3. Autocontrollo

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L'esperienza dei cavalli fu del tutto nuova e speciale per me: non mi sarei aspettata di andare così tanto d'accordo con un animale, e avevo superato ormai la paura di cadere da cavallo nel bel mezzo di una spedizione prima di essere afferrata da uno di quei mostri che attendevano l'arrivo di un pugno di aspiranti suicida fuori dal loro nido.

In ogni caso, la prima parte della giornata fu stancante, e non nascondo tuttora di essere stata una delle prime a raggiungere la mensa per recuperare energie, in occasioni come quelle. A mio parere, il riposo è importante quanto il duro addestramento. Non mancai di trasmettere questa mia credenza ai soldati che vennero dopo di me.

Sapevo che le pietanze servite al corpo più impopolare dell'esercito non fossero leccornie prelibate, ma riempii comunque il vassoio in legno di un paio di minestre e tanto pane. Forse, la mia voracità nell'afferrare più cibi possibili doveva aver spaventato qualche veterano, ma il mio stomaco mi invitava a non curarmene molto, perciò girai i tacchi e mi diressi da Petra. Sfortunatamente, non mi fu semplice raggiungere la mia amica, perché il vassoio aveva colpito una figura molto, molto alta che mi bloccava il passaggio.

Non ho idea di quale forza fisica avesse agito per far sì che le minestre non macchiassero la giacca del Caposquadra Mike; tuttavia, non ometto il vero se faccio presente che, dopo essermi accorta dell'incidente, avrei preferito svignarmela scavando un passaggio nel pavimento.

-Caposquadra Mike, mi scusi tanto! - esclamai, più arrossita che mai.

L'altro mi guardò inizialmente interdetto. Qualcuno, giorni prima, mi aveva rivelato che il soldato, seppur "secondo solo al capitano Levi" sul campo di battaglia, aveva la mania di annusare ogni essere, umano o titanico che fosse, che gli si parasse davanti. Fortunatamente non fu il mio caso, perché accennò un sorriso, rispondendo: -Non preoccuparti, succede.

Eppure cantai vittoria troppo velocemente, perché avvicinò il muso al mio vassoio, odorando gli aromi prodotti dalle pietanze.

-Sembrano appetitose - giudicò. -Forse è il caso che le provi anche io.

Mi sorrise di nuovo e si allontanò da me, sbirciando il contenuto del vassoio della signorina Nanaba e strizzando l'occhio a quest'ultima.

Ancora rossa in volto, mi diressi verso il tavolo al quale avevano preso posto i miei amici, e Petra non poté contenersi dal ridere nel vedermi fare ritorno.

-Claire, smettila di combinare guai con i capisquadra - mi intimò.

-A quanto pare è più forte di me - constatai io, cercando l'approvazione di Gunther. - Ammettetelo che siete voi a gettarmi tutti i malocchi di questo mondo.

- Sei solo un po' sfigata, e molto disattenta - rispose il mio amico, ridacchiando -ma ti voglio bene anche per le tue disattenzioni, Claire.

I nostri sguardi si incrociarono. Il colore delle sue guance divenne simile a quello della mia zuppa al pomodoro, prima che il suo viso si mosse in direzione del suo vassoio. Arrossii anche io dalla vergogna per il disagio generatosi e consumai anche io in silenzio il mio pasto.

Nel frattempo, un ragazzo alto dai capelli castano chiaro venne a sedersi accanto a noi.

Io e Petra ci rivolgemmo sguardi attoniti: era Oruo, un ragazzo proveniente dal nostro stesso corpo cadetti assieme a Gunther e Erd.

La sua immodestia mi irritava un po', tuttavia non potevo certamente negare le sue doti. Forse erano state proprio la sua presunzione e la sua eccessiva sicurezza di sé che lo avevano spronato durante gli anni di addestramento, avvalendogli il merito di secondo classificato nella top ten del centotreesimo.

Le Ali della Libertà: Cronache di una recluta del Corpo di RicercaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora