7. Vorrei che tu fossi qui

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Per mettere in pratica l'ennesimo, estenuante ordine della giornata, attesi che tutti, ufficiali e reclute, lasciassero il luogo per mettermi all'opera e ripulire tutti i tavoli, sistemare posate e piatti nella cucina e, come aveva ordinato il caporale, lucidare persino il pavimento.

Esausta e umiliata, feci ritorno più tardi ai dormitori, impaziente di porre fine a quella lunga giornata e di liberarmi dalla fastidiosa imbracatura.

-Non è stata colpa tua – disse la ragazza dai capelli ramati, venendomi in soccorso. La candida canotta bianca e i pantaloni di cotone color blu notte che ella indossava la rendevano l'essere più grazioso del pianeta. –C'è una cosa che però non capisco: perché non me ne hai parlato? Ti avrei aiutata a non finire nell'ennesimo pasticcio.

La sua voce era dolce e languida, ma mi ferì più del dovuto: in tutti quei giorni avevo portato il gioiello sotto la mia divisa come una ladra, non parlandone nemmeno con quella che senza dubbio era la mia migliore amica.

-Petra, credimi, non ne ho la più pallida idea. Talvolta ero così presa da tutto quello che ogni giorno facciamo da dimenticarmene. Figurati se non avessi desiderato altro che sorbirmi l'ennesima ramanzina di quel nano.

-Non parlare così di lui! – ella rispose sconcertata. –è il suo carattere, non possiamo costringerlo a cambiare. Cerca di metterti nei suoi panni: magari era un oggetto a cui teneva tanto.

Mi sfilai con noncuranza la giacca beige. –Non è una buona giustificazione per mettermi in imbarazzo davanti a tutta la Legione.

Petra non rispose; d'altronde, sapeva che quello che pensavo corrispondeva al vero. Mi buttai a peso morto sulla mia brandina, toccandomi la fronte con un palmo della mano. –E come se non bastasse, domani dovrò anche affrontare la mia prima missione suicida.

Riflettei sulle mie parole: da giorni non facevo altro che parlare di libertà, della speranza dell'umanità, e in quel momento mi ritrovavo persino a rimpiangere la mia scelta. Era possibile che l'episodio di poco prima in mensa mi avesse persino privato di quella voglia di rivendicare il genere umano che mi possedeva dalla sera in cui avevo fatto la mia promessa?

La mia amica si sedette accanto a me sul mio letto. Mi sorrideva. –Perciò stasera devi dormire con me. Staremo un po' strette, ma più che mai è necessario.

- Lo faccio solo se mi aiuti a togliere questi benedetti abiti – risposi svogliata. – Non ho voglia di fare niente.

Ella sbuffò. –Accidenti, che voglia di vivere!

I suoi dissensi non la aiutarono, perché in un attimo era già riuscita a farmi infilare la vecchia camicia bianca di Lex e dei pantaloni larghi e comodi. Non attese nemmeno che mi sistemassi ulteriormente la mia tenuta da notte, giacché mi costrinse a raggiungerla accanto a lei sul suo letto, come era accaduto diverse sere prima.

-Faresti meglio a non pensarci più, Claire. Rifletti solo sul fatto che dimostreremo a quegli esseri rivoltanti di che pasta siamo fatte – mi consigliò, sciogliendomi i capelli dalla coda di cavallo che ero solita fare e pettinandomeli fino a che non risultassero del tutto lisci. - I nostri superiori ci stimano. 

-Non so. Quel nano mi ha reso la persona più negativa dell'umanità.

Petra sospirò ancora. –Ancora con questa storia? Perché non lo lasci perdere?

-In questo momento non ci riesco. A volte mi domando come faccia a piacerti.

Come avevo previsto nella mia immaginazione, Petra non diede segni di vita, limitandosi a pettinarmi la chioma. -Ehi, innamorata? Parlo con te – la richiamai.

Le Ali della Libertà: Cronache di una recluta del Corpo di RicercaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora