Capitolo 30 - La Speranza di Phanial

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Passarono diversi nuhidal nei quali Murwa continuò a tenere alle sue braccia la defunta Iyses. Con gli occhi chiusi, ripercorreva i ricordi più vividi dei momenti che aveva trascorso con lei, fino a quel maledetto, quel catastrofico giorno. Forse avrebbe dovuto approcciarsi in modo differente da molto prima perché, solo in quel momento, si rese conto che ciò che lei provava era così evidente, ma fra l'Accademia, le missioni e le ultime vicende avvenute non ne era mai riuscito a dare il giusto peso, la considerazione che meritava. Ma era troppo tardi e lo sapeva. Il suo animo si spaccò in due: da un lato voleva lasciarsi andare alla disperazione, lei e Jetar erano morti come migliaia di altri argonidiani, i due ufficiali zubeliani erano riusciti a fuggire incolumi, il terraformer era ancora in funzione e le crepe sul terreno di Birim-Ri erano sempre più evidenti, sempre più sparse, sempre più consistenti. Suo padre si era fidato di loro e loro, l'Élite dell'Impero di Argonida, avevano miseramente fallito, niente avrebbe avuto più senso.

Tuttavia, nel profondo, una scintilla di luce splendeva ancora. Iyses gli aveva donato la sua abilità peculiare ed unica, il Blexto, confidando in Master nel saperla sfruttare meglio della legittima proprietaria, affinché riesca a porre fine a quel travagliato assedio di quella brutale razza aliena. Glielo doveva. Non sarebbe dovuto annegare nella disperazione, nei rimpianti e nel dolore. Avrebbe avuto tempo per piangere i compagni caduti, ma non agire in quel momento per lasciarsi andare sarebbe signicato come tradirli, rinnegare la promessa fatta a quella ragazza dai boccoli rossi, che avrebbe portato giustizia per le loro morti.

Kstumtraw gli si avvicinò alle spalle, cercando di confortarlo.

«Avrei voluto amarti allo stesso modo, Iyses. Avrei potuto imparare a farlo, se ne avessi avuto il tempo, se il fato non ce lo avesse negato, se questi assassini non ce lo avessero impedito, ma ora devo lasciarti andare... ho una promessa da mantenere» mormorò infine Murwa, che si alzò in piedi, con il corpo esanime dell'argonidiana fra le braccia, voltandosi verso gli altri compagni.

«Dutim» chiamò infine, incamminandosi fra i crepacci e i tremori dovuti al macchinario in azione «Portala su Phanial, non voglio che il suo corpo rimanga qua, merita una degna sepoltura. Porta via anche Cyaner... ha bisogno di cure.»

L'élite dai capelli castani annuì e, insieme ai due principi, portarono dentro la nave zubeliana abbandonata i due compagni.

I tre guerrieri élite ispezionarono poi la cabina di comando, cercando il modo di poter avviare il motore del veivolo, cosa che si risolse in poco tempo.

«I comandi non sembrano poi così differenti da quelli di un jet argonidiano, posso farcela» constatò infine Dutim.

I due principi scesero dal vascello e, prima che il portellone si chiudesse, Master la raccomandò «Sta' attenta, laggiù non è ancora finita.»

«Qui ce la caveremo, ce la faremo, sta' tranquilla» la rassicurò invece l'altro fratello.

«Che il fato vi sia a favore, compagni» augurò la ragazza, prima di svanire alla loro vista.

Il veivolo si accese, sollevando polvere a causa del getto d'energia uscito dai propulsori. Dopo pochi duhidal, il mezzo lasciò il suolo di Birim-Ri, lasciando Master, Kit, Wary e un Kal imprigionato alle prese con il terraformer, decollando e prendendo quota, volando verso il Pianeta Madre.

Il principe dalla corporatura più esile si pose accanto a Wary, dinanzi all'illusionista, guardandolo seriamente negli occhi.

«Hai ucciso Jetar. Okay. Volevi vendicarti. Ne risponderai una volta finito tutto, su Phanial. Ma sei stato egoista, con noi, con tua sorella, con tutta la tua razza e guarda, guarda cosa sta succedendo. La gente muore in continuazione, ogni hemn, ma questi... tutti questi argonidiani li hai sulla coscienza, sappilo. Aiutaci a disattivare questo dannato terraformer, se hai ancora un briciolo di ragione, per amore verso tua sorella, per colmare questo senso di colpa, se lo provi.»

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