幸せ (Shiawase)

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Yuki stava sistemando la vetrina delle torte, voltandosi per un secondo a guardare il ragazzo alle sue spalle. Continuava ad armeggiare con la sua matita ed il suo blocco da disegno, mentre lei serviva con attenzione la sua clientela. Il negozio era diventato sempre più affollato e i suoi clienti erano notevolmente aumentati, non poteva più nemmeno permettersi il lusso di distrarsi per guardare il tavolo infondo al locale dove sedeva il ragazzo, in modo che non si distraesse e non sbagliasse le ordinazioni. Doveva soddisfare tutti i clienti e non poteva permettersi di sbagliare o questo non sarebbe più tornato nel suo negozio; per non parlare della brutta pubblicità che avrebbe potuto fargli, perdendo così altra potenziale clientela. Era una semplice questione di vendita e di marketing. Non sapeva nemmeno se avesse letto il bigliettino che gli aveva lasciato, come non sapeva se gli avesse risposto o meno. Decise di tornare a prestare nuovamente attenzione alle sue torte, cercando di non farle cadere a terra; non aveva voglia di rifarle da capo; aveva lavorato sodo tutta la mattina per poterle cucinare bene, non voleva che il suo lavoro andasse sprecato. Quel bigliettino, conosceva a memoria quella canzone di Hyuna, come conosceva a memoria gran parte delle sue coreografie. Forse quella era una delle canzoni che preferiva della idol, ci aveva lavorato molto su quella coreografia prima di andarsene. Fu dopo quel debutto che lei sparì. Ancora si domandava per quale motivo pensasse al passato quando era vicina a quel ragazzo; non capiva per quale motivo ogni volta lui riuscisse sempre a farle fare un tuffo nel più profondo dei suoi ricordi, non riusciva a spiegarsene la ragione. Aveva passato molto tempo da sola, i suoi ricordi da quando aveva lasciato le case discografiche andavano e venivano, ma non erano mai stati così intensi come quando stava vicino a lui o soltanto lo osservava. Forse era semplicemente lei che credeva che la sua presenza fosse la causa di tutto, forse era stato il troppo rivangare che li aveva portati a galla. Aveva così tante domande, ma poche risposte soddisfacenti e non riusciva mai a capacitarsi del motivo. Come poteva un ragazzino farle ricordare il passato? Non era assolutamente possibile, una persona non era in grado di fare una cosa del genere, era fisicamente inumano. Non ci doveva dare peso, era semplicemente il suo subconscio. Il fatto che avesse oppresso in quel modo i suoi ricordi, che avesse cercato di cancellarli, non aveva fatto altro che accrescere la loro importanza. In questo modo avevano cominciato a tormentarla, diventando anche incubi, obbligando a portare la sua mente a quegli anni e a riviverli uno per uno. Non pensava fosse fisicamente possibile, ma poteva essere l'unica spiegazione razionale che riuscisse a trovare; non vi potevano essere altre soluzioni. Terminò di sistemare la vetrina e si avvicinò allo specchio che vi era in corridoio prima di arrivare in cucina; crollando che i suoi capelli fossero in ordine. Quel nero tendente al rosa le piaceva molto, le ricordava il colore delle caramelle che si mischiava al nero, come se una caramella rosa avesse fatto a pugni con una chiazza di petrolio. Non era male, aveva fatto colori peggiori; ma grazie ai suoi anni di pratica era riuscita a fare un colore che sembrasse per lo meno omogeneo. Il rosa sembrava un po' da bambina, ma il blu tendeva a scaricare troppo facilmente, diventando sempre verde smeraldo e a lei quel colore non piaceva. Quel rosa andava più che bene, sembrava una bambina nel corpo di un'adulta, ma tornare bambini significava essere giovani e spensierati...
