Capitolo 29 - L'Erede di Blexto

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Birim-Ri, luna di Phanial

16 hidal, 10 nuhidal (fuso Mente Centrale)

I due principi argonidiani, in seguito al colpo subìto, presero le distanze, ponendosi nuovamente in guardia, a lame spianate.

«Che intenzioni avete con quel terraformer, eh?» domandò con rabbia il fratello più robusto.

«Ve ne accorgerete col passare del tempo» comunicò Phobos, attraverso gli IE, sfoderando uno dei suoi sorrisi riluttanti.

La terra iniziò a tremare più di quanto non stesse facendo nei pressi di quel laboratorio ormai distrutto, nel terreno lunare iniziarono ad aprirsi diverse crepe, come striature nate da un punto preciso, corrispondente a quel cataclisma iniziale, il terraformer. Ciottoli e polveri si sollevarono dal suolo, levitando per qualche secondo a causa della flebile forza di gravità che il satellite esercitava.

I due élite si allontanarono da quelle crepe e si guardarono faccia a faccia per un attimo, capendo entrambi che era rimasto loro poco tempo, sia per neutralizzare quegli alieni che per fermare il macchinario prima che potesse essere troppo tardi.

Al contempo, i due ufficiali zubeliani sembrarono unire la propria energia intrinseca, andando a formare, dinanzi a loro, una grossa sfera scura levitante che influenzava, apparentemente a causa di una propria forza gravitazionale, il terreno adiacente ad essa, crepandolo in diverse rocce frastagliate, facendone volare via alcune in ogni direzione, fino allo spazio profondo.

I due principi non ebbero tempo di reagire che si ritrovarono quel globo oscuro in corsa verso di loro, le cui dimensioni aumentavano man mano che si stava avvicinando.

Sia Master che Kit tesero le braccia in avanti e concentrarono la propria energia, pronti a deflettere quella valanga di morte in arrivo.

Il globo nero pece avanzò a gran velocità, impattando sulle mani dei due principi che, al contatto, irradiarono energia intrinseca in gran quantità per deflettere il colpo. Gli incantesimi luminosi dei due argonidiani sembravano non sortire alcun effetto e così i due, vennero inesorabilmente trascinati indietro, lasciando dei lunghi solchi sul vergine terreno lunare.

La velocità dell'attacco zubeliano riprese ad aumentare, non lasciando modo ai due élite di poter sfuggire alla sua morsa né di poter osservare cosa lì stesse circondando in quel momento.

♦◊♦

Dentro l'avamposto ormai devastato, o meglio, all'interno delle continue illusioni psichedeliche di Kal, che mostravano effetti ottici, giochi di luce, città che si accartocciavano su sé stesse, numerose proiezioni dell'illusionista e della stessa Wary, quest'ultima tentava invano di colpire suo fratello. Ogni volta che una sagoma di Kal veniva toccata dalla spada di Wary, questa si dissolveva, lasciando una flebile luce e l'animo della ragazza sempre più frustrato.

«Puoi fare di meglio, sorella» fece l'argonidiano attraverso gli Impulsi, che sembrarono giungere da ogni direzione, cosicché l'élite dai capelli candidi non riuscisse a localizzare suo fratello.

Wary caricò un altro Kal, colpendolo, al secondo tentativo, con la propria lama, ma anche quest'ultimo si rivelò una mera illusione.

Lei si guardò intorno, con espressione aggrottata e seria, cercando di intuire dove, in quel mare di proiezioni, si possa essere nascosto suo fratello.

«Non stai facendo altro che farmi perdere tempo, fratello» si espresse lei.

Ci volle un duhidal, un istante dopo la sua risposta, per capire che le intenzioni di suo fratello non erano altro che quelle di temporeggiare. Quando Wary ne venne a capo mostrò un'espressione sbigottita, per poi formulare delle ipotesi sul perché di quella mossa.

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