All'interno di quella candida stanza di reclusione, già da diverso tempo era calato un silenzio quasi innaturale, intervallato soltanto e a ritmi sempre più bassi, dal gocciolare del sangue dal corpo esanime dell'élite Jetar.
Rimanendo chiuso per così tanto tempo, l'aria divenne pesante, in aggiunta al permanente odore nauseabondo di morte e quello metallico del liquido rossastro che grondava dal cadavere dell'argonidiano.
Due dei prigionieri erano ancora svenuti, mentre gli altri si rassegnarono al fatto che non vi fosse via d'uscita da quell'incubo, non v'era modo di riattivare la propria energia per potersi liberare da quella sedia intrappolante.
«Mai avrei pensato che sarebbe andata a finire così... e chissà cosa sta accadendo fuori di qui, lontano da qui, a casa nostra» borbottò Murwa, con il tono della voce avvilito.
«Quel bastardo di Kal, maledetto infame...» ringhiò ancora una volta invece Kstumtraw, che venne però interrotto dal responsabile Either «Ne sono certo, è stato soggiogato da un potere più grande... il vero responsabile di tutto questo e chissà cos'altro. Se solo potessimo avvertire i Saggi su Phanial del pericolo incombente.»
«Arrivasse mai un colpo di fortuna» borbottò Dutim.
«Prima o poi, il fato ci donerà la ricompensa che ci spetta» replicò infine il compagno dalla cresta scura, Cyaner.
♦◊♦
I due vice del Leader Shadow, Phobos e Deimos, si posero dinanzi alla grande vetrata della plancia dell'Ammiraglia zubeliana, contemplando con grande entusiasmo l'assalto al Pianeta Madre dell'Impero argonidiano. Un terzo spettatore, ancora accasciato al suolo, esterrefatto e scioccato da quello spettacolo per lui orripilante, non faceva altro che ringhiare silenziosamente e borbottare ogni tipo di maledizione conosciuta nei confronti degli invasori, che stavano martoriando il suo popolo senza alcun tipo di scrupolo.
Phantalosius non riusciva a darsi pace per il semplice fatto che lui, erede dell'Impero dalle ultime volontà del vecchio sovrano, privato delle proprie abilità e della propria energia intrinseca, si sentiva imponente dinanzi a tale devastazione, un semplice e misero straccio gettato davanti ad una vetrata.
«Signore, stanno cercando di contrattaccare, come procediamo?» chiese Deimos, utilizzando la sconosciuta lingua zubeliana e comunicando con il Leader attraverso un congegno tecnologicamente avanzato tenuto al polso dell'ufficiale.
«Ma non crede sia eccessivo? Potremmo rimanerne vuln... va bene Signore, avvieremo immediatamente la procedura» concluse lo zubeliano, che si fece un cenno con l'altro.
«Equipaggio, caricate l'arma V33SA3FS, colpiremo la capitale e concluderemo l'assedio» ordinò l'altro, Phobos, ai sottoposti, dopodiché entrambi i generali si avvicinarono alla vetrata, fermandosi accanto alla figura disperata del nuovo Imperatore d'Argonida e offrendogli un ghigno beffardo.
«Che avete da ridere, eh? State portando distruzione! Non ve ne rendete conto?» sbottò infine l'uomo dai capelli argentati.
Con un discreto stupore, il nemico dalla pelle più scura e con la testa caratterizzata da tre corni ricurvi all'indietro, Deimos, gli rispose con il linguaggio argonidiano, probabilmente imparato traditore «A breve finiremo per spazzarvi via, goditi lo spettacolo, perché non ne vedrai molti altri.»
«Arma pronta, signore» decretò un sottoposto.
«Dobbiamo scendere di quota e allinearci all'interno del perimetro della città, poi innescheremo l'arma» rispose Phobos.
STAI LEGGENDO
Sorcerers Against - First Siege
Science Fiction[SECONDO ATTO DELLA TRILOGIA] Indietro nel tempo, agli albori di una faida aliena. Un'Ombra su Argonida, araldo di una catastrofe imminente. Prima di poter guardare ancora avanti nel futuro, bisogna dare un ultimo sguardo al passato, sin da quando...