La stanza nella quale l'intera élite venne rinchiusa, compreso il loro mentore, non ebbe più il suo unico e splendente colore. Sul pavimento, proprio ai piedi del corpo esanime di uno di loro, Jetar, si stava formando una macabra pozzanghera scarlatta, il cui odore metallico iniziò a diffondersi ovunque.
Il resto dei prigionieri continuò ad essere completamente sotto shock, in uno stato misto fra angoscia, rabbia e incredulità. Ad eccezione di quello della ragazza dai capelli candidi e del giovane dalla testa rasata, ogni altro volto presente in quel circolo era terribilmente teso, una mera dimostrazione del turbine d'emozioni che stavano provando in quel drammatico momento.
La voce del giovane Kal aveva appena rotto la quiete e i due imputati, Master e Kit, non poterono far altro che aggrottare le sopracciglia e digrignare i denti.
«CHE COSA HAI FATTO A NOSTRO PADRE? CHE FINE HA FATTO?» sbottò il primo dei due.
«Più garbato nei modi» replicò in modo lieve il carnefice del proprio compagno di squadra «con questo tono cosa pensi d'ottenere, eh?»
L'argonidiano dal mantello mimetico fece qualche passo, descrivendo una traiettoria circolare esterna al gruppo di sedie che tenevano reclusi i soldati.
«Dove hai portato nostro padre?» chiese il secondo, con voce decisa ma allo stesso tempo cauta, come se stesse sul filo del rasoio, o probabilmente vi era già, data la situazione.
«Così va meglio» replicò Kal, emettendo un piccolo cenno con il volto.
«Dunque?» sussultò Kstumtraw.
«Strano che non abbiate chiesto... come abbia fatto dato che» commentò l'assassino, che venne interrotto da Iyses «Questo ce l'hai mostrato poco fa, hai finto di essere con noi al Test Finale, mentre si trattava di una tua illusione.»
«Io intendo il come non scontato» sorrise Kal, mostrando per un attimo la pacatezza che lo caratterizzava.
«Raccontacelo allora!» esclamò il responsabile Ellen.
«Come desidera, "maestro"» si pronunciò Kal, che pose entrambe le braccia dietro la schiena e iniziò a passeggiare intorno ai prigionieri. I suoi occhi brillarono e, grazie alle proprie capacità, manifestò un'illusione del proprio racconto sul soffitto di quella stanza bianca.
«Il piano ebbe inizio qualche hidal prima dell'avvio del Test. Vagai per un po' all'interno dell'accademia, in cerca di un posto sicuro e inosservato dove poter eseguire la procedura. Decisi di tornare allo spogliatoio nel quale poi avremmo provato le suit. Creai una copia di me stesso, identica in ogni dettaglio, persino nei pensieri, modi di fare, di agire. Persino la consistenza era la stessa.»
«Un'illusione talmente complessa e perfetta da ingannare persino i migliori medici dell'Accademia» commentò sommessamente Kstumtraw, con gli occhi puntati in alto.
«Ordinai alla copia di non mostrare nessuna delle mie peculiari capacità, anche a costo di venir distrutta. Nel caso fosse sopravvissuta, avrebbe poi dovuto raggiungermi nel modo più inosservato possibile e passarmi tutti i dati, o meglio, i ricordi registrati. Una volta congedato il clone, attivai le mie abilità di occultamento, rendendomi invisibile agli occhi altrui. Uscii dall'Accademia e mi diressi direttamente all'obiettivo principale.»
La proiezione di Kal mostrò la sagoma semi-invisibile di sé stesso spiccare il volo... dirigendosi poi al Palazzo Reale.
«Eludere ogni singola protezione, guardia o Saggio fu un semplice gioco per il sottoscritto. E lo fu anche raggiungere la stanza del nostro Imperatore.»
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Sorcerers Against - First Siege
Science Fiction[SECONDO ATTO DELLA TRILOGIA] Indietro nel tempo, agli albori di una faida aliena. Un'Ombra su Argonida, araldo di una catastrofe imminente. Prima di poter guardare ancora avanti nel futuro, bisogna dare un ultimo sguardo al passato, sin da quando...