Phantalosius finì per crollare in ginocchio del tutto, con le mani appoggiate a quella spessa vetrata e gli occhi persi in una miriade di terribili pensieri, che scoppiavano uno contro l'altro alla vista del pianeta natale, del Pianeta Madre dell'ormai suo Impero.
«Come avete fatto ad arrivare fin qui?» mormorò alla fine, chiudendo le palpebre.
«Dovresti conoscerla da solo la risposta, Imperatore Phantalosius» rispose freddamente Shadow.
«Non questa volta.»
«Dopo la tua cattura, è stato mandato in corto circuito il vostro intero sistema, lasciandovi inermi, impotenti, ciechi. Non è stato difficile introdursi nelle periferie della vostra cara Argonida. E ora, che siamo al di sopra dell'ultimo baluardo del Vostro Impero, per voi è troppo tardi» spiegò il leader zubeliano, lanciando un sorriso beffardo.
«Non è mai troppo tardi» digrignò i denti il Sovrano.
«E cosa te lo fa pensare? Sentiamo.»
«Tu pensi che ogni tuo piano sia un insieme di ingranaggi che girano perfettamente, senza perdere mai un colpo. Noi Argonidiani non ci arrendiamo mai, non ci sottometteremo mai, saremo quell'ostacolo che farà saltare almeno uno dei denti di quel meccanismo, mandandolo in frantumi!» si voltò infine Pries, con lo sguardo infuocato.
«Povero illuso» sbuffò il mostro, il quale alzò poi il tono della voce e iniziò a dare gli ordini ai suoi due ufficiali «Phobos! Deimos! Alle postazioni del Vascello Madre! Diamo inizio alla manovra!»
Il primo dei due zubeliani richiamati dal leader si mostrava come una creatura dalla pelle chiara, ricoperta di spuntoni sul capo, sulla schiena, sui gomiti e sulle ginocchia. Lungo le braccia, intorno alla vita e alle cosce, una lunga serie di simboli zig-zaganti dai colori freddi decorava la loro pelle, similmente a quella sorta di tatuaggi che caratterizzava ogni argonidiano. Il secondo ufficiale, Deimos, aveva la pelle color grigio scuro ad eccezione della zona compresa fra le ginocchia e i piedi, di color biancastro. Sopra la testa vi erano tre corni, di cui quello centrale era il più massiccio ed era un corpo unico con il volto, mentre gli altri erano posti più indietro. In cima ad ognuno di essi, come nel collo, nelle braccia, nella vita, nelle gambe e nelle caviglie, vi erano quegli strani simboli luminosi.
I due iniziarono a borbottare ad alta voce delle coordinate e delle manovre.
Phantalosius sbarrò gli occhi e capì, attraverso le parole dei tre, di trovarsi a bordo della nave madre della flotta zubeliana che si accingeva ad assediare il cuore dell'Impero.
«Preparate gli armamenti. I primi obiettivi saranno le strutture difensive. Poi gli avamposti» comunicò Shadow, neanche tenendo conto che il prigioniero, o meglio, il sovrano del popolo sotto attacco, fosse lì ad ascoltare il loro piano d'attacco.
Quest'ultimo, ancora inginocchiato a terra, si voltò nuovamente verso la vetrata del Vascello Madre, stringendo i denti e pregando di vedere il contrattacco del proprio popolo.
Forza, attivate gli scudi e il sistema di contraerea, che diavolo state aspettando!, pensò infine, disperato.
♦◊♦
L'oscurità della notte iniziava a ritirarsi, lasciando spazio ad un'aurora rosea che pian piano investì completamente la metropoli principale del Pianeta Madre argonidiano.
I due saggi, con lo sguardo rivolto verso il cielo, rimasero immobili e a braccia conserte per diverso tempo, levitando in aria poco al di sopra delle numerose guglie che caratterizzavano il Palazzo del Sovrano.
«Sono passate diverse hidal, il corto circuito ha avuto fine... eppure non abbiamo ancora loro notizie. Né se son stati loro a metter fine a questa paralisi, né se hanno avuto un imprevisto» affermò sommessamente uno dei due, il quale pose entrambe le braccia dietro la schiena e le mani serrate nei pugni.

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Sorcerers Against - First Siege
Science Fiction[SECONDO ATTO DELLA TRILOGIA] Indietro nel tempo, agli albori di una faida aliena. Un'Ombra su Argonida, araldo di una catastrofe imminente. Prima di poter guardare ancora avanti nel futuro, bisogna dare un ultimo sguardo al passato, sin da quando...