Preparò le bevande da servire ai clienti e successivamente tornò in sala, appoggiando le ordinazioni sui tavoli. Donne e uomini la ringraziavano, ma le prestavano realmente poca attenzione. Nessuno si preoccupava di guardarla in viso e controllare se avesse bisogno di aiuto, ma d'altronde quale persona lo fa più ormai? Sbatté le palpebre, cercando di sistemare le lenti a contatto, tornando successivamente a servire i suoi clienti. Tolse i bicchieri e piatti sporchi ed aggiunse successivamente sul tavolo nuove bevande e nuovi dolci da gustare. Era diventata una strana routine per una persona alla quale non piaceva. Si era sempre detta che avrebbe fatto un lavoro dove non si sarebbe mai annoiata, dove ogni giorno avrebbe fatto una cosa diversa, ma alla fine era arrivata ad essere la proprietaria di un negozio dove ne era anche la cameriera. Non sapeva se ridere della cosa o piangere. Era davvero ironico; tutta la sua vita d'altronde. Sembrava uno strano personaggio dei cartoni che non sapeva quale fosse il suo ruolo all'interno dell'animazione; cambiava ogni giorno personalità, si fingeva altri personaggi, ma raramente faceva quello che voleva. Se n'era andata per dimenticare ed essere libera, ma si era ritrovata a ricordare e a fare un lavoro dove svolgeva sempre le stesse mansioni. Non era alienante, le piaceva il suo lavoro all'interno del Caffè Shop, ma si era spesso domandata per quale motivo fosse finita a scegliere quel lavoro. Forse per sua madre? Per i dolci che cucinava lei? Per la passione per il cibo? Aveva mai realmente avuto una passione per il cibo? Ancora troppe domande senza risposta e ancora tutta la sua vita si collegava come un filo rosso a quella del passato. Sembrava quasi un mistero la sua vita, un grande punto interrogativo che necessitava una grande e corposa risposta che lei non sapeva quale fosse. Se lo domandava, ma finiva sempre con il finire fuori tema, facendosi anche domande che non c'entravano assolutamente nulla con il suo obbiettivo.
Le lancette dell'orologio scorsero troppo veloci, arrivando all'orario di chiusura. Il giovane ragazzo era andato via molto presto e non aveva lasciato nessun bigliettino in risposta al suo brano, forse perché non aveva ancora trovato la risposta adeguata; come lei d'altronde. Prese la scopa che si trovava all'interno dello sgabuzzino e cominciò a spazzare per terra, sorridendo di tanto in tanto mentre guardava le piastrelle bianche decorate nei punti in cui si incontravano, da cerchi lilla. Ci aveva messo davvero molto tempo a scegliere l'arredamento del locale, ma alla fine aveva fatto un ottimo lavoro. Sembrava un Caffè Shop molto aesthetic e le piaceva l'atmosfera che creava, le ricordava un famoso negozio di caramelle che vi era a Tokyo, ma sapeva che il suo negozio era molto più bello. Sorrise e tornò a pulire per terra, quando il rumore della porta che si apriva costrinse la ragazza ad alzare lo sguardo per controllare chi fosse entrato ignorando il cartello "chiuso". Gli occhi del giovane ragazzo che sedeva sempre infondo al locale incontrarono i suoi; portava sempre la mascherina e il cappellino, mentre sulle spalle indossava il Trench beige, che gli donava sempre un'aria elegante. -Posso aiutarti?- le domandò lui ricambiando il suo sguardo, mentre Yuki continuava ad osservarlo confusa, come se non riuscisse a capire per quale motivo fosse entrato nel suo negozio. -Aiutarmi?- domandò lei non riuscendo a trattenere il tono di stupore che vi uscì quando pronunciò quella domanda; lui annuì con un cenno del capo indicando con l'indice la scopa che teneva in mano. Lei lo guardò, squadrandolo da capo a piedi e notando come fosse vestito. Maglione a collo alto bianco sopra una giacca color biscotto, i pantaloni a sigaretta erano neri e ai piedi portava delle scarpe che sembrarono molto costose. Non sapeva per quale motivo gli avesse fatto una domanda del genere, ma l'unica cosa che fece fu passargli la scopa, che lui prese sorridendole allegro, aiutandola poi a pulire. Lei si preoccupò di pulire i tavoli, mentre lui spazzò tutto il locale, fermandosi solo per appoggiare la giacca ad uno degli attaccapanni. Fu stupita dal suo gesto, tanto che si domandò per quale motivo si fosse preoccupato di venire fino al sui negozio per fare una cosa del genere; ma quella domanda passò subito in secondo piano quando si rese conto che la sua presenza in quel momento riusciva a farla stare bene. 

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