Furono del giovane argonidiano Murwa i primi occhi che si aprirono, le cui iridi rosse incontrarono uno scenario alquanto bizzarro, ma allo stesso tempo claustrofobico.
Il ragazzo si trovò accasciato al suolo, con accanto tutti i suoi compagni ancora privi di coscienza. Ciò che lo circondava, il pavimento, i muri, il soffitto, si mostrarono di un colore talmente chiaro da abbagliare la vista, mentre davanti a sé vi sembrò essere una serie di sbarre elettriche caratteristiche di una cella di reclusione.
Da un arido deserto alla cella di una prigione... quell'oggetto deve averci trasportato altrove e istantaneamente, pensò tra sé e sé.
Lentamente, uno dopo l'altro, anche gli altri membri dell'élite e il loro mentore si ripresero, rimanendo scioccati alla visione di ciò che li circondava, dando vita a una tempesta di ipotesi, interrogativi e di timore su cosa ancora sarebbe potuto accadere.
«Sbarre ad alto voltaggio, state attenti» constatò il responsabile Ellen.
«Se non possiamo piegarle, allora facciamole saltare in aria» pensò Jetar ad alta voce, tendendo un braccio e aprendo il palmo della mano, pronto a rilasciare un incantesimo, di cui però non se ne vide traccia.
«Ma che diavolo?»
«Levati, ci penso io a fare un bel buco» sentenziò la giovane Dutim, che si alzò in piedi e cercò di concentrare le proprie energie, invano.
Master scrutò attentamente quel secondo tentativo fallimentare, si focalizzò sul collo della ragazza e in seguito alle proprie mani.
«Fai provare a me» si pronunciò Iyses, che venne immediatamente interrotta da Murwa «È inutile continuare a provare, non funzionerà.»
«Cosa?» sussultò la ragazza dai capelli rossi. Gli altri osservarono l'esile biondo élite, essendo stati attirati da quella affermazione.
«Qualcosa impedisce l'uso della nostra energia intrinseca» cominciò a dire il giovane «guardate i vostri simboli sul corpo...»
«Ma com'è possibile?» esclamò esterrefatto Cyaner, mentre osservava con uno sguardo terrorizzato le proprie braccia, i cui simboli non erano più luminosi, bensì anneriti, come se fossero spenti o divenuti dei semplici disegni tatuati sulla pelle.
Lo stesso drammatico avvenne anche lungo le mani di Murwa, su parte dei volti di Kstumtraw e Wary, sul collo di Dutim e Kal, sulle gambe di Iyses e, nonostante non fossero visibili a causa dei vestiti, presumibilmente anche quelli appartenenti a Jetar ed Either.
«No! Dev'esserci un modo! Maledizione!» imprecò disperatamente l'élite dalla testa rasata, Jetar.
«Finiscila! Non è urlando che troverai una soluzione!» sbottò all'improvviso Kal, con un tono tanto deciso e duro mai sentito prima dalla persona pacata quale fosse.
La sorella lo osservò stupita per qualche attimo, mentre l'alleato si zittiva, rassegnandosi a quelle parole.
«Mio fratello ha ragione, dobbiamo escogitare un piano. Neuroni accesi, niente urla, possiamo farcela» disse fermamente Wary subito dopo.
Al di là di quella che sembrò essere una gabbia energetica, apparvero un gruppo di sagome misteriose che, alle parole della ragazza dai capelli bianchi, si fermò per qualche istante dinanzi al gruppo di reclusi.
«Avete sentito? Questi credono davvero di voler fuggire!» esclamò uno di loro, facendo scatenare una risata.
«Fatevi vedere, chi siete?!» sbottò il responsabile Ellen, avvicinatosi pericolosamente a quel reticolato elettrico.
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Sorcerers Against - First Siege
Science Fiction[SECONDO ATTO DELLA TRILOGIA] Indietro nel tempo, agli albori di una faida aliena. Un'Ombra su Argonida, araldo di una catastrofe imminente. Prima di poter guardare ancora avanti nel futuro, bisogna dare un ultimo sguardo al passato, sin da quando...