39 - Goodbye

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È venerdì. Venerdì sera, per la precisione.

Ho passato gli ultimi tre giorni sballottata fra l'ansia per il contratto della mia azienda con quella per cui lavora Liam e l'impazienza di tornare a casa e riempire Jonathan di baci. E non solo.

Devo ammettere che non mi aspettavo un lato passionale così soddisfacente da parte sua: sembra un ragazzo troppo tranquillo per nascondere tanto ardore. Evidentemente, si tratta di uno di quei casi in cui è meglio non giudicare il libro dalla copertina.

Entrata in casa, trovo l'appartamento vuoto e una piccola area del mio cervello si domanda che piani abbia Jonathan, visto che, a conti fatti, passa più tempo qui che nel suo appartamento. È pur vero che non abbiamo neanche dato una definizione al nostro rapporto, com'è anche vero che, a rigor di logica, cercarsi sempre e voler stare insieme porta ad un'unica deduzione.

Controllo le notifiche sul cellulare e trovo un messaggio proprio di Jonathan in cui mi dice che è fuori con Michael stasera.

E solitamente sento di ragazze che si preoccupano a messaggi di questo genere: io sono tranquillissima. So che Michael ci prova spudoratamente con tutte, ma conosco Jonathan e so che non si fa trasportare dal suo modo di fare. Ogni suo gesto mi rassicura dei sentimenti che prova per me e sono certa che non abbia motivo di cercare in altre quello che ha trovato in me, qualunque cosa sia.

Metto della musica rilassante in cucina e inizio a preparare il condimento di pollo e verdure che unirò alla pasta. Domani andrò a mangiare la pizza con Jonathan, cinque giorni senza sono già troppi.

L'acqua in pentola inizia a bollire e io aggiungo il sale, poi peso la pasta e la verso, dopodiché mi segno mentalmente il tempo in modo da azzeccare la cottura giusta.

La musica del telefono si interrompe d'improvviso.

- Leighton? - domando, perplessa, leggendo il nome che compare sulla schermata della chiamata in arrivo.

- Minnie, mi spieghi perché Liam è appena sceso da un taxi e sta venendo a farti visita? - chiede di getto.

Strabuzzo gli occhi.

- Liam? Che c'entra Liam? Perché lo spii? Che sta succedendo?

- È da due ore che aspetto il corriere perché ho ordinato le scarpe blu di cui ti parlavo ieri a pranzo, anche se mi sono costate ben centocinquanta sterline, e ora ho appena visto Liam scendere da un taxi ed entrare nel nostro palazzo. Sicuramente non viene a trovare me, che dici? - spiega la mia amica e vicina di casa.

Proprio quando finisce di parlare, suona il campanello. 

- Credo che sia arrivato. Ci sentiamo dopo, Leigh. - la saluto.

- Poi raccontami tutto! - fa in tempo a rispondere, prima che io metta giù.

Impicciona come al solito, insomma.

Poso il telefono sul tavolo della cucina e vado ad aprire la porta.

- Ciao, Minnie.

È proprio Liam, Leighton aveva ragione. 

Fresco di pioggia londinese, come dimostrano le goccioline d'acqua sui capelli e sulla giacca di pelle, mi osserva in attesa.

- Ciao, Liam. Come mai qui? - domando.

- Pensavo fossi almeno un po' sorpresa di rivedermi. Di solito non vengo a casa tua la sera. - obietta lui, deluso.

Alzo gli occhi al cielo.

- Vai al punto, Liam. Ero ai fornelli e non voglio bruciare nulla. - lo esorto, sbrigativa.

- Posso entrare? - chiede invece lui, probabilmente sottintendendo "o c'è quel rompipalle di Jonathan?".

Mi dirigo verso la cucina e gli faccio cenno di seguirmi, sospirando.

Mescolo il pollo e le verdure in padella e rigiro la pasta nell'acqua della pentola, in modo che non si attacchi niente. 

- Quindi? - mi rivolgo infine a Liam, che mi osserva minuziosamente.

- Quindi me ne vado. - annuncia.

La mia espressione perplessa gli suggerisce di aggiungere qualche dettaglio.

Se sta esitando così tanto, significa che la sua sarà una partenza seria.

- Quando? - chiedo.

- Ho l'aereo a mezzanotte. 

Non ne sembra contento.

- Per dove? - continuo.

- Boston. 

Questa sì che è una sorpresa.

Sollevo le sopracciglia e mi guardo intorno, rendendomi conto che l'unica motivazione per cui affronterà un viaggio così lungo sarà sicuramente il lavoro. L'avranno chiamato a fare l'intelligente e a rendersi utile a Boston.

- Temporaneamente o... ? 

- Per un anno, di sicuro. Poi si vedrà. - fa spallucce.

- E Suzie?

Mi fa uno sguardo piatto. - Non ha mai contato niente per me, e lo sai. Minnie, sono venuto a salutare te. Non ha senso parlare di lei, dal momento che so cosa ne pensi e che tu sai cosa ne penso io. 

Annuisco, riconoscendo che non ha tutti i torti.

- D'accordo. Allora... Ti faccio gli auguri per...

- No, aspetta un attimo ancora prima di chiuderla così. Voglio sapere se... Se sei davvero sicura che non mi darai mai una seconda opportunità. Se ne sei davvero convinta, al duecento per cento. Se, per te, non sono più niente paragonato a lui.

Scuoto la testa con veemenza.

- Non ho cambiato idea, Liam. E io ora ti auguro di essere felice a Boston, ma niente di più. Sono sicura che troverai qualcun altro con cui condividere la tua felicità, io ho già Jonathan e non potrei chiedere di meglio. È davvero la cosa più bella della mia vita. Convincitene. - ribadisco.

- Okay. Okay, afferrato. - mormora lui.

Lo abbraccio e gli auguro un buon viaggio, poi lascio che se ne vada.

- Sii felice, Minnie, mi dispiace per tutto il male che ti ho causato. Se è lui a renderti così radiosa e così bella, allora non lasciartelo scappare. Ciao, Minnie. - dice.

Riconosco il tono di voce di chi vorrebbe aggiungere qualcosa, ma per non rovinare il momento tace. L'ho usato in innumerevoli occasioni.

- E tu vai, guarda avanti, trovane una che costringa a non andartene più via. Ciao, Liam.

Annuisce, posa un bacio sulla mia guancia e se ne va, dritto per la sua strada.

Si guarda indietro una volta sola... E poi mai più.

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Così come è tornato per creare problemi, se ne va. Contente?

Il prossimo capitolo è l'ultimo...

Love you 🍰

Sour, Sweet & Smart (#STYDIA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora