28. Due cuccioli di trecento centimetri

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-C'è qualcosa che non mi convince – parlò una voce maschile alle mie spalle, mentre osservavo un gruppo di giganti a circa trenta metri di distanza da noi.

-Non te la starai mica facendo sotto di nuovo per un paio di giganti, Oruo? – gli chiesi, senza distogliere lo sguardo dai colossi, ascoltando leggermente compiaciuta le risa dei restanti componenti dell'unità di Levi mentre il ragazzo scrutava la zona circostante, imitando come sempre l'atteggiamento distaccato del nostro superiore e fingendosi offeso.

-No, ma è quella rimbecillita della Caposquadra che mi preoccupa – ribatté il ragazzo a braccia conserte, fissando l'ufficiale, che, sovraeccitata e con uno strano quanto inquietante sorrisino stampato in volto, correva avanti e indietro sulla sommità della cinta muraria inseguita da un preoccupato Moblit Berner. Prima che il compagno aggiungesse altro riguardo quell'ufficiale femminile di cui, data la sua determinazione e il suo scopo primario, avrei sempre preso le difese, una delle mie lame scherzosamente lo minacciò di recidergli il collo.

-Non dire assurdità – risposi decisa, allontanando l'arma e guardando i miei compagni. Del resto, anche loro erano visibilmente intimoriti dall'operazione che, quel giorno, la nostra squadra e la seconda unità del Corpo di Ricerca, capitanata da Hanji, avrebbero messo in pratica per attuare la cattura di due esemplari di classe tre/cinque metri in prossimità delle cinta murarie del distretto di Krolva. Il progetto era stato accuratamente ideato dalla Caposquadra, dal capitano Levi e da un gruppo di genieri del Corpo di Guarnigione. Avendo la Caposquadra assiduamente richiesto la mia partecipazione agli incontri che avevano preceduto il giorno stabilito, conoscendo bene la meticolosità del piano stabilito, ero sempre più certa che quella missione avrebbe dato i frutti sperati: non avevo mai avuto modo di osservare una Hanji Zoe tanto precisa e attenta, che, con la sua straordinaria invenzione di cattura e l'uso di un telo specializzato per essere impermeabile ai raggi solari, avrebbe finalmente ottenuto la possibilità di studiare più a fondo la nostra nemesi, permettendo una volta per tutte al genere umano di compiere scoperte inedite sui giganti.

–Lei crede tanto in noi, e riusciremo a fare un ottimo lavoro – continuai, grattandomi la testa, incontrando gli sguardi dei quattro fissi su di me. –Forse non credo molto in me stessa, ma su di voi e le vostre capacità non ho alcun dubbio. Questa missione andrà a buon fine, me lo sento – ripetei ad alta voce. Confidate nel piano?

-Assolutamente sì – disse convinto Erd. –Anch'io la penso come te. Mi fido ciecamente del capitano, e so che tu gli hai dato un enorme sostegno per progettare le nostre manovre d'attacco e i nostri spostamenti.

-Proprio così – intervenne Gunther, sorridendomi. –E poi, sono disposto a offrire la mia vita per questa missione. Claire, sei proprio in gamba: riesci sempre a spronarci ogni volta. Si vede che anche tu, come Hanji, credi in questa impresa, e hai ragione. Dobbiamo scoprire quante più cose possibili sui giganti.

-Esatto – concluse Petra. –E' il nostro compito offrire i nostri cuori.

Commossa, ridacchiai, ammiccando alla mia amica. - Ma è inutile sprecare altre parole: noi non moriremo, vinceremo e basta.
-Avete finito con questi discorsi sciocchi? – proruppe la voce del basso caporale alle mie spalle. –Risparmiate energie, ne avrete bisogno.

-Non guardi me, capitano – disse Oruo. –Hanno fatto tutto loro, l'avevo detto che stavamo perdendo tempo.

-Oruo, vedi di finirla! – esclamò Petra spazientita, tirandogli una gomitata, mentre io ero arrossita alla presenza del nostro superiore.

Poco gli prestai attenzione quando ci spiegò nuovamente ciò che il progetto prevedeva – vi avevamo lavorato entrambi e non ritengo che sia inopportuno nascondere che egli fosse stato tanto generoso da chiedere molto spesso il mio parere, di cui, a quanto avevo constatato, si fidava ciecamente: il piano prevedeva lo spostamento dei quattro miei compagni in direzione del gruppo di giganti che prima si sarebbe avvicinato al punto delle mura, sulla cui base i soldati di Hanji avevano appena terminato di sistemare la trappola. Questi avrebbero aiutato i più esperti ad abbattere gli esemplari circostanti che non rispettavano il limite di stazza per cui la rete era stata pianificata. Nel frattempo, io, affiancata ad un reparto d'élite dell'Armata Ricognitiva e i genieri avremmo impedito a qualunque altro essere titanico di avvicinarsi alla zona dell'imboscata finché la missione non fosse stata ultimata. Essa si sarebbe infatti conclusa col trasporto degli esemplari catturati nelle mura della città evacuata nel tardo pomeriggio.

Le Ali della Libertà: Cronache di una recluta del Corpo di RicercaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora