14. Aconito

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Mi fu concesso di tornare a casa solo dopo la fine delle ricerche, ovvero all'alba.
Avevamo cercato ovunque per tutta la notte, ma non avevamo trovato nulla di strano.
Niente licantropi, niente lupi normali, nessuna traccia.
Assolutamente nulla.
Mi fiondai in camera mia senza pensare ad altro e mi buttai sul letto addormentandomi all'istante.

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«Ehi, ti devi svegliare! Sei in ritardo!».
Una voce disturbò il mio sonno senza sogni. Mugolai e nascosi la testa sotto il cuscino e quintali di coperte.
«Alzati!». Il mio cuscino bianco mi venne tolto.
Aprii lentamente gli occhi, accecata dai flebili raggi del sole che filtravano dalle tende della finestra.
«Che ore sono?» mugolai coprendomi con le coperte.
«L'ora che ti alzi, muoviti» disse Emmett con un tono irritato o forse era divertito?
«Sto a casa oggi. Non ce la faccio» dissi sentendo nuovamente il dolce torpore del sonno.
«Assolutamente no!». Mi fece alzare a forza.
«Ma perché?» chiesi ancora assonnata.
«Perché devi andare a scuola. Fine».
Sospirai e la calma mattutina, già distrutta dall'intervento di Emmett, venne completamente sgretolata dal rumore della moto di Andrea che si avvicina. «Digli che arrivo tra un attimo...» dissi dopo aver sospirato.
«Se ti addormenti ti uccido» mi minacciò Emmett prima di uscire dalla mia camera, chiudendosi la porta alle spalle.
Non capivo perché pretendessero che andassi a scuola dopo la nottata che avevo passato, ma non volevo nemmeno provare a capirlo.
Con un'estrema fatica andai in bagno per prepararmi e poi scesi al piano di sotto, senza cambiare i vestiti con i quali avevo dormito. Tanto erano quelli della sera precedente, solo un po' più stropicciati. Erano presentabili.
Uscii fuori come uno zombie e mi avvicinai alla moto del ragazzo.
«Dormito male?» domandò ridacchiando. Era già seduto, con le mani sul manubrio e il casco. Probabilmente eravamo in ritardo. Beh, poco male, ho un po' di tempo per dormire se non ci fanno entrare in classe a causa del ritardo...
«Lunga storia...» mormorai in risposta salendo sul mezzo. Indossai il casco ed abbracciai Andrea mentre partivamo. Chiusi gli occhi sperando di riuscire a dormire di nuovo, ma fu completamente inutile. Il tragitto era troppo corto e la moto troppo rumorosa.

«Perché sei così stanca?» domandò il ragazzo quando giungemmo nel parcheggio della scuola.
Sospirai. «Ieri siamo andati a cercare i lupi che hanno fatto scalpore al notiziario...» risposi ma non gli dissi che ero così stanca perché nei giorni precedenti avevo cercato personalmente il misterioso lupo sprecando un sacco di energie.
«E li avete trovati?».
Scossi la testa e mi diressi verso l'aula di scienze. La campanella che segnava la prima ora era appena suonata.
Quindi non eravamo così in ritardo. Pensai facendo una smorfia.
«A che ora siete tornati a casa?» domandò mentre entravamo nella classe.
«All'alba» risposi sbadigliando.
«Perché non sei rimasta a casa se hai così sonno?».
Mi lasciai cadere sulla sedia, appoggiai le braccia sul banco e vi nascosi la testa. Chiusi gli occhi. «Emmett mi ha costretta. Probabilmente non vuole che qualcuno faccia collegamenti idioti fra me e i lupi al notiziario» risposi a bassa voce per non farmi sentire dagli altri.
«Cerca di non addormentarti» disse Andrea in risposta, ridendo.
Mugolai qualcosa di incomprensibile anche per me stessa.
«Ehi, ma Chiara sta bene?» sentii chiedere da Alexis poco dopo.
«Sì, ha solo molto sonno» disse Andrea al posto mio.
«Mal di testa...» mugolai.
«Ah, ho un rimedio perfetto!» esultò lei ed iniziò a scuotermi per richiamarmi.
Alzai la testa per guardarla. «E cosa sarebbe?» mormorai.
Una tanica di caffè?
Prese dalla tasca della giacca una piccola scatolina metallica di un tenue rosa. La aprì rivelando delle specie di caramelle gialle, come se fossero state al limone, ma con un odore che sapeva di tutt'altro.
«Cosa sono?» chiesi mentre me le porgeva.
«U-un... rimedio naturale...» rispose con una certa incertezza nella voce «M-me le ha fatte scoprire... mia madre... ti dovrebbero aiutare a-a svegliarti e far passare quel terribile mal di testa del mattino. I-io le... le uso s-sempre. Sì, proprio sempre!».
Con una certa riluttanza ne presi una e la misi in bocca, non mi ero nemmeno accorta dell'incertezza nella voce della ragazza.
Appena sentii il gusto feci una smorfia. Era una caramella molto acida e disgustosa.
«Ragazzi, seduti!» ci richiamò un uomo entrando in classe. Non era né alto né basso, i capelli erano biondi ed aveva con sé una valigetta nera stracolma di libri di scuola. «Per questa prima ora senza professore vi farò io da sorvegliante. Non voglio sentire nemmeno un sussurro, oppure spedisco tutti dal preside». Si sedette alla cattedra ed iniziò a correggere una pila di verifiche senza più parlarci.
Ok... Meglio questo tipo scorbutico oppure il pazzo cacciatore di licantropi? Mi domandai divertita.
Il professore non voleva sentire una mosca volare e riuscì ad incutere abbastanza paura alla maggior parte delle persone. La classe era in un quasi assoluto silenzio, si sentivano solo dei bassi mormorii di gente che ripassava qualcosa o che parlava di altro.

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