LUNA PARK

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James passò la mano destra sul vetro appannato del bagno, guardò il proprio riflesso e piegò le labbra in una smorfia contrariata perché quello che vedeva non gli piaceva affatto: davanti ai suoi occhi chiari c'era il volto magrissimo e tirato di un ragazzo; le guance erano scavate, aveva delle ombre scure e pesanti ed i capelli castani scendevano fino a sfiorargli le spalle.

Indossava la felpa grigia con la stella rossa che tanto adorava, ma se non avesse avuto quella si sarebbero viste le ossa delle scapole sbucare dalla pelle, quasi volessero lacerarla ed uscire allo scoperto.

Distolse lo sguardo, per rivolgerlo al pavimento, non riusciva mai a guardarsi per più di qualche secondo di seguito, provava troppo disgusto per sé stesso: non ce la faceva più a continuare in quel modo, ma non voleva neppure tornare in una clinica privata dopo i due tentativi di suicidio; voleva avere la forza necessaria per riuscirci da solo ma ogni volta che metteva in bocca del cibo subito la nausea lo aggrediva e nonostante tutti i suoi sforzi per controllarsi erano pochissime le volte in cui riusciva a tenersi tutto dentro lo stomaco.

Si sentiva sempre stanco, spossato, quasi un guscio vuoto che vagava senza una meta; sentiva gli sguardi impietositi della gente che lo vedeva per strada e che, nonostante gli abiti, intuiva qualcosa della sua situazione.

Sentiva che neppure i suoi amici lo capivano appieno, Steve per primo.

Bucky avrebbe voluto sfogarsi, avrebbe voluto qualcuno con cui parlare di tutto quello che gli opprimeva il petto ed avrebbe voluto che quella stessa persona fosse Brock, ma ora che aveva rovinato tutto per una stupida telefonata si sentiva perduto, quasi come il sopravvissuto di un naufragio che si ritrova solo in mezzo all'oceano, aggrappato ad una trave di legno; certo, il più grande aveva comunque organizzato la serata per lui al Luna Park ma per tutto il resto della giornata lo aveva evitato con accuratezza e nel tardo pomeriggio era uscito e non aveva ancora fatto ritorno.

Aveva provato a chiedere spiegazioni a Jack ma neppure lui sapeva dove fosse diretto il suo migliore amico e lo aveva liquidato scrollando le spalle.

Tornò in camera con un sospiro carico di sofferenza, quasi un rantolo, si lasciò cadere sul materasso e si portò le ginocchia al petto, chiedendosi come sarebbe stata la serata che lo attendeva, se mai ci sarebbe stata.

L'arrivo di Rumlow lo distrasse dal proprio dolore e dalla propria disperazione, mutando la sua espressione da triste a curiosa quando si accorse che teneva le mani dietro la schiena, quasi avesse qualcosa da nascondere.

"Che hai?"

"Dai. Chiudi gli occhi e allunga le mani".

Il più piccolo obbedì e sentì qualcosa posarsi nel palmo delle mani: sollevò le palpebre e vide un bel pacchetto, dalla carta grigia, con un fiocco rosso e vaporoso, con tanti ricciolini che ricadevano ai lati; la scatola era piccola, dalla forma rettangolare e leggera.

"Un... Un regalo?" domandò stupefatto, perché non si aspettava assolutamente un pensiero simile; Rumlow si sedette a suo fianco e gli sorrise, sembrava quasi che non fosse accaduto nulla durante l'ora di pranzo, anzi, tutto appariva lontano e sfuocato come un brutto sogno.

"Si, dobbiamo festeggiare il tuo compleanno, giusto? E che compleanno sarebbe senza regali?"

"Già..." commentò il ragazzo con un mezzo sorriso; scartò il piccolo pacchetto e si ritrovò tra le mani un nuovo cellulare, dall'aspetto piuttosto costoso, un modello uscito da pochissimo in commercio "ma... Ma..."

"Ti piace? Ho preso l'edizione argentata perché so che è un colore che ti piace molto. Ti ho già preso anche una nuova scheda con un nuovo numero. Guarda, ti faccio vedere come funziona" il giovane uomo schiacciò un piccolo pulsante e James osservò prima una mela bianca apparire sullo schermo nero, sostituita poi da una serie di icone colorate, di diverse applicazioni già installate.

Back To Black; Winterbones AU (✔️) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora