20 - Chocolate

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Tra una risata e l'altra, Jonathan mi ha comprato anche un paio di scarpe che ho notato casualmente in vetrina, rosso fuoco e lucide, a tacco alto, classiche, esattamente come le cerco da una vita, e un cuscino a forma di testa di gatto, con due cuori rosa al posto degli occhi. Mi sono fatta corrompere dal fascino di un negozio di cianfrusaglie.

- Ho fame. - dico, ad un certo punto.

Sono affaticata per via di tutti i chilometri che abbiamo percorso a piedi nell'arco della giornata, ma dentro di me sono felice e non voglio rinunciare a questo stato di benessere. Non voglio andare a casa e non voglio separarmi da Jonathan, mi sto divertendo troppo.

- Possiamo passare dalla pasticceria, se vuoi. Ci sarà sicuramente qualche avanzo di torta di tuo gusto. - propone Jonathan.

- Perché non ne fai una fresca, invece? - ribatto.

Jonathan si volta a guardarmi e ride.

- Sissignora, solo il meglio per lei. - mi canzona.

- Saranno degli avanzi deliziosi, ma voglio vederti all'opera. - sorrido amabilmente.

La mia richiesta viene soddisfatta: prendiamo un taxi, che permette alle mie povere gambe di riposarsi finalmente, e torniamo in quel piccolo angolo di paradiso dove sfornano prelibatezze divine.

Jonathan non mi dice subito che tipo di torta ha intenzione di preparare, ma quando lo vedo tirare fuori il cioccolato, capisco di potermi fidare al cento per cento.

- Quindi tu dai per scontato che mi piaccia la torta al cioccolato. - commento.

Arrotola le maniche della maglia sulle braccia e risaltano gli avambracci. Osservarli sotto sforzo è eccitante.

Jonathan si concentra a misurare la quantità giusta di farina da utilizzare, poi mi indica dove posarla.

- Sono sicuro che non rifiuti nulla che contenga del cioccolato, questo sì. - precisa poi.

- Allora hai le certezze giuste. Saggio ragazzo. - gli sorrido.

Inevitabilmente, ridacchia.

Lo osservo muoversi abilmente in cucina tra scodelle, fruste, sac à poche e una marea di altri strumenti: è affascinante. Si muove con sicurezza, scioltezza e meticolosità.

- Ora che l'impasto è cremoso al punto giusto e privo di grumi, possiamo trasferirlo nella tortiera e metterlo in forno. Mi prendi un leccapentole dal terzo cassetto? Proprio lì, dietro il tuo culetto grazioso.

- Grazioso? E poi pensavo che esistessero solo i leccapiedi... Cos'è questa storia delle pentole? - obietto.

Jonathan ridacchia.

- Il leccapentole ha la forma di una spatola e, nel nostro caso, il manico di plastica e la parte che ripulisce il contenitore in silicone. Serve a portare via tutto il prodotto e minimizzare gli sprechi. - spiega il signor pasticcere.

Mi giro e apro il terzo cassetto. Fra gli altri utensili, alcuni di legno, altri di plastica, altri ancora di alluminio, prendo un leccapentole azzurro e lo passo a Jonathan.

- Grazie.

- Prego. Senti, ma quanto tempo ci mette a cuocere? - domando.

Dopo aver infornato, il ragazzo si volta verso di me e ci pensa su.

- Mezz'ora.

Un po' mi aspettavo che ci volesse circa mezz'ora, ma non ho voglia di aspettare così tanto, perciò sbuffo. Tuttavia, non credo di avere alternative.

Jonathan mi coinvolge nella fase delle pulizie, sostenendo che ho fatto la bella statuina finora e che è tempo che faccia qualcosa. Ci accordiamo in modo che lui lavi e io asciughi, poi mi dica dove mettere a posto.

Terminiamo una ventina di minuti dopo, quando inizia a diffondersi il profumo della torta al cioccolato per la cucina.

- Ma come fai a lavorare qui e non essere obeso? Io mangerei metà dei dolci che escono dal forno. - commento.

- Mi piace fare attività fisica, soprattutto jogging con Michael, un mio amico dal primo anno delle superiori. E poi, non ho la tentazione estrema di assaggiare tutto o mangiare dolci in continuazione. La mia passione è più creativa che altro. - spiega Jonathan.

- Sì, be', solo un malato di mente come te potrebbe andare a correre in giro per Londra con il tempo che fa di solito. Mi presenterai questo Michael, tra l'altro?

- Credo di sì, è stufo che io lo trascuri a causa tua. - ridacchia.

Sollevo le sopracciglia.

- Lo trascuri, eh?

- Sì, ultimamente un po'.

- Gli hai parlato di me? - domando ancora.

Jonathan schiocca la lingua contro il palato.

- Basta domande, sei invadente. - mi blocca.

- Cosa gli hai detto di me? - persevero.

Un lieve rossore fluisce sulle sue guance e il mio sorriso si amplia, perché sono riuscita a metterlo in difficoltà.

Si passa una mano tra i capelli scuri.

- Minnie. Gli ho detto che ti chiami Minnie. - sospira.

- L'ha fatta la battuta su Minnie Mouse?

Jonathan resta a bocca aperta.

- Come fai a saper...

- Mi sa di uno che fa questo genere di battute. - alzo le spalle.

Il profumino della torta si fa sempre più intenso.

Il mio stomaco reclama cibo dolce e delizioso.

- E mi sa che la torta è pronta. - aggiungo.

Jonathan si gira per controllare e apre il forno con cautela.

Scruta al suo interno per qualche secondo.

- Il tuo intuito oggi è fenomenale. - ridacchia.

Sorrido ampiamente. Si mangia!

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Ingrasso al solo pensiero di una torta. Vabbe, per consolarmi vado a mangiare il gelato. Sempre per essere coerente.

Love you 🍰

Sour, Sweet & Smart (#STYDIA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora