38 - Kiss

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Aver litigato con Liam mi ha resa nervosa a tal punto che ho chiesto di non partecipare alla riunione del pomeriggio a cui invece ero invitata. Non una gran bella mossa, ma tutto sommato ragionevole, perché le persone con cui avrei dovuto discutere in sala riunioni avrebbero richiesto una dose di tranquillità e pazienza da parte mia che in quel momento non avevo. E il pomeriggio si trascina lento e piatto, nella straziante attesa del momento in cui potrò tornare a casa.

Quando esco dal lavoro e mi incammino per le strade di Londra, a piedi perché dicono che camminare aiuta a rilassarsi e ne ho decisamente bisogno, la fortuna non mi assiste: inizia a piovere. Forte.

Mi maledico da sola per la bella idea che ho avuto e cerco di coprirmi con il colletto della giacca, anche se non posso fare molto.

- Pioggia del cazzo! Proprio il giorno in cui non prendo il taxi! - impreco, entrando nel palazzo dove abito.

La signora Jones, quella ossessionata con le pulizie che non esce dal suo appartamento se non per lucidare la maniglia della porta dall'esterno, mi lancia un'occhiata seria e passa l'aspirapolvere sullo zerbino.

- Signorina Knight, a Londra piove trenta giorni su trentuno. Metta un ombrellino in quella borsa inutile, visto che non la usa nemmeno per coprirsi, almeno le torna utile. - borbotta.

Assottiglio lo sguardo.

- Grazie per il consiglio, anche se lo accetterei più volentieri da qualcuno che sia uscito sotto la pioggia negli ultimi trent'anni. Buona serata. - replico.

Non mi dilungo oltre con questa vecchietta, nonostante io la senta borbottare ancora sui giovani indisponenti al giorno d'oggi, e salgo al mio appartamento.

Cerco le chiavi in borsa, ma non le trovo. Disperatamente, mi siedo sul pianerottolo e tiro fuori tutto il contenuto, arrivando a scoprire di avere anche delle caramelle al limone sempre con me. Il più è in realtà costituito da plastica di pacchetti e confezioni varie, scontrini a non finire e fazzoletti.

Niente, sono sparite.

Che cosa stavo facendo stamattina? Me le sono dimenticate in casa?

Dev'essere così, non posso averle perse.

- Che vita di merda! - sospiro, esprimendo tutta la mia frustrazione con un verso rabbioso.

La porta del mio appartamento si apre.

- Perché sei seduta sul pavimento con tutta la roba sparsa intorno? E sei anche bagnata fradicia! Dio, Minnie, ti prenderai di nuovo la febbre!

- Jonathan? Ma cosa ci fai nel mio appartamento? - mormoro, sbigottita.

Lui si abbassa e inizia a raccogliere le cose che ho tirato fuori dalla borsa per aiutarmi a rimetterle dentro.

- Hai lasciato le chiavi sul tavolo, vista la fretta che avevi di andartene - mi lancia un'occhiata eloquente - e ho pensato di tornare qui in tempo per il tuo rientro, così non avresti sclerato.

Ridacchio al suo piano fallito.

- Ed è successo comunque.

- Ed è successo comunque. - conferma lui, con un rapido sorriso.

Mi accingo ad alzarmi, ma Jonathan non si muove e me lo ritrovo più vicino di quanto avessi calcolato.

I suoi occhi mi inchiodano.

- Stavi dimenticando questo. - mi fa notare.

- Che cosa? - domando, incapace di spostare lo sguardo per capire che cosa mi sta porgendo.

Deglutisce.

- Il rossetto. - sussurra.

In questo momento, però, del rossetto non potrebbe importarmi di meno: le labbra di Jonathan sono una distrazione troppo invitante per fare caso ad altro.

Lentamente, mi avvicino. A baciarmi, però, è lui, impaziente di colmare la distanza quasi insignificante che ci separa alla velocità cui stavo andando.

Ed il bacio è dolce, sospirato, come una carezza. Le labbra di Jonathan sono morbide e vellutate e ricerco un contatto maggiore e prolungato, perché da tempo non mi sentivo coinvolta in un bacio desiderato e ora non voglio che finisca.

Quando Jonathan si distanzia un minimo per prendere fiato, annulla di nuovo i millimetri che ci separano e preme ardentemente le labbra sulle mie, come per imprimersi nella memoria questo momento.

- Dovremmo rientrare. - sussurra.

Ancora con gli occhi chiusi e il respiro mozzato, annuisco.

- Sì, dovremmo. - concordo, con voce quasi inudibile. Ma Jonathan è ancora vicino a me e sono sicura che abbia sentito.

Inclino leggermente la testa e lo bacio di mia iniziativa, senza un briciolo di timidezza. Aggressiva e autentica come sono sempre stata con lui, non risparmio la sincerità e gli comunico con impetuosità tutta la voglia che ho di baciarlo in questo momento; dalla frenesia con cui le nostre labbra si incontrano e si scontrano, mai sazie, direi che è tanta. Almeno tanta quanto la sua. Il pensiero mi fa sorridere, perciò Jonathan si ritrova a baciare il mio sorriso. È una cosa che ho sempre visto nei film e mi ha fatta sognare... E che non capitava mai con Liam.

Affannati, decidiamo di entrare finalmente nell'appartamento, ma faccio in tempo solo a posare la borsa, perché per togliermi la giacca interviene Jonathan, immediatamente vicino a me.

Posa una mano sul mio fianco e l'altra sulla mia guancia, gentilmente, e mi guarda con un'intensità che mi scioglie. È come se nei suoi occhi fosse scritto "non vorrei vedere nessun altro e nient'altro se non te".

Segue un altro lungo bacio, uno di quelli che vivi pienamente dal primo secondo all'ultimo, di quelli che restano, che addolciscono un po' il tuo cuore, di quelli che non dimenticheresti neanche volendo.

- Ora non giudicarmi male, ma... - inizia a sussurrare Jonathan, ancora con gli occhi chiusi e a breve distanza da me - Ti ho preparato un bagno caldo con acqua di rose.

Spalanco gli occhi e lo fisso a bocca aperta, indecisa se scoppiare a ridere o stare zitta.

- Un bagno caldo. - ripeto, cauta.

- Già. - annuisce lui.

- Tu mi hai preparato un bagno caldo. Con acqua di rose. Ma ti hanno mandato direttamente dal Cielo, per caso? No, perché la mia vita ha fatto piuttosto schifo fino adesso e arrivi tu con i dolci e il bagno caldo e i baci e... È troppo! Oh, Santa Madonna, non mettermi in crisi. - straparlo, sopraffatta da quanto sia buono Jonathan e da quanto in realtà io non lo meriti al mio fianco.

Lo vedo sorridere.

- Perché sorridi? - domando, ancora esterrefatta.

- Invece di pensare così tanto, goditelo e basta. Vai che si raffredda. - mi consiglia.

E mentre cammino lesta verso il bagno, prima di trovare un'invitante aroma di rose ed immergere il corpo nel tepore profumato della vasca, potrei giurare di aver sentito il rumore di padelle che vengono spostate e adagiate sui fornelli. Se mi prepara anche la cena, lo sposo stasera stessa.

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Ci hanno messo trentotto capitoli, ma ce l'hanno fatta: ecco il bacio!

Love you 🍰

Sour, Sweet & Smart (#STYDIA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora