5. Il sorriso di un bambino

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Qualche ora più tardi, il mio risveglio dopo una notte di riposo da una lunga giornata mi parve il più piacevole di sempre.

Il consuetudinario grido della signorina Nanaba non era ancora tuonato nel dormitorio femminile, quasi come se tutti i miei commilitoni volessero godersi qualche attimo in più di pace, precedente la prossima, estenuante spedizione.

Un senso di piacere mi pervase all'alba di quel giorno, che mi rese persino in grado di udire il beato canto degli uccellini fuori dalla finestra della Base.

Sfortunatamente, appena mi resi conto di non essere quella ragazza che, nella mia fantasia, viveva in una piccola casetta con la propria famiglia in un luogo del tutto estraneo ai giganti, molto più lontano dalle Mura, avrei preferito che qualche soldato indubbiamente forte, come ad esempio Mike, mi avesse dato una bella botta dritta sulla zucca per farmi riaddormentare. Nessun esemplare titanico con l'intenzione di tritare le membra di noi umani dominava i miei sogni. Nessun uomo intenzionato a scovare il prima possibile i restanti membri della famiglia di mio padre. Nessun muro. Nessun re. Nessun corpo militare. Solo quella beata pace che, nella mia fervida immaginazione notturna, condividevo con le persone a me più care, immaginandole in una sperduta casa al di fuori dalle mura, lontana da qualsiasi mostro, in cui mia madre era intenta a ritrarre un fiore su un tavolo in legno, come era solita fare molti anni prima.

Eppure qualcosa, all'alba di quella mattina, mi invitò a svegliarmi come se la vita più deliziosa e quieta stesse lì ad attendere il mio risveglio. Girai il busto verso il letto di Petra, posto esattamente sopra al mio, e, dopo essermi stropicciata gli occhi, rivolsi il mio sguardo al cielo immacolato che potevo intravedere dalla finestra situata davanti alla nostra "culla".
Infine, mi tornò in mente quella stramba collana che avevo protetto tutta la notte sotto la mia canotta; strabuzzando gli occhi dalla stanchezza, rotai la minuscola pietra rossa più volte tra le dita, desiderosa di sapere quanto più possibile su quell'insolito oggetto.
Per favore, parlami. Raccontami la tua storia, gli implorava la mia fantasia. Poco dopo, però, la testa all'ingiù di Petra fece capolino dall'alto.

-è inutile, Petra. Non sarai mai capace di svegliarti prima di me – le rivolsi, ridacchiando sotto ai baffi.
Susseguì un violento sbuffo e una linguaccia; borbottò qualcosa, e, come da consuetudine, iniziammo a prepararci aiutandoci a vicenda con l'imbracatura.

Poco dopo, tutte le reclute avrebbero dovuto riunirsi nel salone principale, dove un soldato di nome Dieter Ness avrebbe spiegato le tattiche poi utilizzate dalle squadre sul campo di battaglia.
Una volta lì, intenta a prendere appunti come tutti i miei compagni, rimasi delusa. Non dalla spiegazione del soldato con la bandana, né dalle doti di Erwin Smith e da quelle degli altri capisquadra nel realizzare tattiche, bensì dalla quasi totale mancanza di coordinazione di tali strategie di combattimento.

-Sembra tutto molto improvvisato – giudicai ad alta voce.

-Be', sicuramente non possono permettersi di fare calcoli scientifici sul momento mentre sono intenti a far saltare nuche ai giganti, non credi? – intervenne Gunther al mio fianco. Mi sorrise, ma rimasi allo stesso modo alquanto incerta di quelle strategie.

Che chi legga queste memorie non mi fraintenda: considerai assai utili tutti quei suggerimenti, che conservai gelosamente nel mio blocchetto a partire da quel giorno. Al termine di ogni giornata, tuttavia, ero solita rivedermi su uno scrittoio ogni schema da me riportato e, con la piuma d'oca che battevo fastidiosamente sul tavolo, cercavo stratagemmi con cui modificare i disegni.

Ancora una volta rischio di essere fraintesa dal lettore. Certamente, la mia totale mancanza di esperienza mi rendeva, ai quei tempi, una nullità in confronto alla grande maggioranza di soldati del corpo, cosa della quale ero piuttosto consapevole. Eppure, ero fermamente convinta che, con determinazione e volontà, era possibile apportare modifiche che potessero migliorare le nostre prestazioni sul fronte. Vero era anche, tuttavia, che mi erano del tutto sconosciuti, a quel tempo, i retroscena relativi agli scarsissimi fondi riservati al nostro corpo, che non permettevano tantomeno a Erwin di ottenere facilmente il permesso per un eventuale cambiamento. 

Le Ali della Libertà: Cronache di una recluta del Corpo di RicercaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora