育ちます (Sodachimasu)

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Rimase seduta sul divano a pensare al testo della canzone che il ragazzo le aveva lasciato, sarebbe dovuta andare al lavoro, ma prima di uscire di casa voleva trovare la risposta perfetta da dare a quel giovane ragazzo. Aveva ascoltato tante canzoni, con tantissimi significati diversi e non sapeva quale potesse essere la migliore che potesse descrivere quello che stava provando. Successivamente la sua mente ricordò quella canzone, la stessa che aveva ballato per la prima volta; che aveva ballato con il suo migliore amico e che aveva cantato a squarciagola sino quasi a danneggiare le corde vocali. Sorrise e piegò con molta cura il post-it lilla sul quale aveva scritto la strofa della canzone. Accarezzò dolcemente la testa del suo piccolo Youngjae e preso il suo zaino di pelle nera, uscendo successivamente dalla sua abitazione. Quella mattina il cielo era di un intenso azzurro e qualche sprazzo di nuvola bianca dipingeva quel meraviglioso panorama cristallino; i rami degli alberi erano decorati da splendidi fiori dalle sfumature rosee, che riempivano l'aria della capitale di un dolce profumo primaverile. Camminare lungo le strade di Seoul quella mattina le donava una sensazione diversa da tutti gli altri giorni, era come se anche nel suo cuore avesse smesso di piovere e fosse cominciato a sorgere il sole. Non si sentiva più oppressa e anche se si svegliava di soprassalto per colpa dei ricordi, non riusciva a togliersi dalla mente quello che aveva fatto per lei quel ragazzo. Si voltò per guardare il suo zaino, soffermandosi sull'ombrello che le era stato regalato, che entrava in contrasto con il colore scuro del suo zainetto. Sorrise e tornò a guardare la strada, fermandosi davanti al suo negozio. Entrò al suo interno, mettendosi subito in cucina. Preparò tutti i dolci che la sera prima erano terminati e sistemò la vetrina, in modo che le pietanze fossero ordinate per colore; voleva che quando i suoi clienti entravano rimanessero colpiti dal suo accostamento cromatico. Aveva lavorato molto per la creazione di quel locale, aveva passato notti intere insonni pur di terminare quel progetto e ogni volta che lo guardava si sentiva fiera del suo duro lavoro. Non si ricordava nemmeno più come le fosse venuta in mente l'idea di quel negozio, l'unica cosa di cui fosse certa, era che sarebbe stato un modo per sparire e cambiare nuovamente vita. Forse, un giorno, quando si sarebbe annoiata lo avrebbe chiuso o lo avrebbe dato in gestione a qualcun altro, mentre lei cercava un altro lavoro che la tenesse occupata. L'unica cosa di cui era certa, era che non lo avrebbe mai venduto, non sarebbe mai stata in grado di farlo si era troppo affezionata a quel posto. Era una persona che cambiava idea molto facilmente, non aveva mai saputo che cosa avrebbe voluto fare da grande; quando le domandavano a scuola che carriera desiderasse intraprendere lei rispondeva sempre che voleva viaggiare. Era stata anche definita strana per questo, ma nessuno realmente sa che cosa si vuole fare da grandi. I genitori lo domandano, lo chiedono più volte cercando sempre di ottenere una risposta certa, ma che cosa ne può sapere un bambino su quali saranno le sue scelte future? Non fanno altro che cambiare idea, vogliono sempre sperimentare qualcosa di diverso e fanno bene a farlo; la loro creatività è in costante espansione e questo li rende liberi di essere ciò che vogliono. Più avanzi con l'età, più la domanda diventa opprimente e tu sei costretto a scegliere, se non è già stata la tua famiglia a farlo. Ti pongono sempre una domanda alla quale non saprai mai realmente come rispondere, perché realmente nessuno lo sa. Deprimente, ma la cosa è reale. Come puoi sapere che carriera vuoi intraprendere quando hai solo quattordici o quindici anni; l'unica cosa di cui ti preoccupi realmente è di avere abbastanza amici per poter sopravvivere a scuola. Si comincia a pensare al mondo degli adulti quando si è davvero vicini a doverci entrare, ma prima non sei nemmeno in grado di preoccupartene. I suoi genitori gliel'avevano chiesto, ma lei aveva sempre detto che avrebbe fatto qualcosa che l'avrebbe resa felice, non aveva mai specificato che cosa fosse e non lo avrebbe mai fatto; se avesse preso una decisione avrebbe voluto sacrificarsi pur di ottenere quello che voleva. Non le era mai importato diventare ricca e famosa, come non le era mai importato sposare qualcuno che avesse tanti soldi e che potesse mantenerla; nella sua vita aveva sempre desiderato avere delle soddisfazioni personali. Voleva che tutto derivasse dal frutto del suo lavoro, che potesse realizzarsi sia come persona che come essere umano. Non voleva dipendere da nessuno, era nata per essere libera e lo sarebbe sempre stata. Non le era mai piaciuto che qualcuno le desse ordini o che la gente programmasse la sua vita per cercare di tenerla legata ad un posto; la sua vita era sempre stata la strada. Sin da quando era una bambina tornava a casa solo alle otto di sera per mangiare, tutto il giorno stava a scuola o mentiva per andare in giro per la capitale, Tokyo. Non le era mai piaciuto stare chiusa in casa sua, non poter mai essere in grado di vedere e conoscere la capitale nella quale era nata. Era sempre stata curiosa e la sua curiosità, la sua determinazione e la sua voglia di condurre una vita fuori dagli schemi e che non la costringesse a stare alle regole di nessuno; l'aveva portata ad avere tutto quello che desiderava. Quando pensava al passato, però, i suoi occhi non facevano altro che riempirsi di lacrime amare, mentre la sua mente spaziava tra i ricordi, cercando sempre di non farle dimenticare ciò che era stato. La vita non era stata gentile con lei e forse la sua fuga da Tokyo non era stata dettata solo dalla sua determinazione...
Terminò di sistemare il negozio e lo aprì alla clientela, che si riversò nel piccolo locale, come un fiume in piena. Servì con dedizione ogni suo cliente, non trascurando nessuno e cercando di prestare sempre un ottimo servizio. Venne distratta, però, dall'arrivo del misterioso ragazzo, che senza dire una parola; si sedette al suo solito tavolo, attendendo che lei arrivasse per servirlo. Quel giorno indossava un cappotto color cammello, con una camicia bianco latte e dei jeans neri. I suoi capelli quella mattina non erano coperti da nessun berretto, ma il suo volto rimaneva costantemente coperto dalla mascherina scura che gli era solito indossare e che non le permetteva nemmeno di riconoscerlo, o semplicemente guardarlo in viso. Si avvicinò al suo tavolo sorridendo raggiante come ogni mattina, cercando anche di guardarlo dritto negli occhi. -Vorrei questa torta- disse il ragazzo indicando l'immagine di una fetta di torta alle fragole e Yuki annuì con un cenno del capo, annotando tutto sul suo blocco delle ordinazioni. -Da bere?- domandò lei alzando il capo, mentre il giovane si faceva improvvisamente pensieroso; -credo che proverò il succo al frutto della passione- rispose lui sorridendo da sotto la mascherina, mentre Yuki scriveva velocemente sul suo blocchetto. Prima di allontanarsi, però, lasciò cadere sul tavolo del ragazzo il biglietto in risposta al brano che le aveva lasciando lui la sera prima:

"I ricordi mi graffiano il cuore
Guarisci il mio cuore perché fa male 
L'addio si avvicina
Replay Replay Replay"
Shinee- Replay

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