36. Tra la vita e la morte

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Mi sdraiai sull'ampio ramo di un albero abbastanza vicino alla nostra casa.
Era stranamente comodo e rilassante stare lì. Il silenzio attorno a me era spezzato solo dallo stormire delle foglie a causa di una leggera brezza, che si stava sollevando proprio in quel momento, e dalle voci soffuse che provenivano dall'interno della casa. C'erano Seth, Esme, Alice e Jasper. Carlisle era a lavoro, Emmett e Rosalie a caccia e Bella, Edward e Renesmee erano andati non so dove in giro con Jacob.
Anche Andrea non era a casa: aveva deciso di andare a esplorare i dintorni con la moto per sbollire la rabbia causata dal litigio della mattina.
Chiusi gli occhi per cercare di godermi quella pace e per capire cosa fare. Volevo andare a cercare Derek e ormai tutti nella famiglia lo sapevano (la litigata tra me e Andrea non era passata proprio inosservata). Però non ero sicura di voler compiere un viaggio così lungo e pieno di punti interrogativi.
Lasciai vagare la mente ed iniziai ad ascoltare i pensieri di chi era in casa. In realtà, non ci stavo facendo molto caso, ma quelle specie di voci nella mia testa si stavano rivelando rilassanti.
Pian piano gli occhi mi si fecero pesanti e un torpore mi invase il corpo. Cullata dai pochi suoni attorno a me e nella mia testa, mi assopii.

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Una moto rossa sfrecciava su di una strada.
Il conducente, leggermente piegato in avanti, teneva saldamente il volante.
I fari del mezzo a due ruote illuminavano la strada semideserta; era quasi sera e poche macchine erano in giro.
Riuscivo a vedere solamente la schiena della persona alla guida, avvolta da una giacca nera sicuramente piuttosto pesante dato il freddo. Dal fisico che si riusciva ad immaginare, sembrava un maschio.
La moto continuò la sua corsa, rompendo il silenzio con il rombo inconfondibile del motore. Poi, arrivò in prossimità di un incrocio. Il conducente rallentò leggermente, probabilmente per assicurarsi che non ci fosse nessuno, e accelerò subito dopo. Dopotutto, aveva la precedenza.
Senza che qualcuno se ne accorgesse, arrivò una macchina bianca, che superava decisamente i limiti di velocità. Alla guida c'era un uomo sui trent'anni, che non si fermò e continuò dritto, non concedendo la precedenza alla moto.
Il ragazzo frenò, ma non riuscì ad evitare l'auto che lo prese in pieno.
La moto si scontrò contro la macchina con un enorme fracasso e si ribaltò, facendo volare a terra il suo conducente, qualche metro più in là.
Il mezzo a due ruote rotolò su sé stesso un paio di volte, poi si accasciò a terra. Una piccola macchia rossa fumante su di una grossa strada grigia.
Il ragazzo fece un volo terrificante e sbattè rudemente la schiena e la testa a terra. Gli sfuggì un gemito di dolore, soffocato dalla presenza del casco. Prima che potesse essere soccorso, chiuse gli occhi e perse conoscenza, restando immobile lì, in mezzo all'incrocio.
La macchina bianca aveva intanto  slittato sulle quattro ruote, girando un po' senza controllo e poi si era fermata. Gli unici danni sembravano essere il cofano e il parabrezza distrutti. Il vetro era stato rotto probabilmente dall'urto contro la moto, ma anche dal corpo dell'autista. Il guidatore, infatti, non aveva la cintura di sicurezza ed era stato sbalzato in avanti, ritrovandosi a sbattere contro la spessa lastra di vetro. Il corpo era poi uscito in parte dal buco formato e si era accasciato sul cofano imperlato dai pezzi di vetro, che sberluccicavano grazie alla luce dei lampioni.
Altri automobilisti si erano fermati e avevano chiamato i soccorsi. Un paio di infermieri che si trovavano lì per caso corsero dal ragazzo e dall'uomo, per effettuare le prime manovre di soccorso.

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Aprii gli occhi e mi risvegliai con una strana sensazione. Non sapevo a cosa fosse dovuta, ma credevo che ci fosse qualcosa che non andava.
Forse era per il movimento che sentivo provenire dall'interno della casa, o per il fatto che nel mio sogno era quasi sera -proprio come adesso-, oppure perché la moto era rossa proprio come quella di Andrea e che il casco assomigliava davvero molto al suo.
Trattenni per un attimo il respiro e poi saltai giù dall'albero, capendo immediatamente che quella era una visione di Alice, non un mio sogno.
Nel mentre, il telefono, che sapevo essere attaccato ad una colonna vicino alla porta d'ingresso, iniziò a suonare insistentemente.
Entrai in casa e mi immobilizzai. Vidi la faccia di Esme, che aveva risposto. Aveva una mano davanti alla bocca mentre ascoltava Carlisle che parlava dall'altro capo del telefono. Riconoscevo la sua voce, ma non capivo perfettamente quello che stava dicendo, anche se le parole "Andrea", "incidente" e "grave" le avevo sentite piuttosto bene.
Non aspettai altro e corsi fuori, trasformandomi nel mentre. Senza che la mia corsa si interrompesse, le zampe presero il posto delle gambe e, con un balzo, accelerai.
Sentii gli altri chiamarmi, ma non ci feci caso. Sapevo in quale ospedale lavorava Carlisle ed ero certa che Andrea sarebbe stato lì.
Raggiunsi la strada, uscendo dal bosco, e mi fermai immediatamente quando un'ambulanza mi sfrecciò davanti, con le sirene rumorose accese. Andava verso l'ospedale. Non sapevo se ci fosse Andrea lì dentro, ma la seguii.

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