19. Ad un passo dalla verità

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Levi e io ci tenevamo per mano, seduti sul bordo del lago in cui egli mi aveva condotta molti giorni prima. Come al solito, non dicevamo niente, lasciandoci pervadere da quel silenzio che, sì, ci illudeva al punto da farci credere che tutto andasse bene, che l'umanità non fosse soggiogata da nessun mostro. Poi, due ombre si accostarono alle nostre spalle. Una ragazza briosa sedette accanto a me, un suo coetaneo dai capelli biondi era al fianco di Levi. Entrambi ridacchiavano; osservandoci, guardavano soprattutto il mio amato.
-Che fai, non ci presenti la tua fidanzata, fratellone? – la giovane si rivolse al piccolo uomo accanto a me. Ricordo lo stupore che mi aveva pervaso nel rendermi conto di quel bizzarro appellativo.

-E così ti sei innamorato, Levi? – intervenne il ragazzo. –Sapevo che sotto sotto sei dolce come il miele.

L'interessato sospirò. –Voi mocciosi non fate altro che dire assurdità, non è così? – scosse il capo.

-Così tu sei la famosa Claire, vero? – mi domandò la giovane. –Tanto piacere, io sono Isabel.
-Furlan.

Strinsi la mano ad entrambi, un po' imbarazzata.

-Ci sai proprio fare, coi gusti, Levi. È proprio carina! – esclamò Isabel, saltandomi addosso di colpo.

-Lasciala in pace, Isabel. Non soffocarla – la intimò Levi.

La più piccola gli fece una linguaccia. –Vedi di non rompere, tu!

Rimanemmo a osservare l'orizzonte, il sole che piano piano si destava, senza proferire parola. Di colpo mi accorsi che l'acqua del lago arrivava fino ai nostri corpi, bagnandoci fino all'altezza delle ginocchia per poi scorrere nella direzione opposta. Mai mi era capitato di assistere ad un fenomeno del genere. Ma nessuno sembrava accorgersi di nulla: Levi osservava distratto le piccole onde, Furlan e Isabel mi guardavano.

-Claire, puoi prometterci una cosa? – mi chiese il ragazzo.

-Prometti che avrai cura del nostro fratellone? – concluse Isabel.

Con le lacrime agli occhi, risposi di sì, cercando l'attenzione di Levi. Quest'ultimo mi guardò, carezzandomi come sempre la guancia.


Pochi secondi dopo ero adagiata sul letto della sera prima, da cui mi alzai piano piano. La luce fioca proveniente dalla finestra alle mie spalle mi annunciava che doveva trattarsi dell'alba.

L'intera Legione ancora si stava godendo il sonno, prima di prendere parte ad una faticosa giornata.
Cercai Levi da qualche parte della stanza: non lo incontrai né seduto ai bordi del letto, né adagiato sulla poltrona. Che fosse in bagno? No, la porta era aperta, l'interno buio.
Solo alcuni istanti dopo mi accorsi che il suo corpo era disteso in una scomoda posizione accanto a me. La testa poggiava sullo schienale, inclinata verso il posto dove avevo riposato.
Stentai a credere a ciò che stavo osservando: per la prima volta lo vedevo dormire, e ciò che più mi era parso stupefacente era che, invece di farlo sulla poltrona, aveva preferito adagiarsi al mio fianco.
Mi doleva molto che fosse costretto a rimanere in condizioni così scomode. Mi ero ingiustamente appropriata di tutti e due i cuscini che formavano il letto, dimenticandomi di lasciarne uno per quell'evenienza.
Molto lentamente, mi inginocchiai sul materasso con l'intento di sistemargli un guanciale sotto la nuca; ma, come mi ero mossa, il suo corpo sembrava essere stato colto da un attacco epilettico. Si svegliò all'imprevviso, con un'espressione inorridita dipinta sul suo volto.

-Merda, Levi. Scusami tanto – lo supplicai.

-Tranquilla, non sei stata tu – si rialzò. –Ho appena avuto un incubo. Non è una rarità.

Ero intimorita da quello che avrebbe potuto pensare, tuttavia, non mi astenni dal chiedergli: -Sognavi di perdere qualcuno? Furlan e Isabel?

Egli annuì, osservando le coperte.

Le Ali della Libertà: Cronache di una recluta del Corpo di RicercaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora