione era intervenuta quella strana sensazione che le scorreva nelle vene. Non era solo una presenza che si divertiva a torturarla, no c'era dell'altro e, in finale, era proprio quest'altro punto che la spaventava di più. Ogni volta che le appariva in mente Marzio, inesorabilmente, il suo corpo reagiva inaspettatamente: il calore di quelle mani adulte si intensificava lungo la sua pelle, erano tangibili seppur inesistenti, le sentiva e ne assaporava il gusto, fino a udire lo scorrere del sangue che palpitava dentro quelle vene sporgenti che gli attraversavano il dorso. 

Si fermò di scatto, poco dopo l'aver messo piede in cucina, ripensando a quella sensuale fisionomia che contraddistingueva quelle mani: da uomo, pensò, cariche di erotismo a tal punto da incarnarne l'essenza; leggere e passionali, dal tatto soave, ma fortemente maschili; ne ripercorreva a mente le venature, che si innalzavano sul dorso come se fossero torrenti in piena, risaliva quella corrente sanguigna come se fossero fiumi disegnati in una mappa geografica. 

Devo togliermelo dalla testa, altrimenti impazzisco! Esclamò ad alta voce consapevole che nessuno l'avrebbe udita in quanto era sola. Sua madre era andata al lavoro e suo padre era fuori per l'intera settimana. Suo fratello a scuola, non c'era nessuno, a parte lui che regnava nei suoi pensieri. 

E' assurdo...ripensò ancora, non lo conosco neanche come si deve, eppure...le sembrava di averlo avuto sempre accanto, ogni gesto e ogni oggetto, che la circondava, glielo riportava alla mente come se ne fosse legato in qualche modo. 

Ammettilo, quel gran pezzo di gnocco ti ha seppellita sotto la sua valanga sensuale e carismatica...la ribelle tornò a farsi sentire, ieri sera hai sfiorato l'orgasmo e lo stavi solo sognando, pensa Annalisa se ci vai veramente a letto...sentì le guance divampare, di sicuro era diventata rossa come un peperone. Ma come poteva dare torto a quella parte di sé che stava emergendo? In finale, era vero! 

Il cellulare prese a squillare e la distolse da tale sconfitta. Salì in camera e lo prese: il numero era nuovo. 

"Pronto", disse cercando di ritrovare un minimo di concentrazione. 

"Non sei all'Università, come mai?", quella voce calda le arrivò al petto come una pugnalata, non era possibile che fosse lui. 

"Ok, adesso mi spieghi come hai fatto ad avere il mio numero?". Gli domandò un po' seccata, questo suo atteggiamento le ricordava quei tizi protagonisti di Amore Criminale, le doti da stalker le aveva tutte e non sapeva se sentirsi lusingata da tali attenzioni, o se erano segnali di un'imminente pericolo in arrivo. 

"Elena, me lo ha dato lei stamane, quando ho avuto conferma che non eri all'Università", le rispose con calma e spiazzante lucidità. 

"E perchè eri all'Università? Non lavori?", cercò di saperne di più, magari era lì per caso e non per cercarla. 

"No, da ieri sono in ferie e a tua completa disposizione. Esci?", Tagliò corto arrivando al dunque. 

"No, devo...studiare", improvvisò una scusa. 

"Sì, certo - dal tono di voce non l'aveva bevuta - più tardi? Nel pomeriggio?", incalzò sicuro di farla cedere. 

"No, ho da fare con mamma", altra scusa. 

"Ho capito - ma non le sembrò rassegnato - e sentiamo, quando possiamo vederci?", le domandò con voce suadente. 

MAI avrebbe voluto urlargli, ma si limitò:

"Non lo so,è un periodo complicato", questa scusa era in parte plausibile. 

"Cosa devo fare per vedere la mia ragazza? Ah aspetta, posso venire da te se vuoi", ora era più seducente di un attimo prima. 

Ragazza? Cosa? E da quando?  Pensò guardando per un attimo il telefonino mostrandogli tutta la sua perplessità al grande schermo. 

"Non ti sembra di correre un po' troppo?", gli domandò secca. 

"Tu dici? Ah sì, scusa, dimenticavo...la tua innocenza da principessa delle fate...devi perdonarmi, ma l'era del "vuoi essere la mia ragazza" l'ho finita da un bel pezzo...pensavo che il messaggio ti fosse arrivato con la promettente pomiciata dell'altro giorno". Aveva un tono ironico e Annalisa si sentì presa un po' in giro. 

"Ammesso e non concesso che fossi la tua ragazza, resta il fatto che sei pazzo! Se vieni qui, i miei mi ammazzano!". Era indispettita dalla sue parole canzonatorie. 

"I tuoi non sono al lavoro? Non sei sola?", le domandò sempre con il solito tono irrisorio. 

"Beh sì - ora rischiava di fare la figura della ragazzina, la seconda dopo quella fuga dall'albero - ma se lo vengono a sapere...", lui la fermò sovrapponendo la sua voce. 

"Allora esci, stiamo un po' insieme e poi ti riporto a casa in tempo per studiare, promesso", sottolineò l'ultima parola con un timbro da bravo ragazzo. 

Annalisa rimase per qualche secondo in silenzio indecisa sul da farsi. Tanto se non esci ti tormenta lo stesso...di nuovo la ribelle si affacciò dalla porta della coscienza. 

"Ok - lo sto dicendo davvero? Le saltò in testa mentre gli rispondeva - dammi il tempo di prepararmi, ti richiamo io, a dopo", senza pensarci e senza udire la risposta riattaccò. 

Rimase immobile sul letto consapevole che stava rischiando di scottarsi a dovere. Silenziosa guardò con la coda dell'occhio il completino nero che Marzio le aveva regalato. Era di nuovo su quel filo tagliente dell'andare o non andare...si morse le labbra e scattò in piedi. Afferrò il completino con forza e andò in bagno pensando:

Fanculo si vive una volta sola!

